Una serata allo Slow Food Village di Viterbo invitati da Carlo Zucchetti e a parlare di cuochi ed altre storie con Stefano Polacchi del Gambero Rosso. Serata paicevole iniziata con un paio di assaggi all’Entoeca Enotria adiacente al luogo dell’evento e finita con i brindisi del gruppo dei piacentini della Val Tidone, guidato da Antonio Montano e dal team Le Proposte (trattoria di Borgonovo) che ringraziamo per il coinvolgimento. Ospite d’eccezione il parmigiano reggiano (fino a 120 mesi di stagionatura) di Giovanni Minnelli.
Redazione Witaly
Il percorso di Teo Musso è stato straordinario. Abbiamo avuto l’opportunità di conoscerlo fin dal suo inizio, in quel piccolo Baladin di allora sulla piazza di Piozzo che tentava l’avventura di inventarsi un’alternativa italiana al pub, poi le prime birra artigianali per decollare e diventare il cantore di un nuovo modo di fare la birra. Oggi è una piccola multinazionale della birra, ma il cuore è sempre a Piozzo. Solo che Piozzo, o meglio il suo centro storico, era diventato un pò piccolo e allora Baladin si è esteso alla base della collina occupando una vasta area. Qui è sorto lo stabilmento e lo scorso anno la Cascina. Non l’avevamo ancora vista, ma è un vero spettacolo, un posto vivo e pieno di idee, coniugate in perfetto stile con la birra (e che birra!) sempre al centro, ma intorno alla birra c’è un mondo fatto di sapori, musica, natura tutto da vivere e scoprire. Teo è un imprenditore che riesce a creare rischiare senza perdere l’allegria orginale.
Pur essendo Brescia molto più grande di Bergamo il confronto in alcuni settori è impietoso. Lasciando da parte l’Atalanta e pensando alle stelle michelin, il piccolo capoluogo lombardo da anni asfalta la leonessa d’Italia. Eppure la città è bella, attiva, ricca. Scopriamo quindi con piacere questo piccolo e nuovo locale del centro storico, pieno di giovani belli ed in gamba. In sala la fa da padrona il sorriso di Tea che è anche molto presente al tavolo, in cucina il suo compagno Simone Frerotti, 31 anni, ha voglia di fare e tanta passione. Gli manca ancora un pò di tecnica ed esperienza, i suoi piatti risultano spesso un pò troppo affollati con qualche ingrediente in esubero in sacrificio dell’ottimale pulizia, però nel complesso il menù ha una classicheggiante cadenza e se ne apprezza una generica golosità di base. Il piatto migliore? Il cuore di manzo e le rape rosse sono due ingredienti rischiosi e difficili, eppure qui vengono declinati iniseme con una soluzione apprezzabile. Grazie a Maurizio e ad Enzo, due grandi amici, che ci hanno qui invitato.
Una bella location, all’aria aperta (ideale con questo caldo) tanti prodotti e tanti chef in azione per raccogliere fondi per la charity. Capolavori a Tavola è un bell’evento che attira l’attenzione di tanti sul Casentino, una delle aree più interessanti d’Italia sia pe ril paesaggio che da un punto di vista gastronomico. Simone Fracassi lo anima con misura ed estro e sono tanti gli amici che vengono anche da lontano per partecipare a questa gioiosa kermesse.
Capolavori a tavola, l’evento organizzato ogni anno da Simone Fracassi, si avvicina e già siamo con alcuni amici in zona. E che amici! Troviamo nella casa nel bosco Franco Pepe già in azione, Raffaele Barlotti taglia la treccia di bufala, Simone Fracassi alla brace. Grazie Enrico della tua ospitalità!
Un tempo qui c’erano le terme di Agrippa, le più antiche di Roma. Della rotonda (ciambella) centrale era rimasto solo l’arco, poi nel seicento anche quello fu utilizzato come il resto per costruire edifici intorno. E’ rimasto solo uno spezzone dell’arco con sotto una bella edicola sacra. Di fronte è questo locale che in pochi mesi si è fatto buona fama. L’ingresso è piccolo, il bancone del bar e un paio di tavolini, ma poi si allarga intorno alla cucina a vista. Le due titolari si dividono i compiti: Mirka Guberit in sala, è brava veloce ed attenta, Francesca Ciucci in cucina (esperienza da Cristina Bowerman), propone una cucina decisamente legata al territorio, cosa non così comune in città. Qualche divagazione comunque c’è, o verso la Puglia, o verso la Liguria (vedi le farinate che non mancano mai nel menù), ma il cuore del menù rimane locale. Nel complesso un locale molto piacevole, con un prezzo corretto, ben frequentato, dove insomma ci si sta bene. I piatti a volte sono persino troppo “dialettali”, li vorremmo magari un pò più “puliti” senza qualche ridondanza e condimento di troppo.
Relativamente nuovo, sufficientemente intrigante, sia per l’ambiente scavato dentro la roccia, sia per l’illuminazione. L’accoglienza è piacevole, da parte dei due titolari Raffaella Giglioni e Marco Gagliardi. In cucina è Mauro Buonanno un tempo al Sartù di Napoli, in sala Giampiero Caivano. Il menù propone una linea semplice di territorio con qualche rimando mediterraneo, la saletta posta di fronte alla cucina un menù con qualche ambizione in più. Nel complesso, tra ambiente, cucina e prezzo i conti tornano, anche se forse si potrebbe fare qualcosa in più. Buoni i dessert finali.
COnosciamo da tanti anni la famiglia Urbani, ma non eravamo mai passati a trovarli. Una bella sorpresa vedere la loro sede, modernissima tutto acciaio e vetro per lasciare alla natura di far parte dell’ambiente. Ed in effetti la Valnerina è ancora verdissima ed intatta come quando hanno iniziato oltre un secolo fa a lavorare funghi e tartufi. La famiglia è sempre al timone, ha mantenuto la sede in questo piccolo borgo, Sant’Anatolia, ma lo sguardo arriva lontano grazie alle sedi distaccate di New York e Bangkok.
Abbiamo preferito parcheggiare in basso per salire sul dolce pendio (la stradina è stretta ed in alto il parcheggio è limitato), man mano che si sale migliora tutto, l’ambiente ed il paesaggio. Siamo su un colle in alto su Ischia Porto. Il ristorante è piccolo ed inoltre è nascosto da una specie di giardino tropicale che nel suo esasperato intrico ordinato già anticipa lo stile della cucina. Si arriva così in uan sala con solo 4 tavoli e 16 coperti, larghi, anche perchè il servizio, come vedremo, ha bisogno dei suoi spazi. E infatti se ci affacciamo dietro ecco la cucina, grande colorata ricchissima di attrezzature e oggetti, sembra un bazar. Siamo seguiti al tavolo dal giovane e bravissimo Luigi Mennella, al tavolo accanto si beve Petrus, diciamo a Nino Di Costanzo: fai tu. Ed arriva la sua cucina che non è cosa da poco. Abbiamo contato 16 “piatti”, ma in realtà ogni “piatto” si scompone in altri 6,7 magari 8 altri assaggi, per un totale quindi di un centinaio di bocconi proposti. E non sono bocconi banali! Ognuno è cesellato, composto a sua volta di vari ingredienti, ideato, pensato, realizzato e presentato con cura estrema. Come si fa a stare dietro a tutto questo? Con un enorme lavoro di ideazione di base, con un’organizzazione di primo piano e con un team che certo non si risparmia: in cucina con Nino la bravissima Loreta Aiello (Sous Chef), Michela Serpe (Antipasti), Jacopo Lucini Paioni (Primi), Antonio Zannotti(Secondi), Andrea Rocchi (Pasticciere). A loro l’arduo compito di eseguire alla perfezione i comandamenti di Nino Di Costanzo che da parte sua non si risparmia di certo, in stagione lavora quasi venti ore su 24. Il tutto poi si avvale di altrettante decine di oggetti di supporto (mediamente un altro centinaio) che completano ed arricchiscono la presentazione. Il pranzo diventa un vero e proprio spettacolo, colorato allegro e divertente dove quando finisce un piatto c’è la sorpresa di vedere cosa ora ti arriva al tavolo, ed è un crescendo fino allo spettacolo finale dei dessert. E’ un’esperienza da vivere, perchè è anche tattile oltre che gustativa, ci ricorda come genere quella dell’Eleven Madison a New York per professionalità e giocosità. Da un punto di vista del gusto a volte è eccessivamente frammentata, ma questo fa parte dello stile di Nino e anche chiudendo gli occhi e non facendosi rapire dallo spettacolo estetico, quello che alla fine rimane al palato è un grande pranzo.