Questo non è un forno qualsiasi, ma il Forno Ferrara, praticamente la Ferrari dei forni a pizza. E questo forno sarà operativo da domenica prossima al circolo Savoia di Napoli per vedere all’opera alcuni tra i più bravi e famosi pizzaioli d’Italia:
COOKING FOR WINE NAPOLI
NAPOLI CONTRO TUTTI
20 – 21 -22 MAGGIO 2012
IN CONTEMPORANEA CON VITIGNOITALIA
Cooking For Wine Napoli, per l’edizione 2012 crea un focus incentrato sul tema dell’alimento-culto per antonomasia: la pizza: “Napoli contro Tutti”, il titolo della kermesse che omaggia Napoli con il suo alimento icona, dove le firme più importanti della pizza napoletana contemporanea sfideranno impavidi colleghi del nord e centro d’Italia.
Domenica 20 alle ore 16.00il pizzaiolo di Napoli Ciro Salvo della “Pizzeria Salvo” sfida Stefano Callegari delle pizzerie “Sforno” “Tonda” e i “Trapizzini del00100” di Roma.
Il lunedì alle ore 16.30Enrico e Carlo Alberto Lombardi della “Pizzeria Lombardi” di Napoli sfidano Matteo Aloe del “Berberè” a Castel Maggiore (Bo).
Martedì 22 alle ore 17.00è la volta di Gino Sorbillo e Toto Sorbillo della “Pizzeria Gino Sorbillo” contro i pizzaioli di Tramonti Vittorio Giordano della “Pizzeria Valico” di Chiunzi e Giuseppe Giordano, autore del famoso Pizz’ino, brevetto internazionale della cottura a corona (PCT – Trattato di cooperazione in materia di brevetti).
Questo non è un forno qualsiasi, ma il Forno Ferrara, praticamente la Ferrari dei forni a pizza. E questo forno sarà operativo da domenica prossima al circolo Savoia di Napoli per vedere all’opera alcuni tra i più bravi e famosi pizzaioli d’Italia:
COOKING FOR WINE NAPOLI
NAPOLI CONTRO TUTTI
20 – 21 -22 MAGGIO 2012
IN CONTEMPORANEA CON VITIGNOITALIA
Cooking For Wine Napoli, per l’edizione 2012 crea un focus incentrato sul tema dell’alimento-culto per antonomasia: la pizza: “Napoli contro Tutti”, il titolo della kermesse che omaggia Napoli con il suo alimento icona, dove le firme più importanti della pizza napoletana contemporanea sfideranno impavidi colleghi del nord e centro d’Italia.
Domenica 20 alle ore 16.00il pizzaiolo di Napoli Ciro Salvo della “Pizzeria Salvo” sfida Stefano Callegari delle pizzerie “Sforno” “Tonda” e i “Trapizzini del00100” di Roma.
Il lunedì alle ore 16.30Enrico e Carlo Alberto Lombardi della “Pizzeria Lombardi” di Napoli sfidano Matteo Aloe del “Berberè” a Castel Maggiore (Bo).
Martedì 22 alle ore 17.00è la volta di Gino Sorbillo e Toto Sorbillo della “Pizzeria Gino Sorbillo” contro i pizzaioli di Tramonti Vittorio Giordano della “Pizzeria Valico” di Chiunzi e Giuseppe Giordano, autore del famoso Pizz’ino, brevetto internazionale della cottura a corona (PCT – Trattato di cooperazione in materia di brevetti).
Ciro Salvo
Ciò che da piccolo era un gioco è diventato un percorso lavorativo, iniziato nel 1990, nella pizzeria di suo padre a Portici, aperta dalla nonna nel 1968. Dopo la scuola andava in pizzeria ed aiutava a preparare le fritture, la sera, invece, stava al forno a cuocere le pizze. A Napoli in tutte le pizzerie, da sempre, c’è un addetto che si occupa solo d’infornare e cuocere le pizze, il fornaio, che da lì è considerata una vera e propria figura professionale e, intervistato, aggiunge che “un pizzaiuolo non può essere considerato tale se non è diventato prima un esperto fornaio”. Nel 1996 si diploma come odontotecnico, ma inizia a lavorare stabilmente in pizzeria con il padre. Da subito si occupa della produzione degl’impasti, che era, ed è ancora oggi, la sua passione. Col tempo passa dal forno al banco delle pizze e contemporaneamente inizia anche un lungo lavoro di ricerca e sperimentazione per migliorare e dare un senso tecnico a ciò che veniva tramandato da generazioni e si faceva inconsapevolmente solo per tradizione. Questo lo ha portato nel tempo a perfezionare il già ottimo prodotto di famiglia, rendendolo sempre più soffice e digeribile. Nel 2006 apre con i fratelli una nuova sede a San Giorgio a Cremano, e al momento collabora con l’Associazione Verace Pizza Napoletana, occupandosi dei corsi di formazione, eventi e seminari vari che si svolgono in giro per il mondo. Si considera innamorato del suo lavoro, a tal punto da poter dire di non poter vivere senza. Quello che da piccolo era un gioco è rimasto un gioco anche in età adulta, la cosa che gli permette di divertirsi ed emozionarsi ancora esprimendo la sua passione in un prodotto “unico” nel quale cerca di trasmettere la sua “anima”.
Stefano Callegari
Il primo approccio di stefano alla panificazione avviene nel 1992 a Roma, in un forno a mattoni del 1934 dentro il quartiere Prati, dove faceva il garzone al banco ed impara le basi degli impasti. Nel 1995 frequenta un corso per imparare l’arte della pizza e si reca spesso alle corti di Napoli per apprendere, cercare informazioni e consigli sugli impasti. Dieci anni dopo, tra improbabili palazzoni di periferia ha fatto gridare al miracolo. Apre infatti “Sforno”, lui e tre amici. L’impasto qui è d’ispirazione napoletana, per morbidezza e cottura ma a differenza della cugina partenopea, presenta all’interno dell’olio extra vergine e lievito naturale, che da fermentazione, acido lattico ed un minimo di croccantezza alla soffice pizza. Le sue caratteristiche? Leggerezza dell’impasto, il suo sapore ed altri condimenti creativi. Nel 2008 da una costola di sforno, sostenuto dalla viva voglia di sperimentare, apre i battenti “00100 pizza” . Pizza al taglio, niente tavoli, una sorta di sforno pret- a- porter che è divenuta la culla dell’ormai famoso “trapizzino”. Il trapizzino nasce da un’intuizione di Stefano: riuscire a farcire la pizza bianca con sughi e secondi piatti della tradizione romana. Da qui l’idea dell’angolo di pizza, che permette di aver due lati con crosta chiusi, capaci di mantenere e trattenere gustosi intingoli. Il trapizzino e’ stato più volte riconosciuto come oggetto innovativo di gastrodesign. E’’ bastato un taglio, una smussata alla pizza bianca in teglia per crearlo. Una semplice intuizione che ha conquistato i gusti di tutti, tene tra le mani, e porta con sè tutto il gusto della scarpetta, di romana tradizione.
I Lombardi
La storia dei Lombardi inizia in un basso di vico Limoncelli nella seconda metà dell’800. Qui venivano preparate e vendute le famose pizze fritte ripiene di ciccioli e ricotta. L’idea di Enrico Lombardi, bisnonno, fu quella di armarsi di paletta e spillone e partire alla volta dell’America per far gustare le sue pizze agli americani. Fece ritorno una quindici anni dopo. Nel frattempo Luigi Lombardi, nonno, figlio di Enrico, preso atto dell’abbandono del padre, ancora bimbo, si rimbocca le maniche ed inizia a lavorare. Ogni giorno faceva il pieno di pizze che vendeva dandone voce nelle strade tra la Ferrovia e Spaccanapoli. In uno dei suoi giri, un giorno, fece un incontro straordinario e determinante. Un uomo che doveva aver notato quel ragazzino affaccendato e con le scarpe sfondate andare su e giù per il centro storico, lo fermò e gli pose delle domande. Luigi, tanto povero quanto ricco di modi educati, gli spiegò di essere senza padre e di dover pensare al sostentamento della famiglia. L’uomo rimase colpito e gli promise di aiutarlo. Quell’uomo era Benedetto Croce che intercedette perché gli fosse assegnato un locale nel campanaro della chiesa di Santa Chiara dove poter esercitare il suo mestiere di pizzaiolo. Così nasce lo storico Lombardi, locale divenuto di fama internazionale, nel quale lo hanno poi seguito la moglie, Giovanna Tucci, e tre dei suoi cinque figli: Enrico, Luigi e Alfonso. Fino a quando Poi decise di crearne uno suo, in Via Foria. Era il 1947 quando nacque “il nuovo Lombardi”. I due rami della famiglia presero ciascuna la propria strada: la pizzeria di Santa Chiara e quella che i nipoti Luigi e Nando gestiscono a Via Foria. Qust’ultima nel tempo ha allevato una clientela selezionata costruendo quella che oggi chiamano “un’oasi di pace in un punto strano della città”. E la tradizione continua.
Matteo Aloe
Matteo Aloe è nato in Calabria e a Bologna si è laureato in Economia e Marketing con tesi “restaurant marketing”. A dieci anni utilizzava la sua paghetta per collezionare le ricette di Gualtiero Marchesi. Crescendo, la sua passione per la cucina si è trasformata in lavoro, prima con brevi esperienze in alcuni ristoranti e poi con il progetto “Berberè” in cui riesce a conciliare le sue due vocazioni, il lavoro economico gestionale del manager e quello artigianale del cuoco. È un convinto sostenitore dei cicli e dei ritmi naturali di vita, nel pieno rispetto di tutti gli esseri viventi. La sua è una cucina adatta a tutti i giorni con ingredienti di qualità tangibile, una cucina che si pone l’obiettivo di portare in tavola il sapore autentico delle materie prime che utilizza. Una cucina fatta di farine macinate a pietra in purezza, ricche di fibre e nutrienti. Una pizza a maturazione lenta, fino a 48 ore che utilizza solo lievito madre nato da una mela e un melograno che da un impasto leggero, gustoso e digeribile, rigorosamente cotto in forno a legna. E sopra fiordilatte, ingredienti creativi, stagionali e di qualità e dai Presidi Slow Food. La cucina di Berberè esalta il gusto degli ingredienti, rispettandoli e “trasformandoli” il minimo necessario per non alterarne il sapore originario. Prevalgono cotture a vapore, senza soffritti e senza aggiunta di grassi superflui. La ricerca di materie prime di qualità è strettamente legata alla scelta di aziende che dimostrano attenzione sociale, etica ed ambientale. Custodisce ancora un suo sogno gastronomico nel cassetto: aprire un ristorante a Oslo.
Gino e Toto Sorbillo
Non avrebbe potuto avere un destino diverso Gino Sorbillo, motore propulsore della valorizzazione di un’arte che, con determinate caratteristiche, si sintonizza esclusivamente a Napoli, in questo caso in Via dei Tribunali 32. Qui una storica pizzeria, divenuta ormai meta di culto, profuma di buono ed figlia a sua volta di un’antica famiglia napoletana di ben 21 figli, tutti pizzaioli. Ma se non si inizia da Luigi Sorbillo, il nonno di Gino, non si può capire la storia di questa incredibile famiglia. Luigi apre la sua pizzeria negli anni Trenta, sempre in quegli anni si sposa con Carolina Esposito. Dei 21 figli nati dalla loro unione la prima nata fu Esterina. E’ lei che Gino ha attentamente osservato, seguendone passo passo gli insegnamenti, lavorando con lei e divenendo il perfetto continuatore di questa stirpe di pizzaioli eccezionali. Oggi, assieme al fratello Toto, gestisce la celebre pizzeria ed entrambi portano avanti una filososfia che poggia sulla quantità come strettamente legata alla qualità; tutte le materie prime che utilizzano sono state cercate, selezionate e scelte perché le migliori. Gino Sorbillo non solo ama il suo mestiere ma, attraverso la pizza, ha inventato un nuovo modo di comunicare. La pizza nelle sue mani diventa una lavagna per sottolineare eventi, salutare amici e prendere posizione. Gino fa della sua attività uno “scopo” di vita per portare sempre al massimo questa tradizione che va avanti da tre generazioni. Il suo successo è principalmente dovuto a tre elementi sostanziali, materie prime campane di alta qualità, grande maestria d’esecuzione e quantità. Una formula vincente che si rinnova ogni giorno nelle 1.200 pizze che sforna con la sua squadra e che vengono apprezzate da napoletani e non, tutti comunque stretti nella lunga, immancabile fila con tanto di numeretto ed altoparlante esterno per far giugere ai fortunati la buona novella, davvero buona.
Giuseppe Giordano
Classe 1972, nasce ad Alessandria, figlio di una giovane coppia di Tramonti emigrati al nord in cerca di un futuro. Tramonti, dal 1950, è stata una scuola di pizzaioli che a formato migliaia di ambasciatori, in Italia e nel mondo, della pizza classica napoletana. Figli di questa terra, papà Vincenzo pizzaiolo e mamma Filomena cuoca, aprirono nella primavera del 1973 il “Piedigrotta”. Il suo primo contatto con la pasta della pizza fu come giocare con del “pongo casareccio”. Crescendo il locale diventa sempre piu’ presente nella sua vita assieme all’orgoglio e alla consapevolezza di essere figlio d’arte, perchè loro facevano “la Pizza”! “Alle elementari scoprii dell’esistenza di una pizza che i miei compagni chiamavano “al tegamino” o “al padellino”, ci rimasi male dato che credevo che “la Pizza” fosse solo la nostra, cotta al mattone”. Nella primavera del ’94 apre il “Piedigrotta 2 Express” nella centralissima Piazza Garibaldi: un pizzeria da asporto con un quindicina di sgabelli dove la pizza tagliata a fette doveva essere mangiata con le mani. Pizza classica napoletana, chiaramente, che viene affiancata il22 luglio 2010 da una lungimirante innovazione: una pizza margherita cotta “a pizz’ino”; ovvero una pizza contenuta in un padellino-tegamino “senza il fondo” che permette alla pizza stessa appoggiata sul suolo del forno di cuocere alla maniera “classica napoletana”. La corona circolare che circonda la pizza, come una protezione, riesce a conferire le caratteristiche della cottura “a tegamino” che coniuga due caratteristiche sempre distanti: croccantezza e morbidezza. Tutto questo oggi si chiama “Il Pizz’ino ®”, ovvero un marchio registrato ed un metodo di cottura per pizza coperto da un brevetto PCT internazionale, che lega per sempre il nome Giordano alla sua scoperta: una scoperta tutta dedicata papà Vincenzo.
Vittorio Giordano
La tradizione della Pizza di questo pianeta si compone di due principali direttrici: quella di Napoli e quella di Tramonti, a cui si affiancano la Pizza di Bracigliano e la Pizza a metro di Vico Equense. La tradizione di Napoli si identifica con la Pizza Margherita che «sul’ a Napule a sann’ fà» mentre la tradizione di Tramonti oltre alla sua Pizza Tramontana, si identifica con la sua mozzarella. E’ dal 1800 che le mozzarelle di Tramonti arrivavano fino a Napoli divenendo sempre più ricercate: nei primi del 1900 infatti a Tramonti già si fornivano le più note pizzerie di Napoli. Sono gli stessi anni che portano le tracce della passione per l’ospitalità della famiglia Giordano, dapprima nella persona del trisavolo Gioacchino che gestiva una vineria di famiglia al valico di Chiunzi, poi nell’attività del nipote Pietro Belfiore, fino agli anni 70, epoca in cui il figlio Graziano fonda l’attuale ristorante “Al Valico di Chiunzi”, coadiuvato dalla moglie Carmela che sovrintende da sempre dalla cucina al buon andamento di tutto il ristorante. Nella storia della famiglia, Graziano è l’anello di congiunzione tra la vocazione del padre e l’entusiasmo che ha saputo trasmettere ai figli, che continuano la tradizione nel solco di continui miglioramenti ed aggiornamenti al gusto corrente. Da vineria con cucina a ristorante pizzaria dove è possibile assaporare le delizie locali, di cui Tramonti, la Costiera e la Campania sono colme. Qui, Vittorio Giordano prepara, stende, inforna e sforna da circa venti anni pizze di ogni forma. Tonde o “a metro” che siano, oggi, in quel del “valico”, rappresentano il cardine dell’offerta gastronomica.