Il locale è tra i più belli che si possano pensare, stile moderno contemporaneo, elegante e preciso nei particolari (la disposizione dei tavoli, la mise en place, l’illuminazione, l’insonorizzazione). La sala si muove con rigore, forse un pò troppo formale, ma è ben preparata e Francesca Poli, la titolare è puntuale e precisa nell’illustrare le pietanze che arrivano. E non è un lavoro facile quest’ultimo, perchè in cucina c’è Terry Giacomello, chef tra i più preparati, eclettici e tecnici che abbiamo in Italia. Conosce forse ogni curiosità, passaggio tecnico, innovazione grazie alle sue sperimentazioni ed esperienze in giro per il mondo, e conosce pure i prodotti dei vari continenti. Qui non ci sono solo alghe, licheni, amaranto e shiso che ormai troviamo quasi ovunque, ma anche le vongole sono norvegesi, e il limone iraniano. Una cucina che è volutamente ben lontana dal km zero e posa lo sguardo oltre l’orizzonte a 360°, e dove ogni piatto è pensato fatto e proposto per stupire, per essere diverso, particolare. E non solo la pietanza in quanto tale, ma anche il piatto inteso come contenitore con una serie di proposte alcune veramente belle ed originali. Il menù degustazione (a 135 euro) comprende ben 14 assaggi e altrettanti (più ridotti) ne arriveranno con gli stuzzichini iniziali e finali. Tenere il conto di tutto quello che arriva sul tavolo non è da poco per chi è seduto al tavolo, ma sicuramente l’impegno maggiore è per chi lo deve preparare. E’ una brigata agguerritissima quella di Terry, che si spreme non poco, ma si esalta e riesce a produrre un lavoro fenomale, anche se a volte ci sembra che a tanta mole di lavoro poi non corrisponda un’altrettanto adeguata soddisfazione per il palato. Ma per il vero gourmet questo comunque resta un paradiso-palestra che arricchisce e che ad ogni piatto comunque ti lascia qualcosa. Dalla lunga serie di assaggi provati ecco secondo noi i più significativi a parte quelli “storici” già provati come la mezzamanica e le tagliatelle di albume: la vongola, il cetriolo di mare e la bella e buona corteccia di nocciola finale, mentre tra quelli sempre belli e preziosi, ma meno convincenti al palato: la medusa, il raviolo di tendine, l’alga e amaranto. Ricordiamo infine i nomi di alcuni dei responsabili dietro e fuori le quinte: in sala Daniele Molinaro con Luca Murgia e Fabio Arlia; in cucina con Terrym Francesco Pavan e Mattia Colacicco.
Daniele Molinaro
Ci vuole coraggio nel cuore dell’Emilia a proporre una cucina senza una pasta all’uovo e nemmeno un risotto. Ci saranno pure i primi da qualche parte, ma di certo nel lungo menù degustazione che ci è stato servito non se n’è vista neppure l’ombra. Una cucina che guarda decisamente in avanti, che si esprime con creatività ancora prima di iniziare: dal gioco dei nomi (Inkiostro il ristorante, Link ovvero L’ink, inchiostro in inglese, l’albergo di fronte della stessa proprietà), all’architettura modernissima e all’arredo coinvolgente e bellissimo (cantina e toilette incluse). In cucina è arrivato Terry Giacomello, friulano, ma con passaggio importante al Noma. Si esprime con una proposta di alto contenuto tecnico, con un ampio spettro di soluzioni, con un linguaggio estetico di prima qualità. Il meglio (e parliamo di tanta roba) lo troviamo nella frammentazione iniziale: dalle macadamie tostate alla meringa di acqua di mais, dagli gnocchi di bacca rossa alle mezzemaniche di prosciutto, e tanto altro ancora). Di buon livello, ma non così convincenti i piatti più completi come l’astice e il piccione, mancava però proprio il Giacomello quando noi siamo passati e questo la dice lunga sulle potenzialità della cucina. Menzione speciale infine alla buonissima insalata di tuberi, e ai dessert, buoni e originali (e pensare che sono alla ricerca di un pasticciere!)