Una struttura completa, ben articolata e condotta, questo è Radici al limitare del centro storico appena oltre il prato della valle. Si divide in due, da una parte un bistrot con anche un piccolo spazio all’aperto e di fronte la palazzina più elegante che ospita il ristorante. Qui troviamo Eleonora e Andrea Valentinetti. Lei accoglie e ben si destreggia anche sui vini, Lui altrettanto con la cucina. E non lesina le sue energie: a buon ritmo escono i piatti e i tanti assaggi contati alla fine (alcuni perfino non fotografati) ne testimoniano la capacità, la varietà, l’impegno e la buona organizzazione della brigata nelle retrovie. E sono spesso assagi curati, non banali, ben costruiti e presentati. Fatte le giuste lodi annotiamo solo che alla fine di tanto lavoro profuso dove è difficile trovare il piatto sbagliato, d’altra parte forse manca qualche acuto. Andrea è ancora molto giovane e il nostro consiglio è magari quello di gestire meglio le forze, concentrarsi su qualcuna delle tante idde che gli vengono e lasciarla vivere più spontaneamente per dare al Cliente un valore aggiunto maggiore che crediamo sia alla sua portata.
Redazione Witaly
Avevamo già lodato l’iniziativa di coinvolgere i reclusi del Carcere Due Palazzi di Padova insegnando loro un nuovo mestiere: la pasticcieria. E’ nata così la Pasticcieria Giotto che ormai funziona e sforna dolci tradizionali e moderni tutto l’anno. Lo stesso gruppo ha rilevato il precedente locale Forcellini e da poco ha inaugurato Fresco. Come dice il nome si punta sul fresco, sia per la “freschezza” dell’ambiente dai colori ravvivati, sia per la quantità di verdure che fanno bella mostra nel buffet al centro della sala, sia per il servizio sempre puntuale del pane e delel focaccie freschi di giornata. La proposta lascia spazio al gluten free e ai celiaci, ed ospita un punto vendita di Giotto. Il locale, diretto da David Andreolli è veramente piacevole e ci fermiamo per una breve sosta con Riccardo Agugiaro. Agugiaro&Figna è infatti uno dei sostenitori di questa iniziativa.
Siamoa “casa” di Lorenzo Iozzia, e quindi da lui dobbiamo partire. E’ ormai qui a Viterbo da tanti anni, ma non ha dimenticato una virgola della sua terra. E’ rimasto fedele ed attaccato alle sue radici e tutto il menù all’isola è dedicato con anche alcune voci in dialetto. Ma non vive certo di nostalgia: siamo di fronte ad un bravo imprenditore che ha saputo creare un complesso di non poco conto: Una grande sala eventi, una trattoria per i meno esigenti, e, ultimo nato, il ristorante gourmet, appunto Casa Iozzia. Siamo a poca distanza da Vitorchiano, uno dei borghi più belli d’Italia, che è l’altro importante motivo per venire da queste parti. Visitate a piedi il centro storico, arroccato su un blocco di tufo, intatto con scorci pazzeschi sulla valle, e poi rilassatevi in questo bel ristorante moderno, ma non freddo, grazie al legno usato ovunque, alle sapienti luci, all’accoglienza cortese. Lorenzo Iozzia è chef esperto, e negli ultimi anni è anche ulteriormente cresciuto. Dell’ispirazione abbiamo già parlato, quanto allo stile dobbiamo dire che non ama le cose semplici. Ogni ricetta si basa su una grande varietà di ingredienti. Spesso il risultato è centrato, a volte la sensazione è quella del troppo “costruito” a scapito della spontaneità. Però la professionalità ben emerge con giochi di colore, consistenze che ti fanno arrivare senza sforzo al dessert. Il tutto ha poi un prezzo corretto per quanto proposto (vari menù da 60 a 100 euro ovvero da 5 a 9 portate oltre ai veri stuzzichini e frivolezze finali).
Amiamo l’India, la prima grande passione della vita e ci siamo stati tante volte. Conosciamo bene la cucina indiana e spesso quando ci troviamo a Londra la riproviamo. Raramente lo facciamo qui in Italia. Comunque anche a Roma ormai sono tanti i ristoranti che propongono questa cucina. Il Jaipur ha fama ben consolidata, il nome richiama una bellissima città del Rajasthan nel nordovest della grande nazione. Una cucina famosa per il tandoori, per il piccante, per le influenze afgane. Qui ovviamente ne abbiamo un ricordo un pò pallido, le samosa sono bomboloni un pò pesanti, il pollo un pò secco (la cottura nel forno tandoori, quando è ben fatta, permette di avere la superficie croccante e l’interno ancora morbido ed umido), ma ci si può accontantare.
C’eravamo stati all’inizio, prima dell’arrivo di Oliver eprima della fine dei lavori. In un certo senso questa è stata quindi la prima volta e abbiamo così potuto ben apprezzare la portata dell’investimento e del progetto. Non alludiamo tanto all’azienda vinicola, che comunque è cresciuta per numero, qualità e messa a punto del vigneto, quanto alla parte ristorativa in attesa che il progetto venga completato con l’ospitalità (ma ci vorrà ancora qualche anno). Un progetto che per ampiezza e respiro non è usuale, basti vedere al nuovo ingresso del ristorante, al disegno della sala che si affaccia su un lato sulla vigna illuminata mentre il lato interno è segnato da numerose nicchie piene di tesori (per gli appassionati del vino) messi in bella vista. Ma è la cura del dettaglio di ogni oggetto che colpisce e bisogna dare atto a Felice Mergè (il titolare) e alla compagna Rossella Macchia (che quotidianamente segue l’opera) di non risparmiarsi. Oliver Glowig pensiamo quindi che abbia trovato un posto importante e tranquillo dove portare avanti la sua idea di cucina. E’ un ottimo professionista, cauto nel rischio, ma non banale, dà ampie garaznie e sicurezza per poter fare di questo posto un punto di grande qualità e richiamo per tutti i gourmet. La nostra esperienza lo conferma con una cena precisa, curata nei dettagli, dall’inizio alla fine senza cadute con la trippa come piatto top e gli spaghetti alle lumache come il meno convincente (manca lo sprint al piatto).
Il vecchio Principe non c’è più ma il nuovo sembra in salute. Partiamo però dal vecchio, che negli anni novanta ha rappresentato a lungo una delle poche soste di pregio dell’entroterra con il fascino di un arredo in perfetto stile pompeiano che raccontava e riprendeva gli antichi fasti, anche da un punto di vista gastronomico grazie ai menù ispirati all’antica città. Oggi tutto questo non c’è più, la nuova sede è più defilata, in una via laterale, ma il nuovo ambiente ha stile, moderno ma non modaiolo, e ti mette a giusto agio. Il piano di sopra ed un jardin d’hiver completeranno l’offerta, ma già oggi la sala accoglie con garbo e giuste maniere. In cucina è il figlio di Pina e Marco Carlo, storici titolari del Principe, arricchitosi di esperienze importanti anche all’estero con in sala la compagna Claudia. La cucina ha ambizioni, vuole offrire una rilettura moderna di ricette e prodotti tradizionali, trae stimolo e respiro dal percorso formativo dello chef. Secondo noi è nella giusta direzione, ma torneremo per controllarne l’evoluzione. Gli antipasti leggeri ed eleganti si fanno ben apprezzare. I primi risultano più barocchi quasi fosse un’altra mano dietro i fornelli, mentre i secondi ritrovano un maggior equilibrio, ed infine sui dessert c’è ancora da lavorare.
Umile e schivo Marco Dalla Bona brilla di luce propria con la sua stella d’oro a SOragna che è anche da anni stella michelin. Lo conosciamo da quando era al Tramezzo a Parma, poi è arrivato qui con tanto coraggio e ha reso questo locanda un piccolo scrigno di cose preziose. Una cantina superba, dove troverete rare bottiglie di champagne, e poi dei salumi leggendari. Amiamo il prosciutto e il culatello e Marco ci ha fatto negli anni assaggiare cose sublimi, come anche nel nostro ultimo passaggio. Ci mancavamo da anni, ha avuto (e risolti) problemi di salute, ed è stato un piacere brindare con lui. Poi ha sfoderato un gambuccio di 60 mesi inarrivabile ed il brindisi è diventato poesia. Grazie Marco.
Abbiamo conosciuto un personaggio: Gaetano Fazio, noto pizzaiolo di Ischia e non solo: la sua seconda pizzeria è in Giappone dove non poco ha lavorato per far conoscere la pizza in quella nazione. La sua pizza è buona ed equilibrata, contornata da un’offerta di piatti di cucina locale. Alla pala il giovane nipote che convocheremo presto a Emergente Pizza.
A un hcilometro dal casello di Benevento un’Azienda (e anche una bottega) di grande qualità. L’Irpinia ha una tradizione poco conosciuta (perchè molto limitata all’ambito familiare) di prosciutti e salumi. La Famiglia Ciarcia da anni ha rilanciato la produzione e ha realizzato anche uno stabilimento modello al quale negli ultimi tempi hanno anche aggiunto una bellissima bottega piena di ricercatezze oltre a quelle di propria produzione con anche la possibilità di assaggiarle. E’ ancora poco comunicata e conosciuta, ma ne vale la pena.
Un agriturismo di rispetto, sia per la qualità dei prodotti (maiali allo stato brado, salumi di casa e orto), sia pe rla gentile accoglienza. Per il resto un ambiente sano, semplice, senza fronzoli, con una griglia a vista che si protende verso la sala e con la specialità della pizza (anche pane e focacce), molto buona ad opera del giovane Andrea Pechini. Cucina secondo la tradizione, noi siamo capitati in piena stagione di lumache e alcuni assaggi erano indubbiamente sfiziosi.