Da qualche tempo non c’è più la gestione diretta di Alessandro Gilmozzi, ma l’attuale chef e gestore, Nicolò Zampieron, solo 31 anni, si dà veramente da fare. Le sue ricette cavalcano il filone tradizionale e i prodotti del luogo, ma (pur con qualche intingolo di troppo) si fanno apprezzare per godibilità al palato e pienezza del gusto. Se a questo aggiungiamo la piacevolezza dell’arredo, la storicità del locale, e l’ottimo servizio di Manila in sala, possiamo dire che il bistrot non demerita ma rappresenta un’alternativa valida al più ambizioso ed impegnativo Molin di Alessandro Gilmozzi.
Ristorazione&Ospitalità
L’unico,forse, difetto è che si scende e quindi ci si lascia alle spalle il verde della Vallata (ma non al punto esterno dello Street Food, molto gradevole). Però Danilo e Luisa dentro hanno reso l’ambiente moderno e accogliente, funzionale e confortevole come la loro cucina: semplice e lineare, quasi didascalica, dove è difficile sbagliare. Anche se poi la cosa più buona è quella iniziale, un amouse bouche un pò lavorato ma delizioso, una briciola rispetto al resto (migole=briciole in dialetto).
Un albergo storico che Ingrid Vanzo fa vivere bene con cortesia e simpatia. E aggiunge al colore e al fascino del tempo il bistrot Dante, di fronte, che è invece all’opposto, modernoe trendy. COme dire che all’Hotel Stua non ci si annoia.
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la struttura, in pieno centro
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l’ingresso
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il ristorante
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una delel camere
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la sala colazioni
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da vicino
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un’offerta varia
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le briochef
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dolce della casa
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la titolare, Ingrid Vanzo
Com’era una volta la vallata ce lo racconta e ce lo fa rivivere con garbo Patrizia Braito, titolare con la sorella Monica di quest’albergo, Maria a Carano, che sembra un pezzo di storia vivente. Un’accoglienza che non può non piacere a chi arriva da lontano e che ripercorre le tradizioni di una volta. A tavola gli ingredienti risultano anche buoni, mentre qualche ricetta rimane ridondante. Menzione speciale per i formaggi del Maso Santa Libera, veramente notevoli e anche questi ben presentati.
L’Hotel La Roccia per posizione, panorama e completezza dell’offerta si pone in prima linea nel quadro dell’ospitalità della Valle. Un investimento importante portato avanti con coraggio e lungimiranza da Paolo Gilmozzi, un imprenditore che sa guardare avanti. Anche perchè non è solo ed ha la fortuna che i due figli, Simone e Federico, in cucina ed in sala, si impegnano anche loro in prima linea. La cucina è da bistrot: materica, con proposte che potrebbero essere dei piatti unici, dove si mescolano allegramente piatti di varia regionalità e non solo. Infatti la cosa migliore ci è sembrata il burritos di camoscio.
La Val di Cembra è attivissima grazie anche ad un gruppo coeso di persone che cercano di spingere il territorio ad esprimere il meglio. Vini e distillati sono senza dubbio noti anche lontano della valle, ma per chi viene in zona manca il ristorante di riferimento. Meglio crearlo quindi, così con l’aiuto anche di Alessandro Gilmozzi del vicino Molin di Cavalese (la Val di Fiemme è accanto), ecco sorgere questo Ca’ dei Volti, proprio al centro di Cembra, grazie ad un bel recupero di uno spazio disponibile. Qui è arrivato Guglielmo Baron, a lungo souschef di Alessandro, chef quindi di un notevole potenziale che crediamo nel tempo si esprimerà come si deve. Per ora gli assaggi migliori ci sono sembrati la lattuga e i buoni dessert. L’accoglienza in sala è ancora un pò da mettere a fuoco. sono tutti molto giovani e speriamo che cresceranno in fretta.
Un locale giovane come sono giovani loro: Simone Dellantonio in cucina e la cugina Valeria in sala. Alle spalle di Simone una buona esperienza e una famiglia proprietaria di una storica macelleria della valle. Va da sè che i piatti di carne la fanno da padrone ed in effetti sia la carne cruda che, soprattutto, la costina, sono veramente buoni con quest’ultima accompagnata da una deliziosa polentina. Meno coinvolgente il resto, ma il tutto è ben presentato da Valeria, non ancora esperta, ma che già dimostra di essere a proprio agio in sala.
Le Fate si sa non stanno dietro l’angolo, ed infatti la loro Baita è discosta, in un luogo un pò impervio e fuori mano: la Valfloriana. Come ogni fata che si rispetti, non mancano le sorprese, la più curiosa è l’allevamento di Alpaca, che è quasi adiacente alla baita. Dalle Ande alle Alpi, sembrano aver mantenuto tutti i loro pregi, non solo la morbida peluria, ma anche il buon carattere e la socievolezza (sono amate dai bambini). La Baita è invece il sogno di Simona e Massimo, due emiliani capitati qui quasi per caso, poi si sono innamorati di questo posto e gli hanno conferito un pizzico di magia e notorietà. Il risultato si vede, la Baita lavora a ritmo intenso ed il paese è diventato molto più conosciuto e frequentato. Speriamo che ringrazi lo sforzo di chi ci ha creduto. In cucina dovrebbero fare cose semplici, ma ogni tanto le fate prendono la mano e non sempre i gusti tornano, però ci si sta d’incanto persi in un panorama senza fondo.
Umberto Montano con tenacia e pazienza sta portando avanti (e non è facile con la pandemia di mezzo) il suo disegno: Un Mercato Centrale nei punti chiave delle grandi città. Il Mercato è sempre stato il punto di ritrovo e riunione di ogni popolazione. Da tempo quelli comunali sono in declino perchè ormai è il consumo in loco la scelta obbligata e non quella della spesa che si farà sempre di più senza muoversi da casa. Eccoci a scoprire le meraviglie del nuovo Mercato Centrale a Milano, adiacente al binario 1 e poco meno lungo. Due strati di attrazioni gastronomiche: i fiori della Piccinni, le empanadas di Perdomo, il pane di Longoni, gli ottimi dolci della Martesana della famiglia Santoro, le buoni carni di Savigni (e sopra quelle di Bastianich), e ancora vini e birre in ogni dove. L’unica difficoltà è che per menù completo (un pesce, la carne, il pane, il dolce, il vino e il caffè) ti devi alzare sei volte, o meglio trovi qualcuno come Francesca Martire che ci ha simpaticamente servito al tavolo. L’alternativa comoda c’è: il ristorante classico, ma è un pò in fondo e defilato. Tra le mille e una proposta c’è anche una chicca: la pasticceria di pesce di Jérémie Depruneaux. Abbiamo ad esempio assaggiato il Cannolo siciliano con crema di ricciola e liquirizia , mandorle, pistacchi salicorniq e limone candito; la Tartelletta di anguilla affumicata con pepe di Sichuan e ribes; il Macaron con crema di gamberi al grand marnier con arancia. I primi due una curiosità, l’ultimo (il Macaron) decisamente buono. Comunque c’è venuta la curiosità di provare il suo fish bar al centro.
Cibo Benessere ed Etica, se ne parla a Teramo in un convegno organizzato dal Comune con l’Università e la regia di Antonio Paolini. La scena è tutta per Massimo Bottura e Niko Romito assieme sul palco, mentre Heinz Beck all’ultimo momento ha dovuto dare forfait e si è collegato in remoto. I video presentati hanno ampiamente documentato il loro lavoro nei vari campi, Beck a stretto contatto con il mondo ospedaliero, Bottura con la battaglia contro gli sprechi e i suoi Refettori sparsi nel mondo, Romito con i suoi approfondimenti sui menù della ristorazione collettiva. Mauro Serafini, professore nutrizionista ha commentato da un punto di vista scientifico e le centinaia di persone presenti hanno capito che alcuni chef non solo fanno ottime ricette ma cercano di affrontare le grandi problematiche della salute e del sociale. Piacevolissima poi la chiusura della serata al Cipria di Mare con Massimo Bottura e Niko Romito allegri e rilassati. Menù firmato dallo chef residente Alessandro De Antoniis e Sabatino Lattanzi. Ringraziamo il sindaco Gianguido D’Alberto e l’assessore Antonio Filipponi per il gradito invito.