Il centro storico di Pavia è tra i più affascinanti d’Italia e questo locale non è da meno. Per ampiezza impegno e valore della ristrutturazione (prima qui c’era una banca) ha ben pochi rivali negli ultimi tempi per quanto visto in giro. La lunga sala del lato bistrot è bellissima, la sala gourmet interna altrettanto con un’ulteriore chicca, anzi due: al piano inferiore la bellissima cantina nel vecchio caveau della banca, e intorno le salette raccolte e romantiche dove si assaggiano le portate dolci. Anche la cucina non è da meno, molto ben attrezzata e completamente a vista con la table dello chef posta di fronte. La ristorazione vede l’esperto Andrea Ribaldone come chef consulente e come chef resident il giovane e bravo Federico Sgorbini mentre in sala è l’altrettnato giovane Mirko Chiora, che ci ha fatto assaggiare una serie notevole di vini curiosi e particolari. La cucina si destreggia, non ha un compito facile, un locale come questo le ambizioni ce l’ha come per altro è logico e giusto e quindi le aspettative non sono poche. Ovviamente si mangia bene e con una cucina di livello che spazia con abilità tra cerne e pesce senza trascurare il vegetale. Qualche piatto arriva però apparentemente non completo o a volte frettoloso: il porro sommerso dalla crema di porcini, i dumpling un pò scivolosi, le orecchiette con troppe creme e si perde un pò la consistenza ed infine i dessert non proprio all’altezza. Federico ci sembra molto capace e valido, la brigata forse un pò troppo esile, ma se aggiustata potrebbe espriemrsi sicuramente a ben più alti livalli (ad Andrea Ribaldone non mancano esperienza e larghezza di vedute e a Federico Sgorbini la valenza tecnica e le capacità). Il locale è così bello e gradevole che non vediamo l’ora di tornare per registrarne la crescita.
Ristorazione&Ospitalità
Nel mezzo della Lomellina un buon albergo conveniente e confortevole offre un bistrot per tutte le ore pulito ed ordinato e cela al suo interno una saletta gourmet che non ti aspetteresti. Pochi tavoli (comunque tutti pieni anche di lunedì sera) ben serviti e seguiti da Benito Langella ed Annalisa Magri, ed una cucina di notevole livello. Abbiamo preso il menù degustazione (altamente consigliabile) che per ricchezza di dettagli, ampiezza e varietà, conferma le buoni doti dello chef rigels Tepshi di origine albanese, e di tutta una brigata, perchè in pochi sarebbe impossibile proporlo. Infatti ad aiutare Rigels è Carlo Sacchi, sopratutto ai secondo, Isaac Bonandini ai primi, Michele Russo agli antipasti, Alessandro Moretto alla pasticceria ed in effetti l’avevamo già incontrato ad Emergente Pastry doveva aveva fatto un’ottima figura. Ottima tecnica negli stuzzichini e poi una serie di portate che trovano nei piatti di carne (oca, maialino, scamone) l’eccellenza, meglio il risotto degli ziti e un pò scivolosi e coperti i due piatti di mare. Si torna in alto con la pasticceria, dolce non dolce, di Moretto. Una bella cena veramente.
Un piccolo locale senza pretese questo “Al Callianino” in val d’Alpone, però poi alla fine si scopre che il giovane chef Alberto Mori qualche carta da giocare ce l’ha. I suoi piatti tentano un percorso alternativo pur nella semplicità (e nei prezzi) di un bistrot, e se non fossero così necessariamente frettolosi, sarebbero sciuramente ancora più interessanti. Siamo qui ospiti di Papà Maurizio e figlia Tanita, grazie all’amico Riccardo Penzo che ci ha fatto scoprire questo posto poco conosciuto e un pò nascosto. Si beve, bene, grazie a Fongaro.
In occasione di Emergente Pastry il team di IRCA guidato da Edoardo Freddi ci ha portato (i concorrenti e noi) in un semplice ma piacevolissimo bistrot, anzi possiamo dire Bacaro, in quanto prende nome e stile da Venezia. Assaggi di cose semplici con qualche piatto più rifinito e soprattutto un’ottima selezione di vini che merita la citazione. Ci sono anche tante selezioni di buoni prodotti che fanno colore ed allegria. Insomma ci si sta bene, l’ambiente giovanile e le chicche non mancano, perfino le moleche in stagione! Poi ricordiamo ancora la bella villa di Ilario Vinciguerra che ci ha ospitato più che degnamente la successiva serata. Gallarate: una cittadina con alternative completamente diverse, e diversamente interessanti.
Dal casello di Sirmione si vede in lontananza la storica torre della battaglia di San Martino e proprio di fronte è questa ampia struttura. Comodissima, con parcheggio e accoglienza cortese. Un locale funzionale che fa una cucina basica: primi della casa e carne alla griglia, ma che propone una buona scelta delle materie prime e un’ attenzione per farti stare bene. Ospiti di Luca Formentini e Costantino Gabardi, abbiamo abbinato al buon cibo delle ottime etichette di Luca (Podere Selva Capuzza).
Un piccolo borgo sulla strada del vino, e un piccolo ristorante. Piccolo ma grande perchè ALessandro Bellingeri è un chef non molto mediatico, ma di grande talento. Basterebbe assaggiare la sua nuova serie di prodotti “A Mano”, uno più buono dell’altro, oppure ancora meglio prendere il suo menù degustazione che coincide con la carta e costa in base al numero di portate. La sua è una cucina non banale, molto tecnica, e molto precisa (basterebbe vedere la finezza dei ravioli, o la cura delle presentazioni), eppure nonostante il gran lavoro della brigata i piatti sembrano spontanei e apparentementi semplici come per altro l’ambiente e l’arredo che sembrano quasi non rincorrere particolari ambizioni che invece ci sono e sono ampiamente motivate dalla qualità dei piatti e dalla ricchezza dei dettagli (basti pensare all’ottimo pane e grissini, agli stuzzichini e alla pasticceria finale). Insomma un ristorante che si rivela a tutto tondo con una serie di proposte dove è persino difficile dire la migliore anche se il cavolo nero arrostito ci ha pienamente convinto. Forse quello meno brillante cì è parso il primo con degli agnollotti di grand efattura ma un pò troppo coperti. E l’ultimo plauso va alla serie dei dessert buoni e di vario genere.
Stefano Callegari è sempre più eclettico. Ha conquistato la sua notorietà con la pizza, poi la fama mondiale con il Trapizzino, ora chiude il cerchio con questo locale in un certo senso innovativo. Cucina tradizionale, ma non solo, cucina romana ma non solo: al centro del progetto è sicuramente la voglia di far star bene il cliente nel modo più diretto e semplice, con prodotti buoni, cibo buono, quantità pantagrueliche. In questo si riflette il pensiero e la pancia di Stefano che da sempre lo contraddistingue, ogni ricetta è sopra le righe, ogni porzione è esagerata: con una polpetta potresti fare un piatto, il suo “tortellino” poi riempie un piatto da portata. Però è indubbio che la clientela ama questo genere che va controcorrente ad una linea salutistica che va’ alla grande al giorno d’oggi ma che spesso rimane asfittica e avara di sapori, ed è ben lieta di affrontare un etto e mezzo di pasta che si raddoppia con l’intingolo. Incredibilmente poi i prezzi rimangono concorrenziali con quei ristoranti di cui sopra che ti portano magari uno spaghetto arrotolato con due piselli a complemento. Qui invece la gente viene e ritorna contenta. Da non perdere secondo noi il baccalà panato ed il pollo alla cacciatora, qualche (anzi parecchie) perplessità ce l’abbiamo sul tortellino sopra citato, ma è il piatto di maggior successo e questo la dice lunga sul pensiero di noi critici. Ad aiutare Stefano nel progetto il bravo Enrico e Perla Ambrosetti che da tempo gestiscono con successo il Bistrot Farneto. A completare l’offerta gastronomica una più che buona selezione di vini, anche questi proposti con un prezzo corretto.
La festa degli auguri a Palazzo montemartini è sempre qualcosa di diverso ed originale. Proprio per questo cerchiamo di non mancare mai. Questa volta era dedicata all’arte con i quadri che spiccavano in un ambiente reso rosso da un’illuminazione particolarmente suggestiva. Anche gli assaggi proposti dallo chef Alessandro Tognacci, serviti con varietà e buon ritmo, erano impreziositi da pennellate di salse colorate. Il tutto per un incontro natalizio allegro e gradevole, sperando che il Covid non ci rovini le feste. Ringraziamo l’efficiente Lucilla De LUca per il gradito invito.
Elena Angeletti è tra le personalità di spicco dell’ospitalità dell’Umbria, sia per l’albergo del quale è titolare (lo storico Fontebella di Assisi, ma soprattutto per l’energia e la passione che riversa nel lavoro. Sembra avere sempre una marcia in più e trasmette l’allegria ai suoi ospiti e ai suoi collaboratori. Da qualche tempo poi è arrivato Lorenzo Cantoni, anche lui non passa inosservato. Ha il pallino dell’olio evo, ne ha fatto il distintivo della sua professionalità e nel suo menù ad ogni piatto è abbinato un olio preciso. Con questi due personaggi come protagonisti è chiaro che di conseguenza anche al Frantoio, ristorante dell’albergo, non si serve un menù banale. I menù in realtà sono tre- Il primo, più tradizionale, dedicato all’Umbria. Il secondo vegetariano (da lodare per la sua varietà di soluzioni) dedicato ad Elena (Elly), il terzo è quello più creativo dove lo chef ci mette la firma (Ello). Ed è proprio quest’ultimo che ci è stato servito in una bella serata con dei cari amici abbinato per giunta ai vini che Elena segue (la famiglia è sommelier da generazioni), ed è da segnalare l’ottimo sagrantino (Elena produce anche una buona birra). I piatti confermano le qualità dello chef che si destreggia su vari fronti (l’ottimo pane, gli stuzzichini, il pesce d’acqua dolce, le carni e la selvaggina, oltre alle già citate verdure) con indubbia capacità, dispensando ampi e rotondi sapori (a volte un pò troppo ridondanti). Unica pecca, il capriolo ottimo ma troppo sapido, e i dessert migliorabili.
Perchè ci è piaciuto? Perchè è un locale a tutto tondo. Bella la posizione, in un angolo appena fuori dal centro storico, ma accanto al passaggio per la vicina chiesetta sopra il canale evoca racconti antichi ed infatti qui veniva pure Donizzetti. L’oste, Marco Carminati, è un personaggio verace, ingegnere chimico, poi grande appassionato in giro a visitar le stelle (quelle della Michelin, e ne ha visitate centinaia); lo chef, Filippo Cammarata un siciliano nato a Bergamo, rotondo di fattezze, di cuore e anche nei sapori dei suoi piatti. La sala rinnovata è in buon equilibrio tra funzionalità moderna e atmosfera d’antan, i piatti come dicevamo sopra sono golosi, una specie di barocco siciliano trasportato in Lombardia. E’ uno chef che lavora per il palato della sua clientela e non inseguendo una solitaria avventura. Tra le cose migliori citiamo l’animella e i ravioli, e il dessert al quale diamo la copertina. La cosa che meno ci è piaciuta sono forse gli gnocchi un pò evanescenti.