Foodexp è ormai un evento consolidato grazie alla tenacia di Giovanni Pizzolante che è riuscito a mantenerlo anche durante la pandemia. Questa speriamo sia l’edizione della ripartenza e cade al termine di una stagione che ha premiato il Salento con un’affluenza record.
Si parla un pò di tutto, ma con un omaggio alle categorie che più hanno sofferto e a coloro che si sono distinti per come hanno saputo reagire al blocco e all’emergenza. A seguire una conversazione con Alessandro Pipero, sempre acuto osservatore della ristorazione e dei suoi problemi. Infine una cena di gala, al tavolo con due ex emergenti di eccezione: Paolo Griffa e Francesco Brutto, e anche con due grandi professionisti del Geranium di Copenaghen: Virginia Anne Newton e Mattia Spedicato.
Ciro Scamardella
Largo ai giovani, lo diciamo da sempre. L’occasione di ripeterlo ci viene dall’annuncio di questa nuova iniziativa: nasce “Cucinanuova” grazie ad un nutrito numero di giovani chef che vogliono unirsi, almeno con alcune iniziative ed azioni, per contare di più. Ci sembra sacrosanto, troppo si parla in genere dei soliti noti, meno delle giovani leve alle quali spetta il compito di rinnovare ed aggiornare il settore. Sono molte le cose che ci sembrano positive di questa iniziativa: l’alto numero delle prime adesioni (alle quali se ne aggiungeranno di certo altre), la dispersione sul territorio che garantisce una rappresentatività nazionale (anche se forse il Sud, in genere negletto, è già più che presente), il voler guardare oltre i confini e non solo dentro casa (la cucina italiana è un player mondiale e questo non si deve dimenticare), il voler presto dare un messaggio di rinnovamento partendo dalla qualità del proprio territorio e dalla filiera dei prodotti. I buoni propositi insomma sono tanti. Colpisce piuttosto la mancanza di un qualsiasi accenno alla situazione epidemica e al conseguente ed attuale disagio sociale, però crediamo che tanta carne al fuoco non si possa poi mettere. Ben venga quindi questo nuovo tentativo di dare una positiva scossa al settore, noi, personalmente saremo sempre dalla loro parte.
MANIFESTO DI CUCINANUOVA
Cucinanuova si propone come movimento culturale formato da chef che, come noi, hanno avuto la possibilità di fare esperienze oltreconfine o studiare comunque tecniche e culture al di fuori degli schemi legati alla nostra cucina tradizionale. Così, facendo tesoro di tutto il bagaglio culturale accumulato, riescono a identificarsi in una cucina italiana nelle radici, ma non convenzionale.
Siamo stati testimoni di grandi rivoluzioni che hanno interessato il mondo, anche se in spazi temporali diversi, dove l’innovazione ha preso il sopravvento sapendo elevare la cucina tradizionale con l’utilizzo di tecniche moderne; vedi per esempio la crociata spagnola di Ferran Adrià negli anni ’90 o la rivoluzione della Cucina Nordica che, facendosi portavoce di tecniche ancestrali applicate a un concetto di food moderno, ha creato completamente da zero un nuovo filone ammirato da tutto il mondo. Per non dimenticare poi l’avvento negli ultimi anni della Modern British Cuisine che ha spostato il fulcro della “tradizionale” cucina inglese, super influenzata da Francia e vecchie colonie, sui concetti di “prodotti locali” e “biologico” iniziando finalmente a promuovere prodotti appartenenti alla cucina “comune” e sapendoli portare a livelli estremi.
Abbiamo notato una uguale sorte anche negli Stati Uniti dove solo dal 2005, grazie a nomi come Grant Achatz, Sean Brock, Joshua Skenes che sono riusciti a dar corpo a una New American Cuisine, ci si è distaccati da un’egemonia francese che risulta avere tuttora un’importante influenza attraverso grandi maestri come Thomas Keller o Daniel Boulud. Vale poi la pena citare il senso di collettività che ha sempre legato la realtà della Francia, capace per decenni di primeggiare a livello di influenza internazionale.
Come denominatore comune di questi successi a nostro avviso c’è stata la voglia di fare gruppo, di creare un legame tra chef proiettati verso uno stesso obiettivo e alfieri delle stesse idee e concetti. Anche se l’Italia può vantare maestri di altissimo livello che si son fatti ambasciatori di un concetto importante di cucina italiana, pensiamo che la frammentazione della nostra categoria sia sempre stata un nostro limite. Forse è questo il vero motivo della mancanza di una rivoluzione gastronomica in Italia? O forse l’importanza della nostra cucina regionale, che ci distingue da tutti e che è stata e sarà sempre motivo di vanto, risulta essere allo stesso tempo un freno al cambiamento?
Troppe volte la nostra cucina viene additata con stereotipi che denigrano sia la nostra cultura che la nostra voglia di fare; ed è per questo motivo che Cucinanuova si propone di unire chef, produttori agricoli, allevatori di eccellenza ma anche artigiani ed esperti in comunicazione che avvertano la necessità di farsi sentire, di uscire dagli schemi. Persone che fanno della ricerca di prodotti unici, dell’utilizzo di tecnologie all’avanguardia e dell’approfondimento di tecniche sia nuove che ancestrali il loro modo di concepire la nuova ristorazione italiana.
Il fine quindi che ci poniamo è quello di creare un food-network capace di stimolare lo spirito di solidarietà dell’intera comunità e che riesca a far percepire al consumatore il concetto di Cucinanuova. Vogliamo avvalerci perciò di professionisti che, attraverso le loro esperienze, riescano a rappresentare tutta la filiera di organizzazione del nuovo modo di fare cucina.
Già… il consumatore. A nostro avviso la figura più importante della filiera stessa. Sarebbe completamente errato, a nostro avviso, non prendere in considerazione quello che risulta essere il vero giudice del nostro operato. Proprio per questo motivo Cucinanuova si impegna a favorirne l’informazione e considera come punto di partenza le necessità del cliente stesso. Il consumatore ha il diritto e il dovere di essere reso partecipe di quelli che sono gli studi, le ricerche, l’impegno, il rispetto e la sostenibilità (anche sotto il profilo umano) che rendono diverso il nostro lavoro. Vogliamo che il cliente sia messo in condizione di capire il vero valore di un ristorante di cucina gastronomica.
Nessuna realtà che consideriamo appartiene alla grande distribuzione, dall’allevatore, all’agricoltore, al responsabile della trasformazione, all’artigiano che produce pezzi unici.
Inizialmente ci proporremo di intervenire sulla nostra comunità in dirette live per dare voce a ogni singolo membro di Cucinanuova, così che ognuno possa raccontare la propria storia, il ruolo che ricopre, ma soprattutto la filosofia che lo contraddistingue. Una sorta di presentazione dove si potrà discutere anche di temi che più toccano gli interlocutori e i punti sui quali vogliono soffermarsi maggiormente per stimolare un approccio originale a quella che è la nostra visione di alta ristorazione.
Cucinanuova si propone inoltre di organizzare un evento gastronomico dove, avvalendosi della presenza di tutti i soggetti coinvolti, cercheremo di proiettare in forma tangibile la nostra filosofia. I rappresentanti dell’intera filiera saranno chiamati a intervenire per formare e sensibilizzare i consumatori a esperienze gastronomiche di avanguardia.
Per anni le voci italiane sono sempre state frammentate e separate…. Un senso di collettività risulta fondamentale per creare un movimento che abbia impatto concreto sulla società. Ecco perché il fulcro del nostro progetto resta la creazione di una comunità solida che, partendo dagli chef, sappia coinvolgere a cascata tutti i responsabili della filiera; tanti cardini che decretano la riuscita di un concetto di ristorazione moderna.
Siamo fermamente convinti che i capisaldi della nostra comunità dovranno essere la condivisione e l’informazione.
Vogliamo infine focalizzarci soprattutto sui giovani e cercheremo quindi il coinvolgimento delle strutture scolastiche pubbliche; attraverso i nostri canali vogliamo condividere idee, concetti e la stessa filosofia dei singoli avendo come fine ultimo l’informazione. Per alzare il livello di percezione della cucina contemporanea
Il team Cucinanuova
Prime adesioni: Andrea Antonini, Antonio Biafora, Antonio Lebano, Antonio Romano, Ciro Scamardella, Daniele Lippi, Domenico Candela, Domenico Stile, Donato Ascani, Eugenio Boer, Fabrizio Fiorani, Francesco Di Marzio, Gianluca Renzi, Giovanni Solofra, Giuseppe Molaro, Luca Gulino, Marco Ambrosino, Matteo Metullio, Mattia Trabetti, Nello Iervolino, Riccardo D’Agostino, Roberta Merolli, Tommaso Foglia, Davide Guidara, Luca Abbruzzino, Davide Caranchini, Antonio Zaccardi..
Movimento Cucinanuova e i cuochi giovani
Andare da Pipero è un pò come andare a scuola: ogni volta si impara qualcosa. Entriamo e la sala è piena di italiani a tutti i tavoli, quando fino a pochi mesi fa la metà erano sempre stranieri. I problemi li ha avuti lui, e li ha ancora, come tutti gli altri, ma di certo sa come affrontarli. I meriti sono tanti, la sua accoglienza è leggendaria, il servizio di sala ti segue al tavolo con i guanti coccolandoti senza nemmeno fartelo pesare, e anche in cucina Ciro Scamardella con i suoi si destreggia ad alti livelli. E’ curioso come la cucina di Pipero sia avvertita e citata come “cucina romana”, (c’è anche questa, pensiamo alla mitica “carbonara”), ma qui c’è ben altro, direi rimandi di “grande cuisine” come in pochi altri luoghi di città. Pensiamo ad esempio all’ineffabile ed elegante terrina di foiegras e funghi che potresti essere in un tre stelle parigino, o alla perfetta salsa chamapgne che fa passare quasi in secondo piano il buon rombo. Una cucina che non insegue il rischio inutile, che spesso non paga, ma che si apprezza nello scorrere della cena, dalla serie di finger foods iniziali (forse solo un pò troppo invadenti), alla buonissima tartara e al risotto ben equilibrato. Meno convincente ci sono sembrati i ravioli (troppo sapidi e concentrati), e torniamo in alto con il sopracitato rombo e la dolce animella ben contrastata dal wasabi. Si chiude con i dessert, buoni, ma li vorremmo un tantino più spettacolari.
La prima giornata si conlude con la cena di Donato Episcopo e la seconda si apre con l’interessante confronto tra i giovani imprenditori del salentino: Clemente Zucca per il vino, Giovanni Grandioso per l’ospitalità, Daniele Totisco per una nuova ospitalità a misura del cliente, Valentina Rizzo e Giulia Tramis sulla nuova ristorazione che parte dalla tradizione ma che cerca anche di evolversi. Subito dopo è la sala la protagonista con altri interventi e poi il testimone passa alla cucina con due giovani chef in campo: Ciro Scamardella con una serie di ottimi assaggi (l’impepata in evidenza), e Michele Lazzarini con un’animella che da sola valeva il viaggio. In sintesi un’edizione che all’ultimo momento è cresciuta giocando un pò d’azzardo, ma il coraggio è stato ampiamente ripagato dall’afflusso di un pubblico ordinato ed attento. Prossima edizione? Pensiamo in primavera e non mancherà il Premio Emergente.
Al via la nuova edizione di Foodexp, rinviata causa Covid e rimaneggiata: con Giovanni Pizzolante abbiamo convenuto di rimandare al 2021 le gare di Emergente. Ma per il resto il programma è avvincente e ricco di spunti. Lo presenta alla stampa nella bella sala di questo nuovo e moderno W Club nel centro storico di Lecce, in una cena conviviale approntata da Ivan Scrimitore chef resident del W, Cosimo Russo dell’omonimo ristorante di Leverano, Emanuele Frisenda di Aqua a Porto Cesareo, CHiara Spalluto della gelateria Vittoria.
Il capoluogo salentino torna protagonista dell’evento.
Anche quest’anno ritorna FoodExp 2020, e la città di Lecce tornerà ad essere ancora una volta la location di questo importante evento. Saranno due giornate dense di appuntamenti e competizioni, e non mancheranno le più autorevoli personalità del settore alberghiero e della ristorazione.
Si parte il 28 settembre, ed in primo luogo, alle ore 11:00 Luigi Cremona sarà ospite del dibattito “Young in the Future”, che vedrà la partecipazione del Professor Fabio Pollice, Rettore dell’Università di Lecce, e Paolo Marchi di “Identità Golose“. Questo appuntamento prevede la partecipazione del giornalista Gioacchino Bonsignore nelle vesti di moderato. FoodExp 2020 proseguirà con il Premio Emergente 2021, in cui parteciperanno le giovani promesse del settore. All’evento presenzieranno Luigi Cremona e Lorenza Vitali di Witaly, Stefano Pistollato di Agugiaro & Figna e Dario Iurlano di Bertos Spa. Una menzione a parte merita Giovanni Pizzolante, organizzatore di FoodExp 2020, che ci omaggerà con la sua presenza. Parlando sempre delle novità, alle ore 15:00 si terrà una conferenza con Marta Cottarella, della Scuola di Alta Formazione “INTRECCI”. Vincenzo Donatiello, maître e sommelier del Ristorante Piazza Duomo *** di Alba, presenterà invece “Io Servo”, il suo primo libro rivolto al personale di Sala. La giornata ovviamente non termina qui, e proseguirà con molti altri appuntamenti, dibattiti ed incontri pomeridiani.
La seconda giornata si aprirà con l’incontro “New Generation Puglia“, che vedrà Luigi Cremona nel ruolo di moderatore. In questa occasione interverranno giovani rappresentanti del settore hotellerie come Giovanni Grandioso di “Le Dune Group” e Daniele Totisco di CDS Hotel. Parlando di vino, ci omaggerà con la sua presenza Clemente Zecca di “Cantina Vitivinicola Zecca“, mentre per il settore della ristorazione presenzieranno Giulia Tramis del Ristorante “Lilith Laboratorio in Masseria” e Valentina Rizzo del Ristorante “Farmacia dei Sani”. In questa seconda giornata si potrà conoscere più da vicino il mondo dei ristoranti stellati con ospiti illustri. Alle ore 15:00 è previsto un incontro con Chef Roy Caceres, proprietario ed Executive Chef del ristorante Metamorfosi* di Roma. Carlo Passera presenzierà come moderatore dell’incontro. Mentre alle ore 16:00 si potrà fare la conoscenza di Michele Lazzarini, Lukas Gerges, rispettivamente Sous Chef e Restaurant Manager del St. Hubertus *** di San Cassiano (BZ). Ci sarà anche l’occasione per conoscere lo Chef Executive Ciro Scamardella del Pipero Restaurant * di Roma ed il proprietario della struttura Alessandro Pipero. Ovviamente anche nella giornata conclusiva si terranno altre iniziative illuminanti in grado di valorizzare al meglio lo spirito di questa nuova edizione del FoodExp.
Di questi tempi le novità valgono il doppio e quando sono buone come questa anche il triplo. Qui poi ne abbiamo due in una: la pizzeria ‘A Rota (che proveremo una sera) e l’osteria Eufrosino di Paolo D’Ercole. Paolo è un appassionato autodidatta che si è fatto conoscere e ben volere (e non a caso al tavolo accanto al nostro c’è parte della brigata di Pipero in vivista amicale). Tenta una strada curiosa: quella di presentare ricette di varie regioni in un piccolo menù che consente quindi di viaggiare dalle isole alle Dolomiti. Non sempre sono ricette fedelissime all’originale, ma l’intento più che didascalico è quello di divertirsi con i sapori, anche perchè si apprezza lo sforzo di basarsi comunque su ingredienti selezionati. Ne abbiamo provate qualcuna e il risultato è più che soddisfacente, con la migliore quella vicino casa (la ciriola) seguita dal coniglio siciliano in agrodolce, la meno convincente è una chitarrina un pò anonima. Altre note a favore sono il buon pane fatto in casa che fa presagire anche una pizza di livello (ci torneremo), la piccola ma attenta selezione di etichette, il servizio esperto di Paolo Abballe (ex Metamorfosi), l’ambiente veramente godibile e centrato (l’osteria è nuovissima e sembra già vissuta) e infine il conto modesto. Insomma di ragioni per venire fin qui ce ne sono e non sono poche. A sfavore il parcheggio difficoltoso.
In giro per Taste approfittando di una piacevolissima serata romana, ventilata e fresca. Un giro piacevole anche perchè quest’anno c’è veramente forse il meglio della ristorazione capitolina, quindi un giro di assaggi senza rischi che in effetti non ci sono stati. Su tutti le ottime polpette di Francexco Apreda per le quali avrei rinunciato alle PorzioniCremona, ma, ripeto, anche tutto il resto decisamente buono (solo in parte riprodotto in questo post).
Prima parte di Emergente PIzza, in gara sul tema della margherita: Gianmarco Zocco de La Cistaredda,Mimmo Santoro de L’Appetitosa a Grottaglie, Angelo D’Amico di Spiriti Gourmet, Vito Manzari di Spirti Gourmet, Gianluca Morea di Torre Gavetone, Davide Cavalera di Food Pop. E si svolge appieno quella di Emergente Sala con la prova orale condotta da Vincenzo Donatiello, Antonello Magistà ed Alessandro Pipero. Sono in gara: Mattia Strafella de Le Dune, Nicola Loiodice de I Due Camini, Michele Lorizzo di Quintessenza, Simona Fusco della Masseria del Sale, Luca Martella del Capriccio, Domenico Lucia del Fè, Federico Ingrosso di Amelie, Savatore De Taranto di Fuori Porta e GIanmarco Merazzi dell’Osteria degli Spiriti. Una gara combattutta finoall’ultimo servizio, quello durante la cena di gala e che si conclude con una menzione speciale a Michele Lorizzo, ma il vincitore assoluto è Gianmarco Merazzi che rivedremo quindi in finale a Roma,
Cambiano gli chef, ma Pipero rimane Pipero. E questo è un bel segnale, a testimoniare che la continuità non viene data solo dallo chef, ma anche dalla sala. E’ lui che ha dato il nome al ristorante, è lui che ci mette la faccia e anche il rischio dell’imprenditore. Ed è lui il primo a sapere che la sala può essere importante, ma non è tutto. Ed infatti ha sempre saputo scegliere i suoi cuochi: giovanissimi, simpatici, come in questo caso. Al posto di Luciano ecco Ciro, a noi particolarmente caro. Ha vinto tre anni fa Emergente Chef ed è rimasto sempre legato alla nostra competizione. Arrivato in estate da Pipero ora è subentrato a tutti gli effetti. Il risultato lo sapevamo prima ancora di varcare la soglia: Pipero non si sbaglia, ha sempre avuto talenti veri sotto di sè e questa volta è andato perfino nel sicuro senza praticamente rischiare. Ciro lo conosceva bene, e infatti a soli pochi mesi dal cambio, il ristorante sembra funzionare come una macchina perfettamente oliata. Il menù varia con sapienza, tra ingredienti nobili e meno nobili, tra terra e mare, miscelando note golose (ceci funghi e nocciole) note affumicate (la tartare) la giocosità (la mozzarella) la succulenza (la genovese di polpo). Il tutto accompagnato da un ottimo pane, da un servizio che fa da esempio. E alla fine pure i dessert non deludono. Morale: Pipero rimane una solida certezza. con una cucina ancora una volta adeguata al contesto, con l’unico appunto dei pochi rimandi al territorio di appartenenza (nel menù degustazione dove non c’erano praticamente i primi, mentre alla carta non macano alcuni classici), e del poco spazio lasciato all’azzardo: ci piacerebbe non sempre, ma ogni tanto, con giudizio, magari osare di più.