Origini olandesi e amore (ed esperienza di vita) per la Sicilia, Eugenio Boer è un bel cocktail di passioni. Da lui di sicuro non ci si annoia e questo secondo noi è già un bel motivo per andarci. Ci ha sempre convinto, ma usciamo sempre con la sensazione che potrebbe fare di più, proprio perchè lo stimiamo come modo di fare e ragionare. Ma partiamo dal locale, non ci eravamo ancora andati, o meglio sì, ma tanti anni fa quando si chiamava Yar e ha rappresentato uno dei primi locali etnici di livello, per giunta su una cucina da noi non proprio così popolare come la russa. Completamente ripensato ed alleggerito si presenta con pochi tavoli distanziati. Un servizio giovane ci suggerisce vini particolari e ecco i piatti. Una bella sequenza dove emergono le capacità tecniche dello chef (pensiamo ai raffinati stuzzichini iniziali) e dove seguono parecchi alti e qualche tono minore. Gli alti (il benvenuto, l’ottimo sgombro che purtroppo non è in foto, il fiore di sambuco e la crema di cipollotto guarnita) ci sembrano appartenere più al versante nordico, mentre meno convincenti ci sono sembrate le aperture verso il Mediterraneo. Ma, come dicevamo all’inizio, si esce con la voglia di ritornare.
Redazione Witaly
Nonostante il caldo cìera molta gente al convegno della CNA sgli artigiani e il cibo a Roma. Molto interessante la relazione di Carlo Hausmann sulle mode e le tendenze del cibo e dei consumatori, ricca di dati e contenuti. Il dibattito successivo ha approfondito alcuni aspetti grazie agli interventi di Enrica Onorati assessore all’agricoltura, Niccolò Sacchetti presidente Coldiretti Roma, Simone Cargiani editore di Pecora Nera, Alessandra Moneti giornalista Ansa.
E’ bello il centro di Ficulle dove, grazie ad una segnalazione dell’amico Leonardo, scopriamo questo bel localino, molto caratteristico con un piacevole terrazzino estivo che si affaccia sulle mura del sottofosso con vista sulla vallata e sui vicini colli. Piatti tradizionali e pizza. Proviamo quest’ultima fatta benee e ben lievitata, purtroppo poi scopriamo anche che il pizzaiolo sta per trasferirisi. Però il locale ci piace, speriamo che continui a fare una buona pizza, oltre alla cucina del territorio.
Luigi Maravalle è di sicuro un personaggio. Ama la politica è sindaco di Ficulle, e non aveva forse grande passione per il vino. Però si è ritrovato a gestire l’azienda di famiglia e ha saputo cogliere il moemnto giusto e trasformarla in un piccolo gioiello: un’azienda integrata praticamente biologica che sfrutta bene la sua posizione predominante la vallata e si completa con una bella cantina, una bottega e un ristorantino dove fare degustazioni e ristorare i numerosi turisti in transito tra Roma e Firenze. Non ha particolari ambizioni gastronomiche, i suoi vini sono buoni, ma non li decanta più di tanto come fanno altri produttori, però punta razionalmente al sodo: a far funzionare il giro dei visitatori al meglio e ad assicurarsi che partano con tante bottiglie e la voglia di ritornare in questo bellimo posto.
Qui non si fa nulla per passare inosservati: la sala è di grande effetto, forse più quella del lato bstrot che lato ristorante, più tradizionale. La cucina non solo è a vista, ma è per Pierluigi Fais più un palco doive si recitano a soggetto le ricette che una cucina vera e propria. Pierluigi appartiene secondo noi a quella schiera di cuochi che si caricano con la presenza fisica dei clienti a stretto contatto. Lui cucina per loro pietanze che sembrano quasi improvvisate (e non lo sono), te le porta anche spesso al tavolo, sono convinto che ti vorrebbe anche imboccare, ma per ora si astiene. Questo per dire che pranzare qui è un’esperienza vera, che si ricorda. E questo è importante, troppo spesso nel nostro girovagare a stento ci ricordiamo perfino di dove abbiamo mangiato la sera prima. Ma torniamo al nostro pranzo e ne approfittiamo per ringraziare Pietro Pitzalis che ci ha portato e ha diviso con l’ esperienza. Il menù offre varie alternative, alcune quasi da mordi e fuggi, altre più coinvolgenti e noi ovviamente abbiamo seguito queste ultime. Abbiamo lasciato fare allo chef e non ce ne siamo pentiti. Non che tutto quello che è arrivato alla tavola sia stato buono, anzi emerge quasi ovunque una certa approssimazione e una limitata tecnica di base (lo chef è autodidatta e non ha fatto grosse esperienze in giro). Però è indubbio che supplisce con una grande passione, un estro indiscusso sostenuto da una forte personalità, che ti lascia la voglia di ritornare. Il piatto migliore? gli intriganti spaghetti cacio e pepe ai due pecorini (normale e affumicato), il peggiore? il tortino di patate sarde e finocchi, a Roma si direbbe, un mappazza!
Il posto è a dir poco spettacolare, ad un passo dal centro città eppure sembra essere in Costa Smeralda. Il locale è quindi frequentato dalla gente bene alla ricerca di un relax comodo e di prestigio. Sorprende, in positivo, il servizio di sala, con una conoscenza non banale dei vini, e sorprende anche la cucina. Non sapremmo dire se in positivo o in negativo, nel senso che è una cucina che ricerca appunto la sorpresa in quanto tale. Piatti che puntano sulle materie prime nobili, su una tavolozza di colori sgargianti, su abbinamenti inusitati. Insomma è l’apparire più dell’essere, e, se la tecnica è comunque approssimata, l’allegria non fa difetto. Consiglio: andateci in una gita di seduzione più che alla ricerca del piatto da ricordare. Per i ricordi basta il panorama.
Certo il locale è un pò modesto, ma dobbiamo tutti ringraziare Roberto Serra di aver investito la sua professionalità nel borgo natio e non in una qualunque città italiana che l’avvrebbe accolto a braccia aperte grazie alla professionalità acquisita sul continente e in particolare alla corte di Bruno Barbieri. La saletta è un pò angusta, ma ha cercato di arrangiarla, in sala c’è Sonia Corda, una bella presenza davvero. Il menù che propone Roberto è esemplare: un lungo racconto dei sapori di casa attraverso ricette fedeli, ma rese piacevoli grazie alla pulizia di ogni deriva dialettale. Bando ai sughi pesanti e agli intingoli, emerge la bontà dei sapori veri con l’unica caduta, a volte, di un’eccessiva sapidità. (difetto che per altro abbiamo trovato spesso in giro per l’isola). E’ un locale che ogni visitatore dell’isola dovrebbe provare per avere un compendio della potenzialità di questa cucina ancora poco conosciuta. I piatti migliori? in un menù con poche cadute citiamo comunque il coniglio alla vernaccia, le deliziose empanadas, il pane cotto a vapore e naturalmente la pecora. Un pò debole la parte finale dei dessert, ma in sintesi lodiamo senza riserve il coraggio di Roberto Serra.
Hub nasce grazie all’iniziaitiva di una cooperativa sociale (presidente Alessia Pintus) che promuove varie attività compreso anche la gestione di alcune mense scolastiche. In uno spazio nato per altri scopi e riadattato è stato ricavato un piacevole ristorante che in poco tempo è diventato il punto di riferimento gastronomico di Macomer e del circondario. Siamo all’interno della Sardegna, sembrerebbe una località un pò isolata, eppure è in un certo senso il cuore gastronomico dell’isola grazie ai caseifici (c’è la sede del Consorzio del Pecorino Romano), alle carni (l’agnello sardo e non solo), i funghi ed altro ancora. Qui è arrivato Leonardo Marongiu, chef di casa, ma che ha viaggiato per il mondo, è stato a lungo ad Alma nel team tecnico e ha participato alle selezioni del Bocuse d’Or. Come dire che non gli manca l’esperienza. E riesce a metterla in pratica con molto giudizio creando soprattutto al pranzo una proposta largamente accessibile per il prezzo, e comunque basata sulle ottime materie prima della zona con una cucina essenziale e corretta. La sera e anche a pranzo in alternativa si concede qualche piatto più ricercato, ma sempre con grande misura. Il risultato è già più che buono e nell’insieme, considerando anche le finalità della cooperativa, non si può che incoraggiare e lodare. I piatti migliori? ci sono sembrati i due primi: l’interessante riso nero e gli zichi (croste di pane bollito). Un pò modesti i dessert.
Grazie a Leonardo Marongiu scopriamo il centro storico di Cuglieri, difficilissimo da percorrere in auto, se non guidati da uno del posto, ma piacevole per chi poi gira a piedi. Orosei è un paesino dall’altra parte della Sardegna famoso per la pietra, e con questa pietra i proprietari hanno rifinito la casa a cominciare dalla bella vasca che si trova nel centro del bagno. 3 piani funzionali e gradevoli che culminano con una terrazza ed un panorama a 360°.
Dopo la claura ricompare il ponentino e ringraziamo la Moet Chandon per l’invito a goderselo dalla terrazza della Rinascente dove opera cone stro Riccardo Di Giacinto. Sono serate che ti riconciliano con la città, tra i gustosi appetizers e le originali coppe di champagne servito alla giusta temperatura.