Non eravamo mai stati su queste colline vicentine e quindi è una bella sorpresa vederne la bellezza e la potenzialità. L’occasione è la nuova cantina di Monte di Livio (dedicata dalla famiglia a Livio Segnafreddo) e portata avanti con grande coraggio dai figli e dalla moglie. E’ Gloria, brillante e volitiva, ad accogliere gli invitati, tra i quali le numerose autorità presenti, il Sindaco, il Parroco, il Presidente della Camcom di Vicenza ed altri (istituzioni ed operatori). E non è una presentazione qualsiasi, ma si parla di Vino e Ristorazione prendendo spunto da un sondaggio effettuato da Wine Meridien di Lavinia Furlani e Fabio Piccoli, con la collaborazione di Witaly. Ed è proprio Fabio Piccoli a commentare con il sottoscritto i dati raccolti, che danno un quadro aggiornato della situazione post covid e offrono lo spunto per numerose precisazioni. Finale con un brindisi nel bel dehor circostante la cantina con bella vista sulle vigne.
Prodotti&Vini
Abbiamo sostenuto già due anni fa al Wine Festival di Merano, la validità e sostenibilità dei vini PIWI, vini prodotti da vitigni resistenti alle malattie fungine. Da allora sono cresciuti i produttori e le bottiglie e la nicchia è sicuramente sempre più interessante e non più solo un capriccio di pochi. Giovedì 17 settembre si terrà una cena-degustazione organizzata da Roberto Astuni del Bike Hotel Alla Corte con cinque di questi vini, di quattro cantine diverse, in abbinamento ai piatti di Cristopher Carraro chef di Impronta, il bellissimo ristorante di Bassano del Grappa dove lui opera. <
Damijan, ovvero la ribolla. Nessuno forse come lui ha creduto in questo vecchio vitigno che era stato in larga parte abbandonato e su questo versante del Monte Calvario che grazie alla sua opera è stato pienamente recuperato e ora è il territorio indispensabile per queste grandi vini. Non solo fa grandi vini, ma non ha lesinato consigli e suggerimenti ad altri piccoli produttori che si accostavano a questo vitigno che oggi è ormai riconosciuto come uno dei grandi vitigni bianchi del Friuli.
Numerosi sono i bravi produttori di vini, fortunatamente molti di loro sono anche simpatici. E’ indubbio che Benjamin Zidarich appartiene in pieno diritto a questa categoria. Siamo stati con lui un’intera mattinata, ci ha anche invitati a pranzo (ottimi salumi di casa e pesce fresco dalla Croazia): le ore sono volate via ed alla fine si lascia con rammarico questa casa semplice ma viva e questa gente così cortese. Il posto poi è unico, in alto sul Carso con la Slovenia e la Croazia ad un passo, un terreno che è una spugna di roccia e il mare sullo sfondo. E’chiaro che i vini qui siano particolari e la vitovska, anche grazie a Zidarich, sta avendo un successo internazionale. La versione kamen è quella che Benjamin predilige, pigiata nella pietra come anticamente già si usava. Sono vini bianchi che non finiresti di assaggiare e che hanno una longevità straordinaria.
Abbiamo ancora vivo il ricordo delle due giornate passate nell’alpeggio del Moncenisio con Beppe Giovale, e ringraziamo Beppe per avercele fatte ricordare nel modo migliore: con una bella degustazione di formaggi prodotti appunti nell’alpeggio estivo che è ancora aperto anche se alle ultime battute. Per chi ama i formaggi quelli d’alpeggio rappresentano il vertice del settore e provarne tanti in una sola occasione è stato emozionante. ANche grazie agli ottimi vini in abbinamento realizzati dal Leo Spadaro, compagno insotituibile di queste scorribande gastronomiche.
Una vera immersione di tre giorni nel mondo del vino a tutto campo quella proposta da due professionisti del calibro di Enrico Mazza e Gennaro Buono ad operatori ed appassionati. Abbiamo trascorso come relatori un’intera giornata apprezzando la funzionalità e la struttura dell’evento che non solo si ripeterà, ma si arricchirà con ogni probabilità di visite sul campo, cioè nelle cantine e nelle vigne di mezza Europa. E crediamo che quest’aspetto sia veramente fondamentale per conoscere a fondo non solo i prodotti, cioè i vini, ma anche i personaggi che ruotano intorno e gli straordinari ambienti che aggiungono il loro fascino. Solo così si può percepire pienamente la magia del vino, questo grande prodotto che la natura ci ha donato.
La Villa è storica, intorno un bel parco e una piccola vigna particolare. La pianura sembrerebbe tutta uguale ed invece il terreno nasconde a volte complessità che non si immaginano ed Alessandro Job, il titolare (un giovane ingegnere diventato enogolo per caso o meglio per necessità con l’eredità della tenuta) è stato fortunato ma anche bravo a scoprirle e valorizzarle. I suoi vini sono particolari, fin dal nome, non tanto perchè sono biologici ma grazie alle sfumature sensoriali che non ti aspetti. Da provare.
Amiamo i formaggi, doprattutto quelli d’alta quota, e al richiamo dell’alpeggio è difficile resistere. Eccoci quindi con Arianna Galati, Massimiliano Tonelli, Leo Spadaro, Beatrice Mencattini e Pietro Accolti Gil salire i tornanti del Moncenisio per arrivare lassù, al campo base: la malga dove la famiglia Giovale da varie generazioni porta le vacche e qualche capra per fare una serie di formaggi eccellenti. Come tutti gli appassionati sanno, la vera differenza nel gusto finale la fa l’alimentazione degli animali. Per questo è così importante la transumanza e poter permettere alle manze di nutrirsi di erbe e fiori che hanno una complessità polifenolica superiore. La ritroviamo nel latte appena munto, e si fissa poi nelle tome. Una famiglia straordinaria, 4 fratelli ognuno con la propria specialità e la nuova generazione che avanza. L’accoglienza è spettacolare con un banco di formaggi che potrebbe figurare nel Guinness dei Primati e che ci dà modo di capire che oltre la qualità, la varietà è un altro punto di forza della Famiglia. Siamo stati due giorni, vedendo tutte le fasi di lavorazione, imparando quasi a riconoscere le manze (non certo con la maestria di Chantal e di Alain i due giovani nipoti di Beppe, due malgari provetti). E ringraziamo Beppe per come riesce a trasmettere la sua passione, la sua determinazione nel difendere l’ambiente e le tradizioni, senza cedere a facili compromessi. Venire su quest’alpeggio è illuminante, non tutti (lo capiamo bene) possono farlo, invece a tutti consigliamo un semplice modo per render onore al merito: andate a comprare questi formaggi, è facile, soprattutto per chi è a Roma: Beppe e i suoi Formaggi, al Ghetto: http://www.beppeeisuoiformaggi.it/
Ancora ci dobbiamo andare, ma per quello che si capisce dalle immagini il Castello la Leccia è una vera gemma ancora poco nota, nel centro del Chianti in quel versante che scende dal Borgo di Castellina verso lo Scalo. Una proprietà ragguardevole (dell’imprenditore svizzero Rolf Sonderegger), con solo una piccola frazione, poco più di una dozzina di ettari, dedicati alla vigne e soprattutto al Sangiovese per un totale di 50000 bottiglie e 4 etichette. Ne abbiamo assaggiate 3 in una degustazione via web, come ormai si usa, particolarmente riuscita secondo noi e ringraziamo Riccardo Gabriele per averla così bene organizzata. I vini sono stati presentati dal direttore, l’esperto Guido Orzalesi e ci sono parsi interessanti e soprattutto con un ottimo potenziale. Un limite comune è l’eccessivo grado alcolico sul quale stanno lavorando per ridurne l’impatto, grazie anche al differente impianto di allevamento delle nuove vigne. I tre vini: il Vivaio del Cavaliere 2018, un IGT dalla polpa succosa ed invitante di frutta rossa matura è il vino base (sangiovese con syrah e malvasia nera). Poi ecco il Chianti classico 2017 più speziato e vario, con un finale leggermente chiuso ed amaro dovuto ad un’annata non molto felice, ma che comunque si fa apprezzare per la sua complessità. Infine il vino più interessante e di pregio, il Chianti Gran Selezione vigneto Bruciagna 2015 di bella struttura ampia e setosa, profondo con note di liquirizia e cuoio.