Ritrovarsi tra gli amici, ritrovarsi intorno ad un tavolo, ritrovarsi con grandi vini e ottime ricette. Dopo tanti mesi eccoci nuovamente a celebrare la convivialità intesa nel suo modo migliore in questa “secret place” del Pastificio dei Campi. Un posto unico soprattutto per il pensiero ed il cervello che è dietro: quello di Giuseppe Di Martino, grande imprenditore, ottimo intenditore di pasta e di champagne e non solo. La cosa che forse gli riesce più bene è proprio questa: di farci sentire meglio che a casa e di condividere con lui i sogni. Il suo, oggi, è quello di stupire il mondo nel luogo più difficile che ci sia: Manhattan, dove è passato e passa tutto e il contrario di tutto e dove non c’è più nessuno o qualcosa che possa far sbalordire. Però da come ci ha descritto il ristorante che a suo nome sta per aprire al Chelsea Market, crediamo che stavolta se ne parlerà a lungo, perfino a NY. Con noi a godere della piacevolissima serata: gli chef Peppe Guida praticamente di casa, i due giovani chef Alessio Rossetti e Matteo Limoli in partenza per la Grande Mela, la chef JRE Annet Teich di Montpellier. E come compagni di tavolo: Margherita Foglia, la bravissima assistente di Giuseppe (onnisciente sulla pasta, ma se la cava e come sullo champagne), Marianna Ferri, Riccardo Liberatori, Emanuela D’Ambrosi (Armatore), Antimo Caputo e signora e ovviamente Lorenza Vitali.
Porzioni Cremona
Due fratelli giovanissimi, Hannes in sala e Werner in cucina, gestiscono da poco tempo il tradizionale locale di famiglia. Werner è appena rientrato dopo aver passato anni in cucina importanti all’estero e quindi ha un bagaglio notevole. Quello che colpisce nell’ottimo pranzo che abbiamo fatto nella veranda con vista sulla vallata è l’eleganza e la leggerezza della sua mano. Una cucina apparentemente semplice, che è poi invece fatta di ottimi spunti tecnici e che lascia all’ingrediente principale raccontare la sua qualità accompagnandolo con piccoli e centrati aggiustamenti di gusto. Il locale è ancora, potremmo dire, una semplice trattoria, ma Werner secondo noi ha la stoffa per fare cose anche importanti, staremo a vedere.
Primo per la somma dei voti delle tre giurie (in particolare primo per la giuria tecnica e secondo per la giuria critica) il panettone di Salvatore De Riso vince il concorso internazionale organizzato dall’Accademia Maestri del Lievito Madre ad HOST. Eravamo nella giuria dei critici e dobbiamo dire che il livello medio è stato molto alto, superiore di grna lunga a quello delle passate edizioni, dove c’erano molti “alti e bassi”. Quest’anno si è arrivati alla finale dopo aver superato alcune selezioni e questo appunto ha giovato alla qualità della gara. Complimenti all’Accademia e a Micaela Scapin per l’organizzazione, complimenti a Salvatore De Riso che vede premiata la sua lunga e spettacolare crescita professionale. In giuria anche due persone a me care: Davide Oldani, chef sempre attneto alle tante facce del mondo della ristorazione che non esita a metterci la faccia, e Paco Torreblanca, un signore in tutti i sensi in questo settore. Il giorno prima abbiamo presnetato due dibattiti, il primo sulle nuove farine dedicate ai lievitati prodotte da Agugiaro&Figna, il secondo su “Diversamente Panettone” con interessanti interventi di alcuni esperti. E poi tanti gli assaggi e gli incontri ad Host. Uno per tutti: gli ottimi friarielli prodotti da Andrea Tortora.
Bella la grande showroom di Agnelli e chi ama la ristorazione non può non rimanere incantato dalla sequenza dei tanti rami, o pentole in alluminio o molto altro ancora. Orginale è anche il ristorante (aperto agli esterni) al primo piano. Minimalismo maniacale, pochi e spaziati tavoli per dare spazio alla cucina di Marco Stagi, grande esperienza in giro, in particolare con Perbellini, per approdare in questo spazio un pò sui generis che di certo non ti aspetti sopra una galleria espositiva e dentro un capannone. Per un piccolo gruppo di invitati (ringraziamo quindi dell’invito) è stata servita una cena molto curata nel servizio e nell’ambientazione. Prima una serie di fingers serviti nella showroom, per poi passare alla cena placèe dove lo chef ha dato sfogo alle sue indubbie qualità tecniche. Pur essendo un menù prestabilito per tutti i tempi sono saltati, (un segno che la brigata ancora non è ben oliata), ma i piatti sono usciti bene e di buona fattura cercando di coniugare il territorio con il presente con la lattuga che merita la copertina per concezione ed equilibrio. Altra lode per gli abbinamenti, tutti piacevoli e calibrati, scelti e presentati con grande cura da Federico Bovarini, indubbiamente ottimo conoscitore di vini che non disdegna un approccio originale.
Un luogo un pò nascosto nei Monti Berici che cela un piccolo gioiello, Casa Del Rebene di Francesco Castegnaro e Claudia Serblin. Una posizione unica in mezzo ai boschi e alla natura in un angolo incontaminato senza capannoni e tralicci nemmeno in lontananza. Qui Francesco con l’aiuto di Claudia ha ristrutturato la vecchia casa, costruito una piccola cantina e accoglie ora pochi ospiti con grande garbo (e anche con un’ottima colazione grazie anche a Claudia). I vini sono solo rossi con un buon frizzante rifermentato in bottiglia. Quello che sorprende per eleganza ed equilibrio è il tai rosso. Li degustiamo in una cena tra amici, a tutto capretto (ottimo, peccato il troppo vino ci ha fatto saltare le foto), con alcuni ristoratori della zona, l’amico Bernardo Pasquali gran cerimoniere e Lorenzo Cogo, (presto padre, auguri) maturo ed ormai per nuove avventure (un piacere riabbracciarlo!)
Conosciamo ed apprezziamo da tempo la famiglia Perathoner che gestisce lo storico Gran Baita a Selva di val Gardena. Questa volta l’abbiamo trovato completamente rifatto con un gourmet tutto nuovo, moderno e aperto con una grande vetrata verso l’esterno. In cucina è Andrea Moccia che si può ora esprimere ad un livello più in linea con le sue giuste ambizioni e dobbiamo dire che alcune cose sono state assolutamente notevoli: il gran plateau del pane, gli amouse bouche iniziale, la variazione di wagyu e il delicato brodo di astice. Ma accanto ai tanti “hits” anche qualche caduta come il guazzetto di capesante, gli spaghetti ed il filetto, piatti non certo in linea con l’eleganza degli altri citati. Il saliscendi termina comunque bene con il dessert, anche questo gradevole ed elegante (in pasticceria Anita Vicchio). Da segnalare anche il buon servizio di sala di Simone Dose e Marco Trotti, ed infine un plauso alla terza generazione che si sta mettendo in prima linea.
Tornare all’anna Stube, cha abbiamo visto nascere tanti anni fa, è un pò come tornare in famiglia. Il piccolo ed elegante locale accoglie sempre in modo cortese e accattivante l’ospite. Franz Lageder ora si è concentrato sul bar (dove potrete trovare una selezione straordinaria di distillati), ed al suo posto da qualche tempo è il giovane e bravo Egon Perathoner. Da qualche tempo si è stabilizzata anche la cucina grazie a Reimund Brunner uno chef solido ed esperto che assicura esperienza e continuità. La cena scorre quindi senza intoppi con una serie di piatti gradevoli dedicati al territorio. Il piatto migliore ci è sembrato il salmerino, elegante ed equilibrato, meno convincente il dessert di gusto, ma fin troppo semplice a questi livelli.
Una bella e roamntica piazzetta in un piccolo borgo e un locale altrettanto bello e ben arredato. Già basterebbe questo per giustificare la deviazione e la salita fin quassù, ma le soprese non sono finite. Frosch (le rane in tedesco) è un locale tutto al femminile in sala ed in cucina. La chef vanta una vasta e solida esperienza internazionale ed i piatti infatti si traducono in un confort food fatto per appagare il facile gusto senza frontiere, con piatti carichi di sapori, colori e calorie. La cosa migliore? un fritto che è veramente fatto nel migliore dei modi.
Qui è tutto incredibile. Per arrivarci c’è una stradina scoscesa a picco sulla Valle dove si deve solo sperare che non evnga alcuno in senso contrario, ma sono ben tre chilometri di angoscia. Poi ecco i due chalet appaiati in mezzo e sopra le vigne che in effetti godono di una posizione unica, incastonata tra le montagne. Qui Rainer Zierock cercò di realizzare il suo sogno piantando decine edeicne di vitigni diversi mescoalndo poi ogni anno il tutto e creando ogni anno praticamente un vino diverso. Non gli mancavano le conoscenze tecniche (aveva insegnato all’Istituto di San Michele, conosciuto e sposato Elisabetta Foradori, lanciato il teroldego con il Granato), ma la sua ispirazione era il mondo antico. Anzi antichissimo, perchè il Celacanto, primo abitante di questi territori, è omaggiato in varie rappresentazioni, e poi scritte in greco che omaggiano le tradizioni dei greci e dei romani, ed il pantegono dei sapori che fa da bussola. Norbert è l’attuale propretario e da qualche anno ne continua la produzione cercando di mantenerne il carattere originale, ma anche di stare più in linea con i tempi. Il Dolomytos all’assaggio è indubbiamente spiazzante, ha una solarità siciliana, con miele cera e mandorla che si evolvono in bocca con una serie di note speziate ed intriganti.
Franz Lagader ci porta sopra Laion in un piccolo caseificio che è un vero gioiello, sia per come sono tenute le capre, che per la vista e per la bella saletta degustazione veramente accogliente. David Perathoner appassionato casaro ci accoglie e ci fa assaggiare il suo caprino. Ottimo, di stile classico, ben equilibrato e accompagnato da altri prodotti, e un ottimo vino della Valle.