Una soave mozzarella in carrozza, assaggio migliore della serata, valeva da sola il viaggio. Ma è sempre un vero piacere la sera nel bellissimo contesto della terrazza Aquaroof dell’Acquolina, coccolati dal servizio stellare di Benito Cascone (sotto l’attento occhio di Andrea La Caita). Ci tiene compagnia al tavolo Guido Ferraro, al quale mi uniscono tante scorribande gastronomiche ed affinità di pensiero. Serata con ospite Diego Vitagliano a confermare che anche sulle più nobili terrazze romane la pizza ormai non è solo una curiosità, ma può orgogliosamente essere protagonista. Diego ce la mette tutta con i fritti, con la rotonda, con la pala, con il padellino e con la pizza fritta. Lo assiste per i topping Daniele Lippi che va a rispolverare perfino il cocktail di gamberi in salsa rosa. I risultati sono così così, anche per le difficoltà tecniche delle varie cotture in terrazza, ma, ripetiamo nel complesso la serata è stata piacevolissima, anche per il buon bere. le Birre del Borgo presentate da Alfredo Colangelo.
Benito Cascone
All’Acquolina non solo sono indubbiamente bravi (una delle brigate migliori e più coese tra sala e cucina della Capitale, grazie all’ottimo lavoro di Andrea La Caita e Benito Cascone), ma anche molto attivi. Già praticamente non avevano mai quasi del tutto chiuso anche in pandemia grazie all’Acquaroof in terrazza, e ora sono tra i primi a ripartire con cene mirate. Una cena a 4 mani tra lo chef resident Daniele Lippi e Roy Caceres. Eravamo curiosi di rivedere Roy per capire il suo nuovo percorso dopo la chiusura di Metamorfosi. Attualmente conduce il Carnal, cucina semplice colombiana, in attesa di rilanciarsi con un progetto più ambizioso che dovrebbe veder la luce verso fine anno. Ed in effetti il menù è stato impostato sulla filosofia del Carnal cercando di aggiungere per l’occasione un pizzico di eleganza in più. Il risultato è stato interessante, nelle sue contaminazioni colombiane soprattutto quando a loro volta non erano troppo contaminate dalle influenze nostrane. Ottimo l’inizio con tiradito e ceviche dove è difficile scegliere la migliore, anche perchè forse fin troppo simili. Sempre molto gradevole la delicata tostada di baccalà, mentre meno riusciti secondo noi i successivi assaggi dove appunto aumenta il peso della componente mediterranea con i totanetti fritti, la trippa di rana pescatrice, la penna alla brace. Ma nel complesso la cucina del Carnal che ricordiamo si presenta come cucina di fast food con le ricette che si mangiano per lo più con le mani, supera la prova del fine dining anche grazie alla mixologia con una serie di pairing colorati, gradevoli (anche se un pò discontinui, siamo passati ad esempio di colpo da un dolce Conte Molinari a un salato Chupito mediterraneo).
La seconda ondata di Covid ha sospeso, ma siamo sicuri non alterato, il nuovo corso dell’Acquolina, il ristorante del Hotel First. Un progetto giovane, interessante, in linea con i tempi, anzi direi proiettato in avanti. Qui l’integrazione tra sala e cucina ha raggiunto un livello che forse non ha paragoni in Italia. Sono eccellenti ambedue, ma è proprio lo stretto connubio che sorprende. Ogni portata è una puntata di un dialogo dove quasi sempre anche l’ospite è coinvolto, dalla formaggella fresca fatta all’inizio e utilizzata alla fine nel dessert (il maritozzo), al vaso del burro fermentato da spalmare, passando per abbinamenti studiati, mai banali, di vini e drink miscelati. La sala è protagonista indiscussa, ma anche la cucina non va nell’ombra. Questo grazie a Daniele Lippi, giovane, esperto, coraggioso, che osa, ma senza eccessi inutili e propone una cucina contemporanea elegante e varia. La serie iniziale degli stuzzichini è intrigante e leggera, i due antipasti (ricciola e sgombro) si fissano nel palato con decisione (sembrano forse inutili i relativi contorni), anche i secondi mantengono alto il livello della cena. Per trovare i difetti dobbiamo andare all’insalata che sembra più estiva (con la freschezza del caco) che autunnale forse anche per i funghi tagliati troppo finemente, e ai tortelli un pò salati e meno eleganti. Curato anche il finale dolce. In sintesi un ristorante che ogni gourmet non può mancare e che ci sembra stia tracciando un percorso originale e innovativo. Speriamo solo che possa ripartire quanto prima.
All’ Acquaroof si mangiava pesce pure prima, ma sembra più decisa la direzione verso quella che potremmo definire un’osteria di pesce indubbiamente chic vista la posizione privilegiata in alto con il panorama del centro storico. Antipastini sfiziosi, guizzanti e decise le buone seppie sporche, servizio principalmente al tegamino individuale, con i sapori sapidi del pescato di giornata. E che pesce! un’occhiata in cucina ce lo conferma con Daniele Lippi alle prese con un magnifico esemplare da venti chili. Alla guida sempre Andrea La Caita con a fianco Benito Cascone e al roof da segnalare al servizio Emanuele Pica e Francesco Aldieri. A breve riapre l’Acquolina gourmet, ci saranno cambiamenti? vedremo presto.
Acquolina non è solo un ristorante (anzi due, visto che oltre alla sala al piano terra c’è anche il roof), piuttosto è un progetto in continuo movimento, grazie anche alla solidità del team alla guida che è sempre in azione: Andrea La Caita con a fianco Benito Cascone e in cucina il giovane Daniele Lippi che prende sempre più piede. Innumerevoli le iniziative che si inquadrano sotto il nome di Acquacircus, l’ultima è aver portato a Roma il bravissimo Nino Rossi. Operazione meritoria perché il suo ristorante Qafiz, è in Aspromonte, come dire non proprio dietro l’angolo e vederlo qui a Roma è stato di sicuro un bel modo per farsi conoscere da tante persone. I due chef si sono alternati con una serie di ricette di ottimo livello e sugli scudi mettiamo questa volta l’ottimo risotto di Nino, però come non citare il coraggioso pane burro e alici di Lippi?
Acquacircus è il nome di una serie di eventi gastronomici che avranno luogo al Roof dell’Acquolina, la bellissima terrazza con vista spettacolare dei tetti di Roma. Si inizia in modo effervescente con la pizza…. e che pizza!, quella di Simone Padoan dal nord, di Diego Vitagliano dal sud e di Jacopo Mercuro di Roma. Tre pizze (ottime) a confronto con anche una postazione di pizza fritta coordinata da Isabella De Cham e Daniele Lippi chef di casa. Acquacircus: un ottimo inizio in attesa di altre performances.
Alessandro Narducci ha lasciato un grande vuoto con la sua improvvisa e drammatica scomparsa, e ci sono voluti dei mesi per ritrovare il giusto equilibrio. Ed ora è arrivato Daniele Lippi, pensiamo sia una scelta opportuna perchè proviene dalla stessa matrice (Angelo Troiani), perchè è bravo e giovane. Ci ricordiamo il bell’effetto che fece alla Selezione Italiana del Boscuse d’Or ed allora era anche molto più giovane. Si presenta con un ottimo menù dove ritroviamo un suo cavallo di battaglia, l’ottimo topinambur che ricorda il carciofo alla giudia e una serie di piatti convincenti dalla triglia all’anguilla che finiscono anche con dei dessert originali e degni di nota. Unico neo dei ravioli che come spesso accade nei piatti “maremonti” finiscono per essere confusi e deludenti. Altra piacevole conferma è la sala guidata dall’esperto Benito Cascone, tra i migliori direttori di sala di Roma e non solo, e da una serie di giovani in gamba: Andrea La Caita l’attivissimo responsabile della ristorazione ha messo su una bella squadra davvero.
Siamo sul podio della critica mondiale, al numero 3 secondo i 50 Best. Il Mirazur ci accoglie in una solare e calda giornata estiva con grande naturalezza e semplicità, come un ristorante qualsiasi, ma di sicuro si avverte la professionalità nella brigata di sala e una calda accoglienza, merito forse anche della forte presenza di personale italiano che cerca di metterti a proprio agio. D’altronde il Mirazur è la prima casa oltre confine a meno di cento metri dall’Italia. Conosciamo da tanti anni Mauro Colagreco e la sua cucina, che abbiamo visto evolvere nel tempo. All’inizio molto francese come stile con qualche divagazione sudamericana. Ora decisamente più mediterraneee con qualche rimando all’Italia, ma di sicuro la vera svolta è verso il vegetale. Intorno infatti è cresciuto l’orto, anzi due. Al primo, quello che già conoscevamo, sotto il locale fino al bordo della ferrovia, se n’è aggiunto un altro più grande e composito con anche qualche animale da cortile, in alto verso la montagna. Si coltiva un pò d tutto con grande attenzione anche se non c’è la minima ricerca dell’estetica, a vantaggio della spontaneità della natura. E il raccolto quotidiano è alla base di ogni menù proposto. La lettura dei piatti viene scandita dai prodotti in stagione, così nel nostro caso cucurbitacee e in particolare i cetrioli l’hanno fatto un pò da padrone. E non che il menù sia solamente vegetariano: il pesce è spesso presente (in fin dei conti il mare è poco sotto il locale), e anche la carne fa capolino. Ma anche in questi casi il vero protagonista rimane l’orto: pensiamo al rombo messo nell’angolo dalla forza dei peperoni grigliati, e all’agnello di Sisteron pallido ed evanescente rispetto alla salsa alla menta che viene aggiunta. Una cucina quindi volutamente sbilanciata verso il green che mostra notevole creatività nel coniugare le materie prime, spesso ripetitive, a disposizione, e che si segue con grande interesse dall’inizio alla fine. E sono proprio questi momenti quelli che più ci sono piaciuti (gli ottimi stuzzichini iniziali, l’elegante capraccio di albicocca, il bonbon di gamberi di Sanremo e petali da una parte e gli ottimi dessert finali). Ma una citazione se la merita il semplice pomodoro grigliato e l’ottimo guazzetto di patate colorate. Complimenti quindi a tutta la brigata di sala e di cucina e ai tanti giovani italiani che qui hanno l’occasione di confrontarsi con una clientela importante e internazionale in un locale sempre pieno a pranzo come a sera.