Serata di benvenuto e come da tradizione è agli Oleandri, un ampio resort firmato da Antonietta Pagano che lo gestisce con l’aiuto dei figli. Una serata che vede alcune delle migliori trattorie campane a confronto sul tema del “carciofo” che qui a Paestum è tardivo e speciale. Una serata rilassante per tutti in vista dell’evento. Ormai ci siamo, al via di LSDM undicesima edizione e per noi di Emergente Sala Centrosud. Chi saranno i finalisti che andranno ad affiancare quelli del Nord? Lo vedremo oggi e domani.
Redazione Witaly
I Pagano, la famiglia di Paestum ben nota e attivissima nel settore dell’ospitalità e del vino, non si fermano. Alla vigna aggiungono l’orto, all’orto una piccola industria che è un gioiello di tecnologia per produrre yogurt confetture e condimenti di alta qualità, e una dispensa dove vendere e assaggiare tutto il ben di Dio prodotto. In prima linea è la coppia Antonello e Andrea (al femminile), dietro lavorano in tanti, giovani e casalinghe agguerrite che impastano le uova (ci sono anche le galline) per produrre fettuccine e frittate. E’ la dispensa della felicità.
LSDM undicesima edizione inizia domani, ma ieri sera i primi arrivi. A parte noi i portoghesi di Alma con lo chef Josè Avillez, ed il primo brindisi lo facciamo al nuovo Arbustico di Tomas e Cristian Torsiello con Barbara Guerra e Albert Sapere, stanchi ma contenti per come la manifestazione ha saputo crescere in così pochi anni. Auguri a loro e a Emergente Sala Centrosud che sta per iniziare.
A noi piace la pizza di Berberè, un giusto compromesso tra nord e sud, tra due versioni, la morbida napoletana e la croccante quasi una focaccia di certe versioni nordiste. Ci imbattiamo per caso passeggiando a piazza delle Erbe con Matteo Aloe che ci mostra orgoglioso il suo ultimo nato: Berberè n,8 o n,9, non ricordiamo bene quanti siano, ma dovremmo essere vicini alla prima decina. In comune hanno freschezza e qualità e una brigata giovane e vogliosa di ben lavorare.
Tornare al Byblos Art Hotel è sempre un piacere. Altro che quegli alberghi moderni con le camere in serie tutte uguali sparsi per il mondo! qui ogni camera è diversa, ma anche ogni metro della bella villa, con una sorpresa ad ogni angolo. Sorprese che arrivano pure per quanto riguarda la ristorazione. Marco Perez è chef ormai maturo, ma con la voglia di un ragazzino. Non contento del lavoro articolato che la Villa impone, sta dietro con grande passione alla sua creatura preferita: il ristorante gourmet, ricavato accanto a quello più normale e impreziosito da tavoli e ornamenti che rendono l’esperienza da ricordare prima ancora che arrivi il menù (basterebbero i bicchieri!). Il menù poi completa e appaga, forse fin troppo. Da lodare la giocosità che si avverte lungo la linea, anche se con qualche servizio in corteccia di troppo, da lodare l’estro, la ricerca del dettaglio e la creatività di Perez che ce la mette tutta ad ogni portata, e che spreme la sua brigata con un grande lavoro sul particolare (ma la brigata è fortunatamente numerosa). A volte però ci sembra che tanta fatica sia ridondante ai fini della riuscita del piatto e che l’affollamento di ingredienti e di idee finiscano per render un pò confuso il risultato gastronomico finale. Però ribadiamo che nel complesso è un vero piacere (ed è anche uno spettacolo) passare qui una serata, in un ambiente di straordinario impatto, con un servizo comunque che vorremmo più attento ai dettagli come il posto merita e richiede.
Winedo una nuova idea, una startup ideata e realizzata da un team di amici guidato da Lorenzo Contini e Fabio Pisi Vitagliano. L’idea è quella di conciliare la formazione e la ricerca con la vendita del vino, come dire il diavolo e l’acqua santa. Ma il web permette questo ed altro, ed in effetti il progetto si presenta bene anche perchè dietro c’è il fine palato di Luca Boccoli con altri nobili palati romani a sostegno, come Fabio Turchetti. Brindiamo con tre vini scelti dalla loro selezione e presentati dai rispettivi produttori, abbinati a finger food ben presentati della cucina del Musia. Due parole sul Musia, una splendida galleria d’arte su vari livelli. Alla base sono alcuni resti che si ricollegano all’antico Teatro di Pompeo (quello dove, la leggenda vuole, fu ucciso Giulio Cesare), e poi salendo le sale d’esposizione. Nei 1000 e più metri quadri c’è anche un piccolo ristorante e un wine bar.
C’è l’anima di Pier Giorgio Parini dietro a questo nuovo locale di Forlì e si vede. Si respira un’aria giovane, disincantata allegra, merito di un team che esegue bene le indicazioni dello chef ed è capace di trasmetterle al tavolo. In cucina sono loro: Mattia, Megumi, Davide ed Elia, mentre la sala gira sotto l’occhio attento di Simone Zoli, anche titolare, aiutato da Alex e Olga. La posizione è curiosa: al centro della piazza del mercato, con una bella terrazza godibile in stagione e una saletta avvolta dalle ampie vetrate. tutto è semplice e nulla è banale, come la piccola carta dei vini, e i piatti che arrivano al tavolo, dove il vegetale fa da protagonista ma è sempre accompagnato e ben contrastato da qualcosa che non ti aspetti e che fa la differenza. L’insalata in questo senso è memorabile, vivida e pungente ad ogni forchettata. Unico appunto in un pranzo godibile per tutto, anche per il corretto prezzo, è forse l’eccessiva caratura dei piatti che sono spesso un pò sopra le righe, quasi a sottolineare più la potenza gustativa che l’eleganza.
La stessa proprietà gestisce anche Iyo e Asian Ba, non conosciamo quest’ultimo, ma gli altri ci sembrano notevoli. Iyo è ben noto, e questo Gong non sfigura di certo, si pone su un livello appena inferiore, ma è una bella alternativa. Occupa una lunga serie di vetrine all’angolo del corso Concordia con un bell’ingresso e una lunga fila di tavoli. Una parete di bottiglie di vino fa intuire che la carta dei vini è importante, e un servizio elegante e formale sottolinea le ambizioni del locale. In cucina ritorviamo Guglielmo Paolucci, un giovane emergente di due anni fa (quando vinse Oliver Piras), che è affiancato da uno chef giapponese. La padrona di casa, Giulia Liu, dolce ed elegante, di chiara origine cinese, ma seconda generazione italiana per cui parla perfettamente la nostra lngua. Ci sono quindi tutte le premesse di una cucina fusion di livello, ed in effetti è quello che arriva sulla tavola, con dei piatti anche complessi, in genere molto ben presentati, che testimoniano un alto livello da parte della numerosa brigata. Si apprezza anche una bella varietà di sapori che non battono solo il consumato percorso dell’agrodolce, ma spaziano sul iccante e sull’acido. I piatti migliori? Il bell’Hamachi che è anche molto buono, come per altro lo storione mojito ben contrastato da una punta di coriandolo. Il meno convincente? Il raviolo wagyu, piuttosto pesante
La bassa bresciana non è proprio esaltante, si fanno chilometri attraversando una pianura un pò anonima, e si giunge a Pudiano, quattro case sperdute nel nulla a prima vista, La sopresa è totale. Innanzi tutto le 4 case del borgo sono di assoluto rilievo, e questo Sedicesimo Secolo è stato restaurato con ottima cura. Ci accoglie una bella e giovane coppia, Laura in sala e Simone in cucina. Parecchie e buone esperienze alle spalle, anche all’estero e in Italia da Marcheisn e Cedroni. E’ ancora giovane e sorprende per la maturità espressa, con una cucina moderna, non esagerta, di pochi ingredeinti, ma assemblati con mano sicura a fare la differenza. Ci sono piaciuti i suoi piatti dove il vegetale ha larga presenza, dove la carne e il pesce entrano con giuste cotture e meditata presenza, dove il gusto rimane centrale senza farsi prendere la mano da improvvisati e spericolati abbinamenti. Il tutto questo natulmente presentato senza particolare ricerca estetica, ma è il buono che quando è buono è anche bello da vedere. Un solo vero appunto, secondo noi: il risotto, che ci è parso subito bruttino, ed in effetti non ci ha convinto, troppo pesante e fuor di luogo nella sequenza che ci è stata proposta. E merita la citazione anche il dessert finale, una deliziosa torta di mele. Anche questa sembra banale, ma a trovarne di così buone!
Un pomeriggio denso quello organizzato dalla BNL con l’ausilio di Riccardo Cotarella: degustazione al Maaxi (Museo di Arte Contemporanea) e presentazione dell’impegno della BNL nel settore dell’agricoltura sostenibile, poi visita al Maaxi e gran finale ai Campionati Italiani al Foro Italico sostenuti dalla BNL. Un approccio trasversale che secondo noi è un percorso da imitare e seguire. Grazie dell’invito!