Ventesima edizione di Capolavori a tavola, organizzata come sempre da Simone Fracassi: un esempio di come con determinazione, testardaggine (e un pò di incoscienza), una persona di valore riesca a smuovere e a trascinare un territorio, nel caso nostro il Casentino, splendido, orgoglioso della sua peculiarità ed eccellenza, ma forse proprio per questo poco aperto verso l’esterno. Anno dopo anno Simone è stato capace di far arrivare qui personaggi di valore nel settore enogastronomico che non poco hanno contribuito alla sua crescita. Gli ultimi anni, per colpa del covid, sono stati particolarmente impegnativi, ma Simone è uno che non demorde. A lui va tutta la mia stima ed il mio affetto per quello che è riuscito finora a realizzare. Speriamo che continui, magari aggiornando un format che a volte sembra distrarre troppo dagli obbiettivi della manifestazione.
Porzioni Cremona
Festa del Grano a Bosco e brindiamo con Giorgio Agugiaro (in rappresentanza di Agugiaro&Figna) e tanti altri amici tra i quali Maurizio Beccafichi dell’Università dei Sapori di Perugia e Edoardo Cicchinelli di Ethical Food, a questo Molino che ha fatto una scelta ben precisa verso la totale sostenibilità. Le farine Molini Fagioli seguono un disciplinare tecnico preciso, che non riguarda solo la produzione e la sua qualità, ma coinvolge ogni passaggio di questa filiera, preservando le persone che lavorano, l’ambiente, gli animali e le piante, creando una rete di persone che si dedicano a un territorio.
Emergente Pastry avrà in autunno il suo primo evento in presenza. Nel frattempo abbiamo realizzato il secondo incontro via web dedicato al dessert in delivery (il primo era stato realizzato prima di Natale scorso). In gara sette pasticcieri:
• Irene Tolomei di Villa Crespi** a Orta San Giulio (NO),
• Aniello Iervolino del Ristorante Indaco* presso l’Albergo Regina Isabella a Lacco Ameno (NA),
• Maicol Vitellozzi del ristorante Del Cambio* a Torino,
• Maria Novella Salani di Peter Brunel Ristorante Gourmet*ad Arco (TN),
• Laura Polato di Tenuta Le Cave a Tregnano (VR),
• Diego Borgonovi di DanielCanzian * Ristorante Milano
• Andrea Cingottini di Acquolina Restaurant* a Roma.
che hanno realizzato 2 elaborati di pasticceria: uno moderno ed uno da forno che sono stati recapitati ad altrettanti giornalisti. A giudicare il tutto, da remoto, quindi non per decretare il miglior dessert in assoluto, due giudici d’eccezione: Emanuel Mugnier dell’Ecole Ducasse, e Rory Bruce co-owner di Babington’s un affascinante locale storico a piazza di Spagna. fondato a fine ottocento e da allora sempre appartenuto alla stessa famiglia. E qui abbiamo brindato e assaggiato la torta della Regina Vittoria, preparata dalla giovane Flavia Maddalena, dedicata alla Regina Vittoria.
Una vecchia cava sulle colline della Valpolicella è stata splendidamente ristrutturata per ricavarne un resort particolare. Ognuna della camere ha uno stile diverso con arredo originale, e l’insieme si presenta arioso, con grandi spazi e vista che spazia sull’orizzonte. Intorno è l’azienda agricola che produce olio, buono, e vini, interessanti, eleganti e moderni. C’è anche una ristorazione che ci è sembrata valida: chef Fabio Aceti, con lui Nicola Paghera e Laura Polato in pasticceria. Un posto quindi gradevole per tanti aspetti, eravamo solo per una degustazione, ci torneremo con curiosità per viverlo più pienamente come merita.
Non c’era Stefano Callegari ma la sua firma rimane su ogni ricetta. Siamo a Sforno, storica ormai pizzeria di Roma che per l’appunto ha fatto conoscere a tanti appassionati il nome di Stefano, poi reso celebre dal format “Trapizzino” che è andato in giro per il mondo. E appunto in giro per il mondo è una serie di pizze che prendono spunto dalle tante contaminazioni e combinazioni che la pizza può trovare all’estero. Sforno riapre rinnovata dopo la chiusura per il Covid con un locale essenziale accogliente e con i pizzaioli di sempre: Fabio Monosilio ed Emanuele Bertozzi, in sala Daniele Pace, mentre co-titolare con Stefano è Alessandro Vacca. Assaggiamo un ottimo supplì, anzi due, il classico e il cuor di bufala, gustosi e croccanti. Due pizze a seguire, la classica marinara e l’ottima AndriaCapri con una serie di pomodorini sensazionali, anche se l’impasto stavolta ci sembra leggermente più pesante. La vera novità sarà per l’autunno, quando aprirà nel vecchio locale adiacente l’area Aperitivi con una serie di sfiziosità ed una carta importante di bollicine e vini.
Fuggiamo al gran caldo per approdare al fresco della spiaggia di Ostia. Qui al Capanno, proprio in riva al mare (è anche stabilimento) è arrivato Pier Daniele Seu che proprio a livello sabbia propone le sue pizze mentre al piano di sopra rimane il ristorante con lo chef Simone Curti. La cornice è un pò basica, ma l’aria fresca del mare è veramente piacevole, il servizio molto attento. Buona, per una pizzeria, la scelta dei vini, e c’è anche un bravo bartender. Al Capanno troviamo un Pier Daniele Seu in versione pizza romana croccante con panetto leggero di 140gr. E lo troviamo in gran forma: l’impasto è sottile leggero ben cotto, le guarnizioni studiate, varie, con ottimi ingredienti. Tre pizze assaggiate, tutte e tre più che buone, con quella cicoria primo sale e pomodori secchi (non c’è la foto) sugli scudi.
Terra di confine, un pò Umbria, un pò Toscana, un pò Lazio (al quale poi appartiene) Torre Alfina domina questo piccolo altopiano che vede l’Amiata sullo sfondo. Un bellissimo paesaggio e una bella campagna dove oltre 15 anni fa sono arrivati Chiara e Marco Carbonara lombardi (chi sa come l’hanno scovata!) e pian piano hanno recuperato un vecchio stabile e poi si sono allargati. Ora hanno quasi cento ettari che gli permettono di coltivare con larghezza i loro sogni. Innanzi tutti gli animali, 2000 galline e 4000 polli ai quali si aggiungono anche altri animali da cortile, e poi ancora pecore, capre e maiali (circa 200 per ogni genere), e tutti vivono all’aperto godendosi prato e natura. Vendon (anche a noti ristoratori) le carni, gestiscono una bella sala dove i tavoli sono distanti, e dove in cucina troviamo una brigata giovanissima piena di buoni propositi. D’altronde con tutto questo ben di Dio intorno non è difficile fare cucina. Però loro indubbiamente ci mettono una marcia in più. Lo chef è Tommaso Tonioni, già all’Enoteca Achilli coadiuvato da Leo Di Martino, uno chef legato alle radici (anche storiche) del territorio. Gli assaggi sono una piacevole conferma, una cucina di sostanza, che rispetta la materia prima, una cucina molto ricca (fin troppo a volte) di sapore e di gusto, a ricordare forse quella del contado in festa. Una cucina che a prima vista sembra quasi semplice, ma che invece riserva sorprese ad ogni assaggio.
Che bello tornare a Verona!, un paio di anni dall’ultimo Vinitaly, e ritrovarsi in un ambiente che conosciamo da così tanti anni. Le bevute leggendarie alla Bottega del Vino, le cene eleganti del Desco, il pesce e le bollicine di Al Cristo….insomma tanti bei ricordi! Proprio Al Cristo siamo diretti per una cena, ben organizzata da Lavinia Furlani, con i vini di Zaccagnini, un’azienda forse più nota all’estero che in Italia nonostante i sei milioni di bottiglie, perchè alla fine ne rimangono poche dentro ai nostri confini. Ed è un peccato in quanto sicuramente il trebbiano ed il montepulciano vengono proposti attraverso varie etichette con stili differenti e convincenti. Un’azienda che poi si sa ben raccontare, basta sentire le storie di Concezio Marulli e le argomentazioni di Enzo Vogliolo. Insomma una bella serata davvero!
L’altro giorno a Verona era veramente presente il meglio del vino d’Italia, non solo come etichette, ma anche per la larghissima presenza dei titolari della Cantine. Vedersi servire il vino nel calice direttamente da Matteo Lunelli (CEO di Ferrari) fa la differenza! E, altra cosa importante, senza affollamenti pericolosi in questo periodo, ma anche d’intralcio per i potenziali scambi di idee e vedute. Parlando con Stevie Kim (export di Vinitaly) e i tanti produttori incontrati c’è fiducia ed ottimismo. Il vino insomma sta ripartendo, speriamo che come tante altre volte trascini con sè l’intero comparto agricolo. Da Operawine un segnale di indubbia fiducia. Ringrazio Antonio Scuderi della cortese accoglienza ricevuta.
Radici, questo il nome del bel resort Borgo Chiaracia, allungato nel verde dell’altopiano che divide il Lazio dall’Umbria. Un nome evocativo, per altro molto usato a qualsiasi parallelo, le radici sembra che stiano a cuore agli chef come alla loro clientela. In questo caso siamo di fronte ad una cucina di buona tecnica, varia e ben eseguita, che spazia in lungo e largo mostrando le doti di una brigata affiatata. Però non parliamo di radici, sia in senso stretto (nemmeno un tubero nelle ricette) sia in senso evocativo in quanto poi arrivano piatti con scarso legame con il territorio e quando questo esiste, vedi il maialino del posto, viene poi elaborato in un contesto completamente artefatto. I piatti migliori? l’ottimo piccione e il buon dessert al miele, mentre di fortemente negativo non c’è nulla se non una tendenza alla ridondanza delle ricette (troppo ragù nei cavatelli, troppa spuma di formaggio sull’uovo, troppa salsa sul maialino ecc..). Il servizio è efficiente e preparato, però poco coinvolto nella conduzione della cena, l’ambiente moderno e pulito, il dehor con il verde dei prati che si allunga verso l’orizzonte rende la serata ancora più piacevole. Era anche una serata dedicata agli Champagne Extrè, che sono ben 13 tutti diversi, tutti buoni, alcuni sopra le righe. Nonostante l’impegno della tavolata ci siamo fermati a 6 etichette. C’è spazio per un’altra serata!