Grazie a Gianfranco Pascucci, Maurizio Serva, Oliver Glowig, Giuseppe Di Iorio, per la loro adesione a questo progetto. E grazie a loro gli 80 ospiti dell’Ostello di Santa Giacinta hanno vissuto una giornata diversa: un pranzo di eccezione con piatti firmati dai noti chef, serviti come sempre nella semplicità della loro mensa. Da notare che tutti i piatti sono stati preparati con le eccedenze alimentari donate alla Caritas. Stasera si replica con una formula leggrmente differente, ma la sostanza sarà la stessa. A domani per il resoconto.
Redazione Witaly
125 anni di Hassler, dell’albergo forse più iconico della Capitale. Lui, Alberto Hassler veniva dai Grigioni, da un paese povero, e si era arrangiato in Italia a fare il pasticciere, poi il ristoratore e infine l’albergatore a Catania prima di fare il salto e avviare quest’albergo. Ma la storia dell’albergo è legata alla dinastia Wirth Bucher. L’attuale proprietario e titolare, Roberto Wirth figlio di Oscar Wirth e Carmen Bucher, come dire delle due più famose famiglie di albergatori della storia, ha saputo mantenere e consolidare negli anni del dopoguerra la fama di quest’albergo che ormai fa parte della storia della Capitale. Aggiungiamo che negli ultimi 40 anni, quelli appunto legati a Roberto Wirth, non solo è cresciuta la fama dell’albergo in quanto sinonimo di ospitalità esclusiva ed eccellente, ma finalmente anche quella del ristorante: da quando è arrivato Francesco Apreda, ormai diventato anche questo un altro punto di riferimento, questa volta legato al buon mangiare.
Una guida storica che si avvia al suo trentennale.. Non solo è tra le più longeve, ma anche tra le più vendute e diffuse. Merito di essere rimasta fedele al suo modello, merito di approfondire con coerenza un settore al quale tutti siamo poi legati, semplici appassionati ed esperti. Oggi l’osteria si può chiamare anche pizzeria o bistro, può cambiare pelle ad ogni ora del giorno, specie in città. Quello che conta, quello che accumuna tutti i locali degni di questo nome, non è l’abito che indossano, ma se riescono a mantenere un’anima.
L’altro ieri una giornata dedicata ad approfondire alcuni temi legati al mondo della ristorazione. Particolarmente interessante la relazione di Francesco Tapinassi, che ha saputo coinvolgere l’uditorio spiegando con chiarezza e semplicità i termini della comunicazione digitale e il come gestirla. Ad Antonio Paolini e al sottoscritto il compito di spiegare il senso delle Guide cartacee oggi in un mondo dominato dal web, e spiegare come gli esperti anche oggi hanno il loro insostibuile valore e compito.
Mancavamo dalla ristrutturazione, un paio di anni fa, e non conoscevamo il “Mollica”, l’alternativa più semplice dove si possono avere piatti semplici del territorio e dove Massimo Mazzucchelli sforna ottime focacce e pizze. Poi nel giardino c’è un magnifico e ben tenuto orto, e la sala è sicuramente più elegante e bella. Ci accoglie Gabriele Bianchi, messosi recentemente in evidenza a Emergente Sala, appassionato di tè ma si difende bene anche sul vino. In cucina è Aurora Mazzucchelli, chef sempre giovane, conosciuta allora giovanissima. Ci aveva subito colpito e dobbiamo dire che l’evoluzione è stata positiva e anche questa volta ce l’ha confermato anche se crediamo possa fare ancora meglio. Abbiamo trovato di ottimo livello tutta la parte centrale, quella importante, del pasto, dai due primi ai deu secondi, mentre leggermente sotto le aspettative gli antipasti (ma preceduti da ottime sfiziosità) e i due dessert. Ma nel complesso con questa ristrutturazione il locale è più completo (bella anche la cantina), arioso e vario, con una doppia offerta per accontentare al meglio ogni cliente.
Il progetto è ben pensato e non è banale. Alle spalle c’è l’esperienza maturata a Champagne Socialist (da qui l’ampia scelta di vini naturali di piccoli produttori anche a calice) e di Botanical Club (titolari Alessandro Longhin e Davide Martelli). Laura Lazzaroni amante dei grani antichi (libro Altri grani altri pani) dà il suo apporto e un’altra donna è figura chiave: Carol Choi, americana origini coreane con esperienza dal Noma e da Puglisi. Insomma un parterre di rispetto per un locale che vuole restare semplice, con un’offerta di pane mirata e ragionata e piatti che vedono spesso crostini e crostoni apparire. Alla domenica brnnch, nel fine settimana anche piccola colazione con croissant e sempre grandi vini poco noti al bicchiere. Il tutto in un ambiente spartano, coinvolgente, dove si sente battere un’anima.
Mancavamo da alcuni anni ed è bello tornare in posti come questi che assicurano continuità alla qualità e rimangono fedeli a se stessi. Un ristorante familiare con tutta la famiglia all’opera, un tempo erano solo due Mauro e Anna Rita in cucia, oggi le figlie sono grandi e un figlio ultimo arrivato anche lui si avvicina alla cucina. Un ristorante dove le buone maniere sono rispettate, ampi tavoli, bella cantina, ambiente curato, luci un pò troppo diffuse. La cucina ha una solida base territoriale, con qualche apertura verso il ricettario classico. Il menù degustazione ha un ottimo rapporto prezzo qualità ed è anche interessante. La passatina di ceci è un pallido ricordo di quella celebre di Fulvio, ma il rognone riscatta l’inizio che prosegue con dei buoni primi (meglio i maccheroni dei tortelli alla lumache un pò scivolosi), due classici secondi di carne si fanno apprezzare, mentre la parte più debole ci sembra il dessert. Ma nel complesso siamo su un buon livello confortati dall’accoglienza, dalla selezione ottima delle materie prime, con un plauso al piatto dei formaggi in attesa, speriamo, di un carrello che in un posto come questo ci starebbe bene,
Acquarol a San Michele Appiano
Una piacevole sorpresa questo Acquarol! E pensare che conosciamo Alessandro Bellingeri da tanti anni, ( in passato è stato ad emergente dove si è fatto notare per le sue doti). L’avevamo visto poi nel suo locale a Panchià in val di Fiemme, dove avevamo mangiato bene, ma in modo diciamo normale. In questo nuovo locale, al bordo del centro storico del bel borgo di Appiano, in piena zona vitivinicola, Alessandro forse ha trovato il giusto ambiente per aprirsi ed esprimersi senza troppi vincoli. Lui d’altronde è di Cremona e Lei conosciuta durante un’esperienza in Messico, quindi si sentono ora giustamente liberi di interpretare i riferimenti del circondario. E Alessandro ci riesce a puntino, con estro notevole, padronanza di mezzi, sicurezza e consapevolezza delle proprie scelte. Ci piacerebbe magari qualche nota vegetale in più, qualche fermentazione in meno, ma il percorso che ci ha proposto aveva tante piacevolezze e ben poche sbavature. Il piatto migliore? la sequenza dei due salmerini (fegato e guancia), il meno riuscito secondo noi l’agnolotto di formaggio grigio un pò pesante e salato). Buona mano anche nei dolci originali e niente affatto banali.
Dopo lunga permanenza da Pipero dove si è fatto apprezzare con la sua cucina ben equilibrata tra aderenza al territorio e creatività, Luciano Monosilio, sempre molto giovane, si lancia in un’avventura personale. Siamo poco distanti dal precedente ristorante, più vicini a Campo de Fiori, dove prima c’era una pizzeria. Oggi l’ambiente è aperto, gradevole, con un piccolo dehor, una macchina che produce la pasta in vari formati ben in vista, con il nome di Luciano riprodotto con larghezza in vari modi e su vari oggetti. Carta di vini molto ridotta, servizio veloce, cucina si propone con molta umiltà il che è sicuramente apprezzabile. Punto di forza sono i primi, in particolare le classiche ricette romane della pasta, il pollo sul quale puntavamo ci ha deluso, buona la pizza di Santosuosso (tipologia canotto).
Risotto giallo con coda alla vaccinara, un incontro Roma Milano che è forse il piatto signature del bel locale milanese che vede l’esperto Alberto Tasinato in qualità di restaurant manager e Davide Puleio, per l’appunto romano (esperienza importante da Pipero) come chef. Ci sono due locali in uno, ill bistrot con un importante bancone specializzato in cocktails e il lato ristorante, più elegante con tavoli larghi e comodi. Un ottimo servizio segue con competenza i vari tavoli e attinge da una ricca cantina, il menù spazia nei vari generi dimostrando una buona valenza tecnica, regalando qualche divertissement (pensiamo al peperone), prediligendo la succulenza piena (pensiamo ai due ricchi ma buoni primi), e insistendo un pò troppo sull’agrodolce (il manzo caramellato coon salsa allo zenzero). Il piatto migliore ci sono sembrate le animelle, sull’altro versante, quello dei piatti meno riusciti, un rombo interessante ma troppo sapido e un dessert un pò banale.