Amiamo i formaggi, e è sempre un piacere scoprire un piccolo artigiano di qualità come questo, anzi sono in due: Elvira ed Antonio la Gatta, e a fare i formaggi è più Lei di Lui. Quasi solo latte ovino, ma a volte anche caprino, con forme anche grandi che fanno affinare in cella fino a 3 anni e che sono una vera bontà. La toma di due anni a 25 euro al chilo merita tutto! Anche la ricotta è ottima. Bravi davvero!
Varie
Il 13 e il 14 maggio, primi giorni di reale primavera in una Roma assolata e con un allegro cielo turchese, Il Palazzo delle Fontane all’Eur con i suoi candidi marmi mussoliniani ha ospitato un nutrito pubblico di eno-appassionati alla FIVI ovvero la Mostra Mercato della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti.
Questa prima edizione in trasferta romana della già nota manifestazione piacentina ha sottolineato come gli amanti del vino, anzi del buon vino, siano sempre in crescita anche in una città che, come lamentano in molti, ha forse dato troppo poco spazio alle grandi manifestazioni enologiche di alto profilo.
I vignaioli Indipendenti coltivano le proprie vigne, imbottigliano il proprio vino, curando personalmente il proprio prodotto. Qui non parliamo di un qualsiasi evento degustazione, abbiamo in campo il lavoro di piccoli produttori che sostengono e difendono senza compromessi le proprie idee rendendosi protagonisti già da qualche anno dell’acceso dibattito sulle tecniche di vinificazione, gestione della cantina, acquisto o meno delle uve. Non è il caso di addentrarci oltre tra millantate “mode” e feroci discussioni che spesso dividono e avvelenano gli animi. Ci soffermiamo sul piacere del bere, su quello che si legge sui volti sorridenti delle migliaia di avventori che hanno decretato un ottimo risultato di pubblico e di critiche per questa prima prova romana. Tantissimi i banchi di esposizione, 212 i vignaioli aderenti alla FIVI riuniti nei grandi saloni grazie alla collaborazione con Daniele De ventura, proprietario del Little Market, bottega gastronomica romana con selezioni di alta qualità artigianale e promotore di eventi che divulgano al grande pubblico l’importanza della qualità gastronomica ed enologica a tutto tondo. Una manifestazione voluta dagli stessi vignaioli, soprattutto per andare incontro a chi a causa della distanza non è mai riuscito a partecipare all’appuntamento di Piacenza che si svolge di solito a fine novembre. Molto forte anche il valore istituzionale: “Spostarsi verso sud per noi è una priorità – afferma Matilde Poggi, presidente FIVI – ma Roma ha anche un significato simbolico. È lì che hanno sede le istituzioni ed è lì che vogliamo far sentire sempre di più la voce degli oltre mille Vignaioli Indipendenti di tutta Italia”.
La formula “mercato” con la possibilità di acquisto ha offerto uno spunto in più al pubblico di appassionati che in molti giravano con i carrelli pur tra lo strettissimo spazio risparmiato alle numerose file di banchi di assaggio ed esposizione. Prezzi vantaggiosi per l’acquisto diretto e in generale un rapporto qualità prezzo veramente ottimale per molti dei vini presenti.
Pareri discordanti sulla scelta della disposizione dei banchi, volutamente non regolamentata per regione ma disposta in un continuo viaggio virtuale lungo la penisola. La scelta migliore ci è parsa quella di girare tra i banchi per una prima visione globale, un riconoscimento qua e là, un saluto veloce alle facce amiche, un’etichetta e una cantina già assaggiate, per poi cominciare il viaggio italiano alla ricerca di nuovi panorami vinicoli. Si sa, in questo tipo di manifestazioni affollate e caotiche, la degustazione in sé perde il metro di giudizio, ma per una prima conoscenza e due parole faccia a faccia con il produttore (soprattutto se piccolo) è la soluzione migliore. Tanti biglietti da visita e qualche crocetta sul taccuino appunti per il prossimo eno viaggio italiano per gli appassionati. Menzione di merito per aver ospitato una piccola scelta gastronomica offerta da “La Tradizione” di Roma, bottega di formaggi, salumi e specialità gastronomiche artigianali che ha recentemente rinnovato il suo spazio ristorante grazie alla collaborazione e consulenza in cucina con lo staff del ristorante bistellato “Il Pagliaccio”. Erano presenti il giovane chef Piero Drago e il suo secondo Jacopo Ricci. Abbiamo assaggiato degli interessanti tortelli ripieni di ragù di maiale e una selezione di formaggi che hanno fatto da base per gli abbinamenti con i vini in degustazione.
MOSTRA O MERCATO? PER LA FIVI NON E’ STATO UN DILEMMA NELLA CAPITALE!
Il 13 e il 14 maggio, primi giorni di reale primavera in una Roma assolata e con un allegro cielo turchese, Il Palazzo delle Fontane all’Eur con i suoi candidi marmi mussoliniani ha ospitato un nutrito pubblico di eno-appassionati alla FIVI ovvero la Mostra Mercato della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti.
Questa prima edizione in trasferta romana della già nota manifestazione piacentina ha sottolineato come gli amanti del vino, anzi del buon vino, siano sempre in crescita anche in una città che, come lamentano in molti, ha forse dato troppo poco spazio alle grandi manifestazioni enologiche di alto profilo.
I vignaioli Indipendenti coltivano le proprie vigne, imbottigliano il proprio vino, curando personalmente il proprio prodotto. Qui non parliamo di un qualsiasi evento degustazione, abbiamo in campo il lavoro di piccoli produttori che sostengono e difendono senza compromessi le proprie idee rendendosi protagonisti già da qualche anno dell’acceso dibattito sulle tecniche di vinificazione, gestione della cantina, acquisto o meno delle uve. Non è il caso di addentrarci oltre tra millantate “mode” e feroci discussioni che spesso dividono e avvelenano gli animi. Ci soffermiamo sul piacere del bere, su quello che si legge sui volti sorridenti delle migliaia di avventori che hanno decretato un ottimo risultato di pubblico e di critiche per questa prima prova romana. Tantissimi i banchi di esposizione, 212 i vignaioli aderenti alla FIVI riuniti nei grandi saloni grazie alla collaborazione con Daniele De ventura, proprietario del Little Market, bottega gastronomica romana con selezioni di alta qualità artigianale e promotore di eventi che divulgano al grande pubblico l’importanza della qualità gastronomica ed enologica a tutto tondo. Una manifestazione voluta dagli stessi vignaioli, soprattutto per andare incontro a chi a causa della distanza non è mai riuscito a partecipare all’appuntamento di Piacenza che si svolge di solito a fine novembre. Molto forte anche il valore istituzionale: “Spostarsi verso sud per noi è una priorità – afferma Matilde Poggi, presidente FIVI – ma Roma ha anche un significato simbolico. È lì che hanno sede le istituzioni ed è lì che vogliamo far sentire sempre di più la voce degli oltre mille Vignaioli Indipendenti di tutta Italia”.
La formula “mercato” con la possibilità di acquisto ha offerto uno spunto in più al pubblico di appassionati che in molti giravano con i carrelli pur tra lo strettissimo spazio risparmiato alle numerose file di banchi di assaggio ed esposizione. Prezzi vantaggiosi per l’acquisto diretto e in generale un rapporto qualità prezzo veramente ottimale per molti dei vini presenti.
Pareri discordanti sulla scelta della disposizione dei banchi, volutamente non regolamentata per regione ma disposta in un continuo viaggio virtuale lungo la penisola. La scelta migliore ci è parsa quella di girare tra i banchi per una prima visione globale, un riconoscimento qua e là, un saluto veloce alle facce amiche, un’etichetta e una cantina già assaggiate, per poi cominciare il viaggio italiano alla ricerca di nuovi panorami vinicoli. Si sa, in questo tipo di manifestazioni affollate e caotiche, la degustazione in sé perde il metro di giudizio, ma per una prima conoscenza e due parole faccia a faccia con il produttore (soprattutto se piccolo) è la soluzione migliore. Tanti biglietti da visita e qualche crocetta sul taccuino appunti per il prossimo eno viaggio italiano per gli appassionati. Menzione di merito per aver ospitato una piccola scelta gastronomica offerta da “La Tradizione” di Roma, bottega di formaggi, salumi e specialità gastronomiche artigianali che ha recentemente rinnovato il suo spazio ristorante grazie alla collaborazione e consulenza in cucina con lo staff del ristorante bistellato “Il Pagliaccio”. Erano presenti il giovane chef Piero Drago e il suo secondo Jacopo Ricci. Abbiamo assaggiato degli interessanti tortelli ripieni di ragù di maiale e una selezione di formaggi che hanno fatto da base per gli abbinamenti con i vini in degustazione.
Una meraviglia questa antica cisterna che risale all’epoca augustea. Serviva ad approvvigionare l’acqua potabile alla flotta romana che stazionava nel porto di Miseno. Sorge sulla collina di Punta Penna e da qui partivano i canali che arrivano fino al porto. Un’opera colossale aperta in parte al pubblico. Unico neo la deturpazione delle costruzioni intorno che arrivano quasi a soffocare il monumento.
Asiago come si sa vive sul turismo e le stagioni sono alterne, nascono dei tempi morti che vanno riempiti. Alessandro Dal Degan e la sua brigata sono tutt’altro che sprovveduti, ma anzi molto accorti e si sono attrezzati per offrire una serie di servizi, per avviare una piccola ma eccellente produzione di qualità molto centrata sui prodotti del territorio. Visto il successo ecco completare l’offerta con un punto vendita gestito in proprio nel centro storico di Asiago: Gesmakh, che dà il nome a questa linea di prodotti e confezioni originali, sia dolci che salate. Una bella bottega di stile moderno alpino, piacevole e ricca di spunti golosi. E intorno ad Asiago troviamo qualche altra novità.
Competitività al primo posto! Questo il primo obbiettivo della nuova Presidenza della Confagricoltura. A Mario Guidi succede Massimiliano Giansanti, romano, di famiglia di imprenditori agricoli (ricordiamo la madre Marina Di Muzio per il suo forte impegno in favore delle donne nell’agricoltura) con aziende in provincia di Roma, Viterbo e Parma. Nel suo primo discorso ha sottolineato l’esigenza che l’Agricoltura Italiana ha di evolversi con tecnologie moderne ed essere sempre più competitiva. Con Lui abbiamo in particolare organizzato un evento sulla pizza a Milano durante l’Expò al quale si riferiscono queste immagini e lo abbiamo sempre trovato sensibile al mondo della ristorazione. La cucina italiana sta consocendo un forte sviluppo a livello mondiale e sarebbe un peccato non starle dietro con i nostri grandi prodotti agricoli. Siamo convinti dell’impegno al riguardo del nuovo Presidente al quale facciamo i nostri migliori auguri.
Due Maghi sono spariti ieri. Uno era “noto”, l’altro notissimo. Partiamo dal primo, Bob. Grafico, Fotografo, Incantatore, con le sue foto senza orpelli e ridondanze entrava nell’anima del piatto, il suo segreto? aveva un gran palato che gli faceva capire dove era la vera anima della ricetta. Per me un esempio, un amico, e un insegnamento: nella vita è importante mai tirarsela troppo e l’autoironia in questo aiuta. Bob ci mancherai, e non solo a Natale quando gli unici auguri aspettati originali e sensati erano i tuoi.
Il secondo era un Mago vero, ha incantato i ragazzi nel programma televisivo più lungo e fortunato della storia della nostra televisione, ma era anche lui persona schiva e un gran palato. Pochi l’hanno ricordato per questo eppure Cino (Felice) Tortorella è stato un grande anche in questo campo. Per oltre dieci anni il suo articolo apriva Grand Gourmet. In genere un ristorante “del cuore” con una lunga intervista dove trapelava il suo approccio rispettoso, ma arguto e competente. Io avevo una modesta pagina in fondo alla rivista, per me era un mito! Ringrazio Enrico Guagnini, allora direttore di Gran Gourmet (poi seguito da Fiammetta Fadda), d’avermelo presentato e fatto conoscere.
Due Maghi sono spariti ieri, ma essendo dei Maghi, ci hanno lasciato i loro sortilegi, memorie e ricordi che non scorderemo.
E qui le ultime immagini, gli ultimi ricordi. Dall’intervista alla Radio, al Metropole dove venimmo a fine anni settanta e che ovviamente è un pò cambiato. Dalla colazione del mattino all’Hotel Marco Polo, agli utlimi assaggi del Maritozzo gourmet. Non dimenticando i sigari e la bella atmosfera della cigar room.
Lungo la via forse più trendy di Mosca si alternano i locali, ma questo si distingue: piccolo, in una piccola struttura separata con dehor in stagione, sembra una casetta sopravvissuta attorniata dai palazzi intorno. A gestirla due fratelli gemelli bravi modesti e simpatici che ti accolgono come se tu fossi un parente che non vedevano da tempo e ti fanno sentire proprio come a casa. Intorno anche l’ambiente, semplice e casalingo, è in sintonia, e anche i prezzi alla fine rimangono abbordabili considerando la qualità di quanto servito. E’ stata l’esperienza di cucina “russa” migliore da noi provata, e consigliamo a tutti di provarlo. C’è passione, c’ è l’orgoglio delle proprie tradizioni, c’è anche una buona ricerca e sforzo di presentare le pietanze in modo moderno, alleggerito, senza troppe sbavature e intingoli. Ottimi gli stuzzichini iniziali, il fantastico burro, il buon pane (anche se in Russia sembra non amino la crosta). Piatti vegetariani si alternano a quelli di mare (che ci sono sembrati i migliori) e di carne, per concludere gli assaggi con due dessert giocosi, soprattutto gradevole la “dinamite”. Le sfumature dolciastre sono quelle più amate in città e anche qui la fanno un pò da padrone, ma nel complesso un pranzo più che accettabile, interessante per i contenuti e gradevole per il servizio e l’ambientazione.
Forse era il momento giusto, poi sono arrivate le sanzioni, morale è scattato l’orgoglio russo in cucina creando un movimento teso a riscoprire le proprie radici, a ricercare prodotti ormai dimenticati, a ritrovare abbinamenti e sapori che sembravano desueti. Si avverte questa nuova tendenza andando in giro per la Capitale, e questo White Rabbit ne rappresenta la punta, il locale più rappresentativo, il più ambizioso nel cercare di riproporre il passato in veste moderna e spendibile anche verso il mondo esterno. Dietro c’è un investimento non da poco: gli ultimi due piani di un moderno palazzo nella parte forse più elegante in città, con una grande cupola che separa la sala dal cielo e lascia vedere la città illuminata. Accueil con bella presenza, divanetti soffici, lusso nei dettagli, il White Rabbit non si fa mancar niente rispetto ai canoni del ristorante di lusso. Vladimir Mukhin, il celebrato chef, propone un menù degustazione a 130 euro, e un menù alla carta con una scelta (che ci sembra esagerata) che supera largamente il centinaio di proposte. Con degli amici ne abbiamo provato parecchie, battendo la via del mare (capesante, gamberi, granchio reale, merluzzo, storione ecc..) o della carne (cervo, anatra) ma con risultato pressocchè identico e largamente insoddisfacente. Piatti non curati e di modesta presentazione (salvo il cervo), cotture tutte oltre il punto, sapore dolciastro che alla fine uniforma ogni assaggio e rende la cena monotona e stancante. Modesti anche i dessert finali, e visto anche la pretenziosità del contesto, sono criticabili altri particolari come la povertà degli stuzzichini iniziali e della piccola pasticceria, la supponenza del servizio (con il cameriere del nostro tavolo che non parlava nemmeno l’inglese). Saremo forse capitati nella serata sbagliata, di certo è che il 18simo posto nella 50 best ci sembra decisamente fuori luogo.