Presentazione a Napoli del libro di Massimo Bottura, il Pane è Oro, e pienone di pubblico e lunghi applausi. Non per vedere un cuoco in cucina, non per assaggiare le sue ricette. Solo per sentirlo parlare e poi acquistare un libro. Il perchè è presto spiegato: Massimo Bottura ormai non è più solo uno chef, ma potremmo dire un cuoco universale. Che interagisce a tutto campo con il mondo contemporaneo, ne intercetta le problematiche e di alcune, di quelle che la sua sensibilità avverte, ne prende atto e cerca anche di dare messaggi e risposte. Ormai la sua azione verso la povera gente, la battaglia contro gli scarti e lo sperpero, sono diventate di dominio pubblico. Da Milano a Rio, da Londra a Parigi, e presto a Napoli e forse speriamo anche a Roma, la sua attività benefica si espande, acquisisce consensi e supporti preziosi. E’ un esempio per tutti, ed è bello che questo esempio nasca in Italia. E’ alla fine anche un bel contributo per la nostra immagine.
Alfonso Iaccarino
Un premio che è ormai un classico del calendario gastronomico. Dobbiamo dare atto ad Alberto Lupini di averlo fatto crescere con simpatia e semplicità, nonostante che quando si affrontano le classifiche le insidie sono ad ogni angolo. C’è sempre un Convegno ad aprire il Premio, quest’anno si è parlato di Turismo Gastronomico, ed i numeri impietosi hanno fatto vedere quanto l’Italia abbia perso per non aver puntato sul questo settore come avrebbe dovuto. Gran finale all’Otel, una location in periferia sud della città, con una carrellata di chef e prodotti di prima grandezza.
Un secolo e mezzo fa Antonino Ercolano seminarista e all’occasione anche cuoco del refettorio del Vescovato, decise di aprire due stanzette dove far cucina, con il nome La Favorita. Tutti a Sorrento lo chiamavano però “o Parrucchiano” (il parroco). Prima della seconda guerra mondiale, non avendo eredi Antonino lasciò il locale al nipote Giuseppe Manniello che portò nel dopoguerra a grande fama il ristorante. Via via, approfittando dei giardini sul retro, il locale si ingrandì aggiuggendo spazi, sale ampie e celebrando banchetti per la borghesia napoletana e non solo. Le personalità che qui hanno mangiato sono innumerevoli, le foto e gli articoli ne ricordano la celebrità. Il piatto “signature” ieri come oggi sono rimasti i “cannelloni” che qui dicono di aver inventato, come per altro gli gnocchi alla sorrentina. Da tempo conduce il figlio di Giuseppe, Enzo, persona amabile e simpatica. Anche noi venivamo qui tanto tempo fa, nei primi anni ottanta, ma già allora la bandiera della penisola era passata di mano, ad una giovanissima coppia che in alto a Sant’Agata si stavano rendendo famosa con una cucina semplice, fatta di ingredienti freschi, olio d’oliva e tanta passione, si chiamavano Lidia ed Alfonso Iaccarino.
E così Bottura è arrivato che più in alto non si può. Prima di lui ricordiamo che una dozzina di anni fa ci arrivò nella Gault&Millau francese Marc Veyrat con ben due ristoranti. Ma per l’Italia è la prima volta, e ne siamo felici non solo per il riconoscimento alle qualità dello chef e del suo ristorante, ma anche per l’enorme lavoro svolto da Massimo Bottura in favore di tutta la ristorazione italiana. Se l’immagine della nostra cucina è trionfante nel mondo lo si deve anche a Lui. Ed infine proprio nell’anno dell’Expò a Massimo Bottura si deve l’iniziativa forse più iconica: il Refettorio Ambrosiano, che meglio di qualsiasi altra cosa incarna lo spirito dell’esposizione universale. Massimo complimenti, te lo meriti e accanto a te Lara, elegante ed intelligente compagna, e la tua magnifica brigata, da Taka a Davide, da Enrico a Beppe e a tutti gli altri bravi ragazzi che ti circondano.
Don Alfonso, che accoglienza!
Che accoglienza! Sarà che conosciamo questo posto da oltre 30 anni, sarà che mancavamo da qualche anno, ma certo è che Don Alfonso rappresenta al meglio (oltre alla dieta) la vera accoglienza mediterranea fatta di calore e attenzione, senza superflue smancerie. Tornare in questo locale che per un’epoca intera ha sostenuto il peso del sud suscita sempre emozioni e ricordi. Non c’era lui, Alfonso, impegnato per un premio, Livia (stupenda e bravissima) era occupatissima con il pienone del sabato sera. Ma i ragazzi (ormai grandicelli) sono stati bravissimi per farci sentire come a casa. Tanti gli assaggi che hanno confermato la nobiltà inarrivabile degli ingredienti (i mitici ortaggi di Punta Campanella, il tonnetto di lenza e così via), in ogni piatto c’è indubbiamente tanta cura e tanto amore, e la serata scorre con un ritmo festoso e piacevole. Meno ci sono piaciuti gli gnocchi e l’uovo, un pò troppo il tartufo (per altro estivo) aggiunto a tante ricette, e da citare almeno il gran finale con il soufflè di pastiera. Speriamo solo di ritornarci presto.
Nuovamente a Roma e sempre in un albergo, una sistemazione che oggi dà sicuramente maggior fiducia e garantisce comunque uno zoccolo duro di clientela. Il Viva Voce del Gran Melià funziona già da qualche tempo ma ieri sera c’è stata l’inaugurazione con la famiglia Iaccarino al gran completo, tanta gente che si è accalcata dentro non potendo usufruire della veranda esterna.
Sfidando il caldo torrido (c’era una piscina, ma la cosa era stata accuratamente nascosta) e la mancanza di parcheggio, la Comunità di Dissapore ha civilmente bivaccato sul prato di casa Cortese, che, dato il nome, è ovviamente bella grande e accogliente.