Ro World, il mondo di Ro è un investimento importante. La parte grossa sarà l’Hotel che aprirà con il nuovo anno, ma già sono stati aperti i servizi di ristorazione. Fronte strada è il grande e bel bar pasticceria che si avvale della consulenza dell’esperto Antonino Maresca coadiuvato da Carmen Peluso, mentre sul retro con ingresso anche separato troviamo il ristorante. A gestire è Giuseppe Tufano con a fianco l’inseparabile (sono cresciuti insieme) chef Francesco Franzese, giovane intraprendente esperto. La brigata è già imponente rispetto ai canoni italiani, sia in cucina dove Franzese è coadiuvato da Vincenzo Ruggiero, sia in sala affidata ad Alfredo Manzoni con Giuseppe Galasso sommelier, Yumi Nuzzolo e Mario Vinciguerra assistenti. La brigata di cucina si muove con scioltezza e dà spettacolo dietro la grande vetrata e anche il servizio di sala si muove elegantemente in una sala lucida, d’effetto, un pò da discoteca, ma funzionale ed accogliente. La cucina di Franzese punta dritto verso un “confort food” impreziosito dalla buona materia prima utilizzata, dalla cura portata nella presentazione, da qualche tocco ad effetto che in genere riesce nello scopo. Più che l’umami si avverte una frequente rincorsa del sapido (che non è il massimo da un punto di vista salutistico), ma è comune nella zona. Da lodare il gran pane, il bello e articolato benvenuto iniziale, ma tutta la sequenza è su un livello apprezzabile con solo il granchio un pò troppo sbilanciato sul dolce e a proposito dei dolci, sono buoni, ma un pò troppo da pasticceria.
Alfredo Manzoni
Prima con Andrea Aprea, ora con Salvatore Bianco, il Comandante resta la punta della cucina creativa in città, con indubbia continuità di stile e di rigore. L’ambientazione è sontuosa, l’atmosfera intrigante sospesa a metà tra il lusso della sala e l’illuminazione da locale notturno, il panorama bello in attesa di diventare splendido (quando il porto sarà definitivamente rinnovato). Dentro c’è un gran lavoro, in sala con un’equipe curata da Alfredo Manzoni e Mario Vitiello che è impostata secondo un protocollo (fin troppo) rigido che cerca di prevenire ogni problema e curare ogni dettaglio (poi magari qualche sbavatura capita comunque). In cucina Salvatore non è da meno. Lo aiutano Roberto Boemio e Francesco Citterio, coadiuvati da uno stuolo di aiutanti, indispensabili per portare avanti l’enorme lavoro che viene richiesto: basta pensare al pane (grissini sottili, taralli, pane a lievito madre, e vari tipi di pane di tutti i generi che accompagnano le varie portate), agli stuzzichini iniziali (praticamente perfetti con il baccalà in evidenza), alla sequenza dei piatti (non ce n’è uno diciamo normale, sono tutti articolati, con la presenza di un numero elevato di ingredienti, ricercati nella presentazione), alla ricerca dell’effetto o comunque della curiosità (con un rimando continuo dall’ingrediente ricco a quello povero, dall’ingrediente locale a quello esterofilo). Il tutto è affascinante, ma anche un pò stancante perfino per un palato allenato, anche perchè il percorso scelto è impervio e la discrepanza tra aspettative e gusto finale inevitabilmente affiora lungo la degustazione. Chiudiamo con un suggerimento (di semplificazione per quanto sopracitato) e una lode, alla pasticceria davvero bella e anche buona (ad opera della giovane Tonya Centoducati).
Ci potevano venir fuori tranquillamente due cene di gala e un’extra per la pizza, ma all’Hotel Romeo piace far le cose in grande, ed eccoci a vivere la lunga serata comodamente accolti nella sala del Comandante al decimo piano e spettacolare vista sul porto compresa nella cena. Si mangia di classe, si beve anche bene (tutto sotto forma di magnum) e si apprezza il servizio anche per il buon ritmo delle nove portate che ci fanno finire la serata in tempi ancora umani. Lode agli chef, anche per il senso di appartenenza che hanno mostrato e che fa loro onore. Ecco nuovamente i loro nomi: Salvatore Bianco, chef resident, e ancoraRosanna Marziale, Giuseppe Stanzione, Vincenzo Guarino, Pasquale Palamaro, Crescenzo Scotti, Giuseppe Iannotti (o meglio il suo pasticciere). C’era anche un intruso, Fausto Arrighi che sempre volentieri rivediamo.