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Tenuta San Pietro, 15 anni e non sentirli
Tenuta San Pietro ha voluto celebrare con una festa, presso il suo concept store di Milano, il 15° anno di proprietà di Corrado Alota. Un raffinato banqueting, curato dallo chef Sergio Mei, ha reso magica la partecipazione dei numerosi ospiti intervenuti, completata dalla sfaccettata produzione enologica della cantina. La Tenuta rappresenta senza dubbio un’eccellenza della denominazione Gavi visto che, sin dalla sua fondazione alla fine degli anni ’60, ha rappresentato il vitigno Cortese in Italia e nel mondo, ha tra i suoi vigneti due con piante più che centenarie che danno vini speciali.
Infatti Tenuta San Pietro è una delle aziende storiche vitivinicole dell’area di produzione del vino bianco Gavi DOCG. Nel XVI secolo questo sito era la sede di un convento benedettino e della prima chiesa consacrata del piccolo paese di Tassarolo denominata San Pietro. L’azienda si estende sulle dolci colline di Tassarolo, uno degli 11 comuni di produzione del vino Gavi, a sud del Piemonte e ai confini con la Liguria. Fondata da Maria Rosa Gazzaniga tra le iniziali attività aveva la coltivazione dei vigneti e dei campi, l’allevamento di tori. Ben presto Maria Rosa capì che il territorio era vocato soprattutto per la coltivazione della vite e della varietà Cortese, antico vitigno presente su quest’area già prima dell’anno 1.000, optando solo per la produzione enologica. Imbottigliava già questo vino bianco ancora prima del riconoscimento della DOC, avvenuto nel 1974, con la dicitura Cortese di Gavi (in azienda sono tuttora presenti le bottiglie dell’annata 1971, ndr). La signora Gazzaniga è stata una delle prime “Donne del Vino” a viaggiare per far conoscere il vino Gavi in tutta Europa e negli Stati Uniti. Ha promosso e comunicato questo territorio e la sua produzione di eccellenza sia come prima Presidente del Consorzio di Tutela del Gavi, poi come socia fondatrice dell’Associazione “Le Donne del Vino” e ancora come amica e collaboratrice del grande Luigi Veronelli.
L’azienda è stata acquisita nel 2002 da Corrado Alota, imprenditore milanese nel settore della moda, con l’obiettivo di farne il buen refugio entro cui trascorrere il tempo del distacco dagli impegni professionali, ma anche per vivere nella natura i momenti della serenità familiare. A Tassarolo, dove ha sede l’azienda, Corrado rimase immediatamente affascinato dal mondo agricolo e dalle sue dinamiche, dai tempi della campagna tanto diversi dai ritmi frenetici della grande città, avviando da subito grandi progetti di rivalutazione dell’azienda, del territorio circostante in un’ottica di sostenibilità. Intorno all’azienda, tanti piccoli appezzamenti di terreni incolti o mal coltivati sono stati acquisiti, ripuliti e coltivati. Oggi Tenuta San Pietro si estende su 65 ettari di superficie complessiva dei quali 35 vitati e la restante parte è occupata da prati e boschi di rovere e acacia che proteggono numerose specie di animali selvatici. I vigneti sono tutti collinari a 300 mt s.l.m., con ottime esposizioni a corpo unico intorno all’azienda. La viticoltura di collina evita ristagni di acqua pericolosi per la pianta, garantisce un buon drenaggio e al tempo stesso conserva molto bene l’umidità sottostante necessaria per i momenti di siccità. I venti che soffiano dalla vicina Liguria privilegiano la produzione dei profumi primari delle uve e prevengono alcune patologie delle piante. L’im- portante presenza nel terreno di fossili marini e di conchiglie è testimonianza di come queste terre fossero state sommerse dal mare.
Un altro importante progetto riguarda la costruzione (già in corso) di un bellissimo Wine Resort affiancato da una SpA per trattamenti con vinoterapia e una nuova cantina di produzione. Lo studio architettonico prevede che le forme della struttura siano sinuose e avvolgenti, dove lo stile diventa espressione dei principi biodinamici.
Dal 2002 uno staff preparato e competente coltiva e trasforma i frutti di questa terra. L’etica dell’azienda è fondata sui principi della sostenibilità, della tutela ambientale e del vigneto biologico. Il risultato del processo di conversione al biologico, iniziato nel 2008, si è completato nel 2013, ottenendo da Bios la certificazione di conformità al regolamento comunitario 834/07/CE in materia di produzioni da agricoltura biologica. Un grande risultato che ci pone tra le prime aziende vitivinicole di qualità ad aver certificato l’intera produzione. I metodi fondamentali adottati sono: la lavorazione non invasiva del terreno mediante riduzione della meccanizzazione nei vigneti. La concimazione attraverso sovesci (pratica agronomica consistente nell’interramento d’apposite colture allo scopo di mantenere o aumentare la fertilità del terreno arricchendolo di sostanza organica che stimola il sistema immunitario delle piante, ndr). A fine vendemmia i terreni vengono preparati per la semina di un mix di piante (leguminose e floreali) . L’osservazione del calendario lunare e planetario per tutte le operazioni di semina e coltura . L’utilizzo dei due preparati biodinamici uno, a base di letame, che stimola l’attività radicale e la crescita, l’altro, a base di polvere di quarzo, che stimola il processo di assimilazione e maturazione. Sono utilizzati anche integratori naturali, prodotti in azienda, quali tisane, propoli, argille, decotti e macerati di erbe. Il rame e zolfo, considerati fondamentali per il controllo delle più di use patologie della vite, vengono impiegati a bassissimo dosaggio, ancora meno rispetto a quanto indicato dal sistema biologico, e solo quando veramente necessari. Tutte le pratiche colturali, dalla potatura al raccolto dell’uva, vengono seguite costantemente e finalizzate all’ottimizzazione della terra e del prodotto finale. La raccolta dell’uva avviene manualmente in cassette. Anche in cantina sono rispettati metodi di lavorazione naturale che prevedono: la fermentazione dei mosti senza uso di lieviti selezionati. Viene quindi preparata una massa fermentativa con pochi quintali di uva che viene successivamente aggiunta ai mosti per l’avvio della fermentazione alcolica. I mosti fermentano in vasche d’acciaio con controllo della temperatura , non sono effettuate chiarifiche nel corso del procedimento. Durante le lavorazioni dei vini sono utilizzati gas inerti (per esempio l’azoto) al fine di evitare il contatto ossidante con l’aria. Nella filosofia aziendale il dosaggio della solforosa è minimo e il valore finale contenuto nei vini è inferiore ai limiti di legge. Tenuta San Pietro ha un grande patrimonio storico con 2 vigneti centenari, uno di Cortese e uno di Nibiö (antico vitigno locale, ndr). La sua produzione comprende tre diverse espressioni di Gavi DOCG tutte biologici, tre diversi rossi e due spumanti Brut di cui un rosé.
Gorrina è un vigneto centenario con la particolarità di essere uno dei pochi ancora a piede franco, ossia con piante originali non innestate su radici americane. Tutti i vini di Tenuta San Pietro sono ottenuti con uve prodotte seguendo i criteri agricoli dell’antroposofia di Rudolf Steiner più nota come Agricoltura Biodinamica: vini buoni e naturali prodotti da piante che crescono su terreni sani e vitali. Le viti su piede franco di questo vigneto sono le ultime testimoni di un’epoca passata e le ultime tracce di una tradizione che resiste ai tempi moderni. Il vino Gavi DOCG Gorrina, ottenuto con le uve di questo vigneto, è un Cru di elegante struttura, prodotto in numero limitato di bottiglie, ed è l’espressione vitale dei tesori che il tempo sa regalare. Nel bicchiere si presenta di un bel colore giallo intenso. Un breve contatto con l’aria nel calice gli permette di sprigionare tutti i suoi profumi in un’armonia di fiori gialli, di frutta matura, Le note di vaniglia, che rivelano il passaggio in barrique, sono percettibili senza sovrastare i profumi primari più delicati.
Tenuta San Pietro custodisce un vitigno storico, autoctono, noto come Nibiö coltivato nel territorio di Tassarolo da più di mille anni, tanto da essere nominato anche negli annali dell’allora vicina Repubblica di Genova. Forse imparentato con il dolcetto, considerato in passato il re dei vini per gli abitanti della zona, il Nibiö è diventato oggetto di una particolare tutela, essendo una eccellenza sopravvissuta solo in questo paese. Il suo vigneto recuperato da Tenuta da San Pietro ha più di cento anni. Anche queste piante sono originali su piede franco. E’ un privilegio camminare tra gli antichi filari di questo vitigno, immersi in uno scenario di assoluta bellezza tra le forme irregolari dei ceppi che portano il segno del tempo passato. Vere opere d’arte, espressione della natura e figlie di madre terra. Il vino ottenuto, in produzione limitata, è il rosso della tradizione più antica di Tassarolo. Il nome, Orma Romea Monferrato DOC Rosso, richiama alla memoria il passaggio dei Pellegrini, o Romei, che dal Nord Europa scendevano verso Roma e sostavano in queste terre da sempre vocate alla produzione vinicola d’alta qualità. Un vino rosso che si presta a un lungo invecchiamento e nel bicchiere si presenta con un meraviglioso rosso rubino intenso con riflessi violacei. Una densità che rivela tutto il suo corpo e lo spessore di un vino capace di sorprendere.
Tenuta San Pietro, 15 anni e non sentirli
Tenuta San Pietro ha voluto celebrare con una festa, presso il suo concept store di Milano, il 15° anno di proprietà di Corrado Alota. Un raffinato banqueting, curato dallo chef Sergio Mei, ha reso magica la partecipazione dei numerosi ospiti intervenuti, completata dalla sfaccettata produzione enologica della cantina. La Tenuta rappresenta senza dubbio un’eccellenza della denominazione Gavi visto che, sin dalla sua fondazione alla fine degli anni ’60, ha rappresentato il vitigno Cortese in Italia e nel mondo, ha tra i suoi vigneti due con piante più che centenarie che danno vini speciali.
Infatti Tenuta San Pietro è una delle aziende storiche vitivinicole dell’area di produzione del vino bianco Gavi DOCG. Nel XVI secolo questo sito era la sede di un convento benedettino e della prima chiesa consacrata del piccolo paese di Tassarolo denominata San Pietro. L’azienda si estende sulle dolci colline di Tassarolo, uno degli 11 comuni di produzione del vino Gavi, a sud del Piemonte e ai confini con la Liguria. Fondata da Maria Rosa Gazzaniga tra le iniziali attività aveva la coltivazione dei vigneti e dei campi, l’allevamento di tori. Ben presto Maria Rosa capì che il territorio era vocato soprattutto per la coltivazione della vite e della varietà Cortese, antico vitigno presente su quest’area già prima dell’anno 1.000, optando solo per la produzione enologica. Imbottigliava già questo vino bianco ancora prima del riconoscimento della DOC, avvenuto nel 1974, con la dicitura Cortese di Gavi (in azienda sono tuttora presenti le bottiglie dell’annata 1971, ndr). La signora Gazzaniga è stata una delle prime “Donne del Vino” a viaggiare per far conoscere il vino Gavi in tutta Europa e negli Stati Uniti. Ha promosso e comunicato questo territorio e la sua produzione di eccellenza sia come prima Presidente del Consorzio di Tutela del Gavi, poi come socia fondatrice dell’Associazione “Le Donne del Vino” e ancora come amica e collaboratrice del grande Luigi Veronelli.
L’azienda è stata acquisita nel 2002 da Corrado Alota, imprenditore milanese nel settore della moda, con l’obiettivo di farne il buen refugio entro cui trascorrere il tempo del distacco dagli impegni professionali, ma anche per vivere nella natura i momenti della serenità familiare. A Tassarolo, dove ha sede l’azienda, Corrado rimase immediatamente affascinato dal mondo agricolo e dalle sue dinamiche, dai tempi della campagna tanto diversi dai ritmi frenetici della grande città, avviando da subito grandi progetti di rivalutazione dell’azienda, del territorio circostante in un’ottica di sostenibilità. Intorno all’azienda, tanti piccoli appezzamenti di terreni incolti o mal coltivati sono stati acquisiti, ripuliti e coltivati. Oggi Tenuta San Pietro si estende su 65 ettari di superficie complessiva dei quali 35 vitati e la restante parte è occupata da prati e boschi di rovere e acacia che proteggono numerose specie di animali selvatici. I vigneti sono tutti collinari a 300 mt s.l.m., con ottime esposizioni a corpo unico intorno all’azienda. La viticoltura di collina evita ristagni di acqua pericolosi per la pianta, garantisce un buon drenaggio e al tempo stesso conserva molto bene l’umidità sottostante necessaria per i momenti di siccità. I venti che soffiano dalla vicina Liguria privilegiano la produzione dei profumi primari delle uve e prevengono alcune patologie delle piante. L’im- portante presenza nel terreno di fossili marini e di conchiglie è testimonianza di come queste terre fossero state sommerse dal mare.
Un altro importante progetto riguarda la costruzione (già in corso) di un bellissimo Wine Resort affiancato da una SpA per trattamenti con vinoterapia e una nuova cantina di produzione. Lo studio architettonico prevede che le forme della struttura siano sinuose e avvolgenti, dove lo stile diventa espressione dei principi biodinamici.
Dal 2002 uno staff preparato e competente coltiva e trasforma i frutti di questa terra. L’etica dell’azienda è fondata sui principi della sostenibilità, della tutela ambientale e del vigneto biologico. Il risultato del processo di conversione al biologico, iniziato nel 2008, si è completato nel 2013, ottenendo da Bios la certificazione di conformità al regolamento comunitario 834/07/CE in materia di produzioni da agricoltura biologica. Un grande risultato che ci pone tra le prime aziende vitivinicole di qualità ad aver certificato l’intera produzione. I metodi fondamentali adottati sono: la lavorazione non invasiva del terreno mediante riduzione della meccanizzazione nei vigneti. La concimazione attraverso sovesci (pratica agronomica consistente nell’interramento d’apposite colture allo scopo di mantenere o aumentare la fertilità del terreno arricchendolo di sostanza organica che stimola il sistema immunitario delle piante, ndr). A fine vendemmia i terreni vengono preparati per la semina di un mix di piante (leguminose e floreali) . L’osservazione del calendario lunare e planetario per tutte le operazioni di semina e coltura . L’utilizzo dei due preparati biodinamici uno, a base di letame, che stimola l’attività radicale e la crescita, l’altro, a base di polvere di quarzo, che stimola il processo di assimilazione e maturazione. Sono utilizzati anche integratori naturali, prodotti in azienda, quali tisane, propoli, argille, decotti e macerati di erbe. Il rame e zolfo, considerati fondamentali per il controllo delle più di use patologie della vite, vengono impiegati a bassissimo dosaggio, ancora meno rispetto a quanto indicato dal sistema biologico, e solo quando veramente necessari. Tutte le pratiche colturali, dalla potatura al raccolto dell’uva, vengono seguite costantemente e finalizzate all’ottimizzazione della terra e del prodotto finale. La raccolta dell’uva avviene manualmente in cassette. Anche in cantina sono rispettati metodi di lavorazione naturale che prevedono: la fermentazione dei mosti senza uso di lieviti selezionati. Viene quindi preparata una massa fermentativa con pochi quintali di uva che viene successivamente aggiunta ai mosti per l’avvio della fermentazione alcolica. I mosti fermentano in vasche d’acciaio con controllo della temperatura , non sono effettuate chiarifiche nel corso del procedimento. Durante le lavorazioni dei vini sono utilizzati gas inerti (per esempio l’azoto) al fine di evitare il contatto ossidante con l’aria. Nella filosofia aziendale il dosaggio della solforosa è minimo e il valore finale contenuto nei vini è inferiore ai limiti di legge. Tenuta San Pietro ha un grande patrimonio storico con 2 vigneti centenari, uno di Cortese e uno di Nibiö (antico vitigno locale, ndr). La sua produzione comprende tre diverse espressioni di Gavi DOCG tutte biologici, tre diversi rossi e due spumanti Brut di cui un rosé.
Gorrina è un vigneto centenario con la particolarità di essere uno dei pochi ancora a piede franco, ossia con piante originali non innestate su radici americane. Tutti i vini di Tenuta San Pietro sono ottenuti con uve prodotte seguendo i criteri agricoli dell’antroposofia di Rudolf Steiner più nota come Agricoltura Biodinamica: vini buoni e naturali prodotti da piante che crescono su terreni sani e vitali. Le viti su piede franco di questo vigneto sono le ultime testimoni di un’epoca passata e le ultime tracce di una tradizione che resiste ai tempi moderni. Il vino Gavi DOCG Gorrina, ottenuto con le uve di questo vigneto, è un Cru di elegante struttura, prodotto in numero limitato di bottiglie, ed è l’espressione vitale dei tesori che il tempo sa regalare. Nel bicchiere si presenta di un bel colore giallo intenso. Un breve contatto con l’aria nel calice gli permette di sprigionare tutti i suoi profumi in un’armonia di fiori gialli, di frutta matura, Le note di vaniglia, che rivelano il passaggio in barrique, sono percettibili senza sovrastare i profumi primari più delicati.
Tenuta San Pietro custodisce un vitigno storico, autoctono, noto come Nibiö coltivato nel territorio di Tassarolo da più di mille anni, tanto da essere nominato anche negli annali dell’allora vicina Repubblica di Genova. Forse imparentato con il dolcetto, considerato in passato il re dei vini per gli abitanti della zona, il Nibiö è diventato oggetto di una particolare tutela, essendo una eccellenza sopravvissuta solo in questo paese. Il suo vigneto recuperato da Tenuta da San Pietro ha più di cento anni. Anche queste piante sono originali su piede franco. E’ un privilegio camminare tra gli antichi filari di questo vitigno, immersi in uno scenario di assoluta bellezza tra le forme irregolari dei ceppi che portano il segno del tempo passato. Vere opere d’arte, espressione della natura e figlie di madre terra. Il vino ottenuto, in produzione limitata, è il rosso della tradizione più antica di Tassarolo. Il nome, Orma Romea Monferrato DOC Rosso, richiama alla memoria il passaggio dei Pellegrini, o Romei, che dal Nord Europa scendevano verso Roma e sostavano in queste terre da sempre vocate alla produzione vinicola d’alta qualità. Un vino rosso che si presta a un lungo invecchiamento e nel bicchiere si presenta con un meraviglioso rosso rubino intenso con riflessi violacei. Una densità che rivela tutto il suo corpo e lo spessore di un vino capace di sorprendere.
IL TOURING SOSTIENE UN FILM GASTRO-SOCIALE: OGGI NELLE SALE ESCE “QUANTO BASTA”
Oggi 5 aprile è in tutte le sale un nuovo film che parla di gastronomia e lo fa “diversamente”.
Si chiama “QUANTO BASTA” il film che Touring Club Italiano ha voluto sostenere e patrocinare. Un film che è piaciuto subito all’associazione, fin dal primo incontro fatto con il produttore cinematografico Daniele Mazzocca: perché parla di solidarietà, di scoperta dei territori italiani, di importanza delle tradizioni, di valorizzazione della gastronomia locale. Tutti valori che il Touring ha sempre sostenuto, fin dalla sua fondazione.
LA TRAMA DI “QUANTO BASTA”
Che cosa racconta “Quanto basta”, che vede come regista Francesco Falaschi? Innanzitutto di Arturo (Vinicio Marchioni), chef talentuoso ma non più di successo, con una forte tendenza alla polemica che ha finito per emarginarlo: i suoi problemi di controllo dell’aggressività lo hanno fatto finire in carcere per rissa e ora deve scontare la pena ai servizi sociali tenendo un corso di cucina in un centro per ragazzi autistici dove lavora Anna (Valeria Solarino).
Tra i ragazzi di cui si deve occupare Arturo c’è Guido (Luigi Fedele), un giovane che ha la sindrome di Asperger e una grande passione per la cucina: Guido è dotato di “palato assoluto”, vale a dire la capacità di riconoscere tutti gli ingredienti di un piatto con un solo assaggio. Arturo tratta Guido senza filtri e in modo istintivo, alla pari, talvolta sbagliando. Ma di fronte alla “neurodiversità”, che non è inferiorità, del ragazzo, Arturo tende a poco a poco a mutare il proprio comportamento e a ridefinirsi come persona.
L’AMBIENTAZIONE E LA CONSULENZA TOURING
Il film è dunque nello stesso tempo una commedia, una storia di formazione e un road movie, con i due protagonisti che intraprendono un viaggio in auto attraverso i paesaggi più caratteristici e spettacolari della Toscana, alla ricerca dei sapori della nostra tradizione.
Le scene di “Quanto basta” sono state infatti girate la scorsa estate nel Senese, in particolare in val d’Orcia, a Chiusi e (per la scena clou) nella monumentale Tenuta di Dolciano, nel territorio comunale di Chiusi. Si tratta di un ex casino di caccia del Granduca di Toscana che conserva, oltre alla cappella privata originale, un vero e proprio museo degli attrezzi agricoli del passato, le carrozze della famiglia Bologna, proprietaria della tenuta già nell’Ottocento, e La locanda delle scuderie, un accogliente ristorante di cucina maremmana.
Il Touring Club Italiano ha dato la propria consulenza nella ricerca delle location e ha messo a disposizione la conoscenza dei territori attraversati. I sopralluoghi sul set sono stati anche l’occasione per rivedere da vicino paesaggi e territori ben conservati e un paese, Chiusi (che tra l’altro è Bandiera Arancione del Touring), che conserva ancora tracce della sua storia millenaria, a cominciare da quella dei suoi più antichi abitanti, gli Etruschi. Da visitare per esempio a Chiusi il Museo Archeologico Nazionale e il paese stesso, con un impianto urbanistico murato fatto di strade, vicoli, piazze e intricati cunicoli sotterranei non ancora alterato dalla modernità.
PERCHÉ IL SOSTEGNO DEL TOURING
Oltre alla Guida “Alberghi e Ristoranti d’Italia” nata un quarto di secolo fa con l’arrivo dei giornalisti Luigi Cremona e Teresa Cremona, già nel 1931 il Touring Club Italiano aveva pubblicato la prima Guida Gastronomica d’Italia, ancora oggi riconosciuta come prezioso repertorio di prodotti, espressione di territori unici, e di ricette della tradizione. Il Tci ha sempre creduto nel rapporto tra territorio e gastronomia, particolarmente significativo nel nostro Paese: l’associazione fu fondata infatti anche per “far scoprire l’Italia agli italiani”.
È quindi con particolare piacere che l’associazione ha voluto dare il suo patrocinio e il suo appoggio alla pellicola “Quanto basta”, che porta con sé quei valori che da oltre 120 anni il Touring sostiene e naturalmente invita anche voi a sostenerlo: ci vediamo al cinema!
QUI IL CLIP CON ALCUNE SCENE DEL FILM…. E QUI
INOLTRE
Da 124 anni il Touring Club Italiano s’impegna per proteggere e rendere fruibile il nostro patrimonio storico e artistico: un valore insostituibile da trasmettere alle generazioni future.
Quest’anno scegliamo di destinare il nostro 5×1000 al Tci! In questo modo contribuiremo all’apertura di decine di luoghi d’arte e cultura del nostro Paese. QUI IL LINK PER SAPERNE DI PIU’
Buona Visione e…Buone Azioni!
La Redazione
Osteria del Guà
E’ veramente bella e confortevole questa Barchessa di Villa Pisani (villa palladiana) aperta da poco all’ospitalità. Una camera da letto perfetta con un letto da “principessa sul pisello”, forse il migliore mai provato in giro. Sarà presto completata da un centro benessere e allora il confort sarà totale. Per ora già ci godiamo, oltre al relax, una curata prima colazione e poi scendiamo curiosi a vedere il ristorante. In cucina è un giovane chef, Giulio Ierace, meno che trentenne calabrese di origine. Si destreggia già bene, con modestia ma carattere e pensiamo che, se ben guidato, possa dare soddisfazioni ad una Dimora che le merita tutte. Per ora apprezziamo il suo menù degustazione annotando anche l’occhio di riguardo che ha per i dessert (vedi anche la prima colazione al mattino). Complimenti quindi alla sapiente ristrutturazione della Villa, diretta dall’esperto Felix Gherardini.
Diamo atto a Daniele Mannis, l’esperto titolare coadiuvato da Vania Martini in sala, di aver sempre cercato dei giovani valenti da mettere ai fornelli. E l’ultimo arrivato, Mirko Campoli, (parente del più celebre Fabio Campoli) non è da meno. Una buona base tecnica fatta di studio ordinato, sulla quale però si deve investire in personalità ed originalità. Per ora ci godiamo una buona cena dove gli antipasti e i secondi si fanno preferire ai due primi un pò troppo “carichi” di condimenti e mantecature. Il tutto comunque buono anche se un pò troppo “costruito” secondo le regole apprese nei corsi. L’abbinamento ai vini è affidato all’intraprendente Giancarlo Mura che non fa di certo annoiare.
Spazio Romito a Roma
Niko Romito è arrivato piuttosto tardi in cucina, ma da quel momento è andato poi di corsa senza sbagliare una mossa. Sarà stato pure fortunato, ma non crediamo che il successo sia stato casuale. Non è certo un vantaggio partire da un punto remoto come Rivisondoli, senza alcun schema impostato se non quello della paterna pasticcieria sul punto di chiudere. Questo per dire che ha avuto coraggio, determinazione, grinta, e non basta, anche l’intelligenza di guardare oltre. Così ha impostato un nuovo locale più ambizioso come il Casadonna, una scuola di cucina che si è poi ampliata, un nuovo format, Spazio, con il quale sta programmando aperture multiple. Roma viene dopo Milano, ma è forse un progetto più ambizioso, per grandezza, per la doppia proposta (accanto è il Pane, con un’offerta più semplice). Siamo agli inizi e lo troviamo in cucina con la fedele Gaia ad impostare bene la brigata, mentre la sala è affidata a Sabrina Romito (copia fedele di Cristiana) e all’esperto Valerio Capriotti. Il menù è misurato e intelligente spazia dal vegetariano alla carne non perdendo colpi con piatti di calibrata saggezza, facilmente riproducibili. Buono tutto con una lode al raddichio con salsa mandorla, un piatto vegetariano di geniale semplicità che conquista immediatamente, delude invece il baccalà alla pizzaiola, buono ma poco contrastato.
Salsadrena a Sanremo
La pizzeria è bella ed elegante proprio sulla passeggiata a mare poco distnate dal Casinò. Il nome è curioso, in realtà è l’anagramma di Alessandra, la titolare del locale. Il menù sottolinea la qualità dell’impasto e la lunga lievitazione, in effetti nulla da dire sugli ingredienti, meno ci ha convinto la base, comunque l’ambiente è gradevole e la pizza nel complesso accettabile. Grazie Roberto della segnalazione.