Sarà la bella giornata complice, ma è difficle trovare delle pecche in un ristorante come questo che ti accoglie con la sua sala che è uno splendido jardin d’hiver, e un personale giovane e preparato a conferma della professionalità che la famiglia Alajmo trasmette ai suoi collaboratori. Il verde e l’orto intorno completano la cornice (e non lontano c’è pure un pollaio). Mancava in sala Michela Gobbo, ben sostituita dalla giovane Ilaria, sommelier verace, mentre in cucina il giovane Mattia Ercolino ben interpreta i fondamentali di Massimiliano con una proposta articolata, golosa che vuole dare all’ospite sapore e confort, limitando rischi ed avventure improvvide. Largo spazio alle verdure come è prevedibile dal contesto, ma anche la carne ed il pesce sono presenti e ben trattati. Il radicchio in tempura merita da solo un viaggio (partendo anche da lontano), ma il resto non è da meno, dalla succulenza dell’uovo all’ottima pollastra. Anche i primi sono buoni: la calamarata zafferanoe liquirizia un classico di Alajmo, i tortelli altrettanto golosi, meno ci sono piaciuti gli spaghettoni fin troppo ricchi di intingolo. Nel finale un elegante anche se un pò semplice tortino al cioccolato e un irresistibile dobos con granita di lambrusco. Ringraziamo Marisa Huff della compagnia,
Porzioni Cremona
Che siamo in Italia ce lo ricorda solo l’accento di chi ci accompagna nella visita (la gentilissima Serena) e la ristorazione (articolata in diversi punti: bar AMO; pizzeria al 4 pizze, mensa La Serra, gourmet Le Cementine, tutte sotto la gestione della Famiglia Alajmo). Per il resto sembra di stare in California, sia per la bella giornata di sole in un autunno che sa di primavera, sia per l’ampiezza degli spazi, la vastità del progetto, l’internazionalità delle presenze, la molteplicità degli insediamenti, il coraggio di guardare al futuro. Incubatore di avventure tecniche, vivaio di startup, sede di corsi di formazione, e tante altre cose ancora, H Faem è uno di quei luoghi che non finiscono mai di sorprenderti e ti fanno sentire orgoglioso di essere in Italia.
Il centro storico di Pavia è tra i più affascinanti d’Italia e questo locale non è da meno. Per ampiezza impegno e valore della ristrutturazione (prima qui c’era una banca) ha ben pochi rivali negli ultimi tempi per quanto visto in giro. La lunga sala del lato bistrot è bellissima, la sala gourmet interna altrettanto con un’ulteriore chicca, anzi due: al piano inferiore la bellissima cantina nel vecchio caveau della banca, e intorno le salette raccolte e romantiche dove si assaggiano le portate dolci. Anche la cucina non è da meno, molto ben attrezzata e completamente a vista con la table dello chef posta di fronte. La ristorazione vede l’esperto Andrea Ribaldone come chef consulente e come chef resident il giovane e bravo Federico Sgorbini mentre in sala è l’altrettnato giovane Mirko Chiora, che ci ha fatto assaggiare una serie notevole di vini curiosi e particolari. La cucina si destreggia, non ha un compito facile, un locale come questo le ambizioni ce l’ha come per altro è logico e giusto e quindi le aspettative non sono poche. Ovviamente si mangia bene e con una cucina di livello che spazia con abilità tra cerne e pesce senza trascurare il vegetale. Qualche piatto arriva però apparentemente non completo o a volte frettoloso: il porro sommerso dalla crema di porcini, i dumpling un pò scivolosi, le orecchiette con troppe creme e si perde un pò la consistenza ed infine i dessert non proprio all’altezza. Federico ci sembra molto capace e valido, la brigata forse un pò troppo esile, ma se aggiustata potrebbe espriemrsi sicuramente a ben più alti livalli (ad Andrea Ribaldone non mancano esperienza e larghezza di vedute e a Federico Sgorbini la valenza tecnica e le capacità). Il locale è così bello e gradevole che non vediamo l’ora di tornare per registrarne la crescita.
Nel mezzo della Lomellina un buon albergo conveniente e confortevole offre un bistrot per tutte le ore pulito ed ordinato e cela al suo interno una saletta gourmet che non ti aspetteresti. Pochi tavoli (comunque tutti pieni anche di lunedì sera) ben serviti e seguiti da Benito Langella ed Annalisa Magri, ed una cucina di notevole livello. Abbiamo preso il menù degustazione (altamente consigliabile) che per ricchezza di dettagli, ampiezza e varietà, conferma le buoni doti dello chef rigels Tepshi di origine albanese, e di tutta una brigata, perchè in pochi sarebbe impossibile proporlo. Infatti ad aiutare Rigels è Carlo Sacchi, sopratutto ai secondo, Isaac Bonandini ai primi, Michele Russo agli antipasti, Alessandro Moretto alla pasticceria ed in effetti l’avevamo già incontrato ad Emergente Pastry doveva aveva fatto un’ottima figura. Ottima tecnica negli stuzzichini e poi una serie di portate che trovano nei piatti di carne (oca, maialino, scamone) l’eccellenza, meglio il risotto degli ziti e un pò scivolosi e coperti i due piatti di mare. Si torna in alto con la pasticceria, dolce non dolce, di Moretto. Una bella cena veramente.
Ci si inerpica per un breve ma ripidissimo tratto salendo gli stretti tornanti che portano all’azienda a su un breve pianoro ecco la struttura elegante e solare di Fongaro. E’ il regno di Tanita Danese, giovane instancabile ed appassionata titolare, che segue con determinazione e coraggio la strada intrapresa: vini spumanti di solo metodo classico, vini praticamente biologici visto anche la posizione quasi eroica dei filari, vini che offrono attraverso 6 tipologie un percorso completo per chi ama le bollicine. Siamo amanti dal pas dosè che qui è ben rappresentato e brindando con Tanita e l’amico Riccardo Penzo si discute delle potenzialità della denominazione Monti Lessini, in sicura crescita, ma con un potenziale ancora tutto da scoprire.
Un piccolo locale senza pretese questo “Al Callianino” in val d’Alpone, però poi alla fine si scopre che il giovane chef Alberto Mori qualche carta da giocare ce l’ha. I suoi piatti tentano un percorso alternativo pur nella semplicità (e nei prezzi) di un bistrot, e se non fossero così necessariamente frettolosi, sarebbero sciuramente ancora più interessanti. Siamo qui ospiti di Papà Maurizio e figlia Tanita, grazie all’amico Riccardo Penzo che ci ha fatto scoprire questo posto poco conosciuto e un pò nascosto. Si beve, bene, grazie a Fongaro.
In occasione di Emergente Pastry il team di IRCA guidato da Edoardo Freddi ci ha portato (i concorrenti e noi) in un semplice ma piacevolissimo bistrot, anzi possiamo dire Bacaro, in quanto prende nome e stile da Venezia. Assaggi di cose semplici con qualche piatto più rifinito e soprattutto un’ottima selezione di vini che merita la citazione. Ci sono anche tante selezioni di buoni prodotti che fanno colore ed allegria. Insomma ci si sta bene, l’ambiente giovanile e le chicche non mancano, perfino le moleche in stagione! Poi ricordiamo ancora la bella villa di Ilario Vinciguerra che ci ha ospitato più che degnamente la successiva serata. Gallarate: una cittadina con alternative completamente diverse, e diversamente interessanti.
Dal casello di Sirmione si vede in lontananza la storica torre della battaglia di San Martino e proprio di fronte è questa ampia struttura. Comodissima, con parcheggio e accoglienza cortese. Un locale funzionale che fa una cucina basica: primi della casa e carne alla griglia, ma che propone una buona scelta delle materie prime e un’ attenzione per farti stare bene. Ospiti di Luca Formentini e Costantino Gabardi, abbiamo abbinato al buon cibo delle ottime etichette di Luca (Podere Selva Capuzza).
Un piccolo borgo sulla strada del vino, e un piccolo ristorante. Piccolo ma grande perchè ALessandro Bellingeri è un chef non molto mediatico, ma di grande talento. Basterebbe assaggiare la sua nuova serie di prodotti “A Mano”, uno più buono dell’altro, oppure ancora meglio prendere il suo menù degustazione che coincide con la carta e costa in base al numero di portate. La sua è una cucina non banale, molto tecnica, e molto precisa (basterebbe vedere la finezza dei ravioli, o la cura delle presentazioni), eppure nonostante il gran lavoro della brigata i piatti sembrano spontanei e apparentementi semplici come per altro l’ambiente e l’arredo che sembrano quasi non rincorrere particolari ambizioni che invece ci sono e sono ampiamente motivate dalla qualità dei piatti e dalla ricchezza dei dettagli (basti pensare all’ottimo pane e grissini, agli stuzzichini e alla pasticceria finale). Insomma un ristorante che si rivela a tutto tondo con una serie di proposte dove è persino difficile dire la migliore anche se il cavolo nero arrostito ci ha pienamente convinto. Forse quello meno brillante cì è parso il primo con degli agnollotti di grand efattura ma un pò troppo coperti. E l’ultimo plauso va alla serie dei dessert buoni e di vario genere.
Stefano Callegari è sempre più eclettico. Ha conquistato la sua notorietà con la pizza, poi la fama mondiale con il Trapizzino, ora chiude il cerchio con questo locale in un certo senso innovativo. Cucina tradizionale, ma non solo, cucina romana ma non solo: al centro del progetto è sicuramente la voglia di far star bene il cliente nel modo più diretto e semplice, con prodotti buoni, cibo buono, quantità pantagrueliche. In questo si riflette il pensiero e la pancia di Stefano che da sempre lo contraddistingue, ogni ricetta è sopra le righe, ogni porzione è esagerata: con una polpetta potresti fare un piatto, il suo “tortellino” poi riempie un piatto da portata. Però è indubbio che la clientela ama questo genere che va controcorrente ad una linea salutistica che va’ alla grande al giorno d’oggi ma che spesso rimane asfittica e avara di sapori, ed è ben lieta di affrontare un etto e mezzo di pasta che si raddoppia con l’intingolo. Incredibilmente poi i prezzi rimangono concorrenziali con quei ristoranti di cui sopra che ti portano magari uno spaghetto arrotolato con due piselli a complemento. Qui invece la gente viene e ritorna contenta. Da non perdere secondo noi il baccalà panato ed il pollo alla cacciatora, qualche (anzi parecchie) perplessità ce l’abbiamo sul tortellino sopra citato, ma è il piatto di maggior successo e questo la dice lunga sul pensiero di noi critici. Ad aiutare Stefano nel progetto il bravo Enrico e Perla Ambrosetti che da tempo gestiscono con successo il Bistrot Farneto. A completare l’offerta gastronomica una più che buona selezione di vini, anche questi proposti con un prezzo corretto.