Il posto più “cool” di quest’estate è anche quello forse più improbabile. Siamo in un’area di servizio qualunque all’entrata di Venturina (per l’appunto a mezzo km dal centro del paese) e qui è spuntato quasi per caso (ma in realtà il progetto è stato pianificato nei dettagli) un locale che voremmo trovare sempre nei nostri percorsi come pit stop ideale. Lode alla coppia che è dietro al tutto: Lui, Stefano Sinibaldi, un vero personaggio istrionico, Lei Simona Gaggiolini (aiutata anche dalla figlia Noemi) è nel cucinino e al banco. Lui sceglie vini e prodotti (con competenza) Lei rende elegante il banale: basta provare il prosciutto e melone e la tartare di tonno per capire la differenza. Aperto dal mattino per la colazione a sera tardi, rifocilla autoctoni e viandanti nel modo migliore e a prezzi contenuti. Grazie Giovanna Quilici per averci portato qui.
Redazione Witaly
Piccolo borgo in cima alla collina molto bello da vedere, noto per aver dato i natali a Nino Manfredi come la targa sotto la torre ricorda a tutti i visitatori. In 5 minuti lo vedete tutto e ne vale la pena: tenuto bene, senza fronzoli, ma caratteristico con alcune botteghe accoglienti e questo locale che grazie anche alle camere ne permette una comoda visita e sosta. Merito va alla titolare Daniela Accolla, che ha al suo fianco due giovani cuochi e ragazze sorridenti in sala. Il locale è semplice, la carta dei vini sorprendente per il posto (e per i prezzi moderati), il menù è di pochi ma ragionati piatti, la lista dei fornitori ben evidenziata garantisce una qualtà comlessiva. Ma forse, proprio perchè il posto è gradevole, si potrebbe fare qualcosa di più, gli antipasti ci sono sembrati in effetti un pò basici, meglio i due primi con evidenza dei buoni cavatelli, volenterosi i dessert finali, ottima la focaccia iniziale. Nel complesso comunque il posto merita, ma speriamo che possa fare un ulteriore passo in avanti, conservando l’attuale piacevolezza e il piccolo conto.
Dopo una vita di porzioni cremona ci permettiamo una serata di porzioni extralarge, 40×60 cm, praticamente dei quadri con titolo, presentazione e degustazione. L’insolita cena va in onda al Magnolia, elegante e raffinato ristorante del Grand Hotel Via Veneto, ad opera di Franco Madama e della sua brigata. L’idea non è nuova, Alinea vanta quadri grandi come la tavola per giunta realizzati “live”, ma Franco Madama ne ha fatto un pò la sua bandiera e ora li ha raggruppati in un intero menù. Anche qui le dimensioni possono variare se sei single o in compagnia. Noi eravamo in 3 e ci siamo quindi allargati. L’idea è gradevole, il divertimento assicurato, lo spettacolo non manca e la degustazione aggiunge il suo tono conviviale e confidenziale visto che si attinge tutti dallo stesso quadro. E i quadri sono anche belli, cromatici, e buoni da gustare, segno che lo chef e la brigata lavorano bene e sono ben affiatati. Da un punto di vista critico apprezziamo la giocosità, qualche dubbio suscita il quadro con il risotto, risotto che disperso a dripping secondo noi perde qualcosa. Il quadro migliore (da un punto di vista del gusto) ci è sembrato il “Muschio”, con un livello medio comunque più che buono. Quello che meno ci è piaciuto, forse perchè un pò troppo dolce, il Grano.
Attivissima la famiglia Evangelista: emigrata in America dopo la guerra, là ha costruito la sua fortuna e gestisce attualmente 3 ristoranti di successo a Long Island. Un ramo è rientrato e ha attecchito qui a Cassino: papà Angelo segue con la moglie Rosy e la figlia Serena il ristorante, il figlio Simone si concentra sull’azienda agricola poco distante che fornisce prodotti ortofrutticoli di qualità. “Evan’s” vuole ricordare un pò le origini d’oltreoceano, ma la cucina è italianissima e anche apprezzabile perchè tenta qualche variante con successo come ad esempio con la sfogliatiella di tagliatelle che è il piatto migliore e che merita la lode. Per il resto si va dalla banalità della tartara di gamberi (ma certi piatti sono comunque richiesti) al buon baccalà ammorbidito dal latte e ben accompagnato da una leggera panzanella. Buoni anche gli altri due primi, meglio comunque i conchiglioni dei tagliolini, e si chiude in frenata con una triglia troppo imbottita e un tiramisù non brillante. Ma in sintesi è un locale che merita, dove i prodotti ci sono (verdure e ricotta al top), il pane è buono, l’accoglienza cortese e il prezzo corretto.
Contaminazioni di pizza ieri sera all’Apogeo, la pizzeria di Massimo Giovannini a Pietrasanta che vanta un ampio prato che d’estate è sede di vari eventi, come per l’appunto queste Contaminazioni tra pizza e chef che hanno il doppio scopo di mescolare l’estro di tanti artigiani e raccogliere fondi per Dynamo Camp. Divertimento assicurato tra cocktail e stuzzichini d’autore di Giuseppe Mancino, pizze alla napoletana e alla romana, focaccie alte e soffici e panettone estivo. Tutti da applaudire anche per la spontaneità e l’informalità dell’evento che senza tante pretese alla fine è stato veramente piacevole.
Gianfranco Pascucci a Fiumicino
E’ un bel momento per questo ristorante. Migliora la sala con delle luci ad hoc, fluido e preparato è il servizio e la cucina sembra aver raggiunto piena maturità. A Gianfranco diamo il merito di interpretare in modo originale e molto corretto l’ottima materia prima che il mare gli offre quotidianamente. Un esempio è il guazzetto di gamberi e vongole: qualsiasi altro chef l’avrebbe sottolineato con un fumetto sapido per dare maggiore sapidità e andando in direzione di quello che normalmente vogliono i clienti che non capiscono che è un modo rozzo per soddisfare la voglia di mare e và a discapito della materia prima, soprattutto quando è buona come in questo caso. Qui il guazzetto è leggerissimo e di rara eleganza, arriva dopo qualche ottimo assaggio e il piacere continua fino alla fine, tra note ittiche delicate ed effluvi di profumi di foglie odorose ed erbe che spesso accompagnano ed esaltano le ricette presentate, con un esercizio stilistico di alto profilo e giusta misura. Cioè senza strafare con mille ingredienti, senza contaminazioni di orizzonti lontani, a volte improbabili come spesso poi ci capita andando in giro. Anzi a volte l’idea è quasi basica: pane burro e alici, maritozzo alla panna (grazie anche all’indubbia qualità dei prodotti di Gabriele Bonci, amico e fornitore di Pascucci). Del piatto migliore abbiamo detto, il meno buono secondo noi la granseola, leggermente appiattita sulle note dolci, senza un sufficiente contrasto.
Siamo sempre in giro, ma con le radici ben salde e sicure, nel cuore di Roma. E amiamo dove abitiamo, la nostra piccola piazzetta, per l’appunto “largo”, che per tutti non è altro che un piccolo tratto più largo di via dei Giubbonari ben più conosciuta. Piccolo, ma pieno di contenuti e persone non banali, come ad esempio Irene Bignardi, famosa giornalista, critica cinematografica e tante altre cose ancora. Ha creato nell’androne del palazzo una piccola biblioteca dove mette in circolo i tanti libri che riceve e le dobbiamo quindi non poco in fatto di cultura. E in questi giorni ci regala un’altra chicca: vecchi film che si proiettano a sera tardi sul portone della chiesetta che chiude la prospettiva per gli appassionatim residenti e amici, ma poi chiunque si può aggregare. Ognuno si porta la sua sedia da casa e la sera è vervita! grazie Irene. Stasera si replica.
Uno dei luoghi gastronomici più sorprendenti d’Italia è questa Enoteca. Vanta ormai una lunga storia come testimoniano le bottiglie in vista (senza parlare di quello che c’è al piano di sotto in cantina), che spaziano tra vini e distillati, spesso rari e costosi, con una varietà rara a vedere in giro. L’enoteca è lunga, ma più lunga ancora di quanto sembra all’inizio. Infatti in fondo c’è un passaggio che fa accedere alla chicca finale: un ristorante ovattato, pieno di boiseries che sembra essere in un club privato di Mayfair. Un ambiente insolito per la Capitale e ancora più insolita è la cucina, affidata a Massimo Viglietti, ristoratore per nascita e cuoco per passione. Dimenticate quegli chef che amano apparire, che gli dai un microfono in mano e non lo mollano più: tirar fuori due parole a Massimo è già un’impresa, e non che le cose non le sappia! La sua cultura è sorprendente, inversamente proporzionale al suo apparire, spazia dal vino al cibo, dai grandi di Italia e di Francia, grazie anche alle tante frequentazioni d’oltralpe, e al suo essere cresciuto in un famoso ristorante non lontano dal confine. E la sua cucina è fuori dagli schemi usuali, dissacrante e innovativa, controcorrente e audace. Ogni piatto è ricco di contrasti: nelle consistenze, nell’accostamento prodotto pregiato e prodotto povero, nell’abbinamento ingrediente di casa nostra e quello che magari invece viene da lontano. Il risultato è che non ci si annoia. I piatti sono poi leggerissimi e attenti al lato salutistico, ma solo se si riesce a schivare il pericolo incombente del pane: tra grissini e chips, focacce e croissant, pane a lievito madre e quello integrale è veramente duro resistere. Quanto ai piatti oltre che interessanti sono anche buoni, con in evidenza il king crab (un pò piacione) e gli spaghetti di patate. L’unica vera battuta di arresto è arrivata proprio alla fine, con il dessert al cioccolato bianco capperi e pomodori per noi decisamente stucchevole.
Vivi Bistrot a Villa Pamphili
Metti una sera di mezza estate il verde pressochè infinito di Villa Pamphili (non si vedono palazzi nemmeno all’orizzonte), il venticello che al tramonto si alza e ti rinfresca, il contatto fisico con il prato e la comodità di avere gli attrezzi a disposizione (telo, luce, cestino), la musica dal vivo in sottofondo e la condivisione con giovani allegri e spensierati. Tutto questo al Vivi Bistrot sempre aperto a Villa Pamphili, ma che d’estate si gode la sua alta stagione. Ultima lode ai prezzi calmierati e quanto al cibo e al bere, siamo sulla sufficienza, ma c’è margine di miglioramento. Abbiamo passato una bellissima serata e ci torneremo di sicuro!
I Micheletti sono alla seconda generazione, e la terza è in arrivo. Prima al centro storico e poi da qualche tempo sono arrivati qui, in piena campagna subito prima di San Giuliano venendo da Pisa. Poche camere, con due più confortevoli esterne, e un ristorante sul quale si vuole puntare con il giovane figlio Nicola. Non abbiamo provato la cucina, ma i buoni prodotti non mancano come la piccola colazione al mattino fa vedere con la sua funzionale esposizione.