Daniele Tagliaferri non solo sovraintende una storica e prestigiosa enoteca, ma ha un fiuto per i vini e soprattutto le bollicine straordinario e lo dimostra il Blanc di Giraud che ha fatto assaggiare ad Alessandro Scorsone e al sottoscritto. Ma indubbiamente ha anche fiuto con gli chef. Ne ha sempre avuto di notevoli e l’ultimo ci sembra non da meno, anzi! Come preparazione tecnica ha pochi rivali (non a caso è stato a lungo con Anthony Genovese), la differenza la fa anche la cultura. Romano, appassionato di storia antica, nel suo menù i rimandi all’antica Roma sono numerosi e aggiungono non poca valenza a quanto propone al tavolo. Una cucina quindi di radici profonde, ma resa godibile da un linguaggio contemporaneo, una cucina di sapori profondi quasi sempre anche molto centrati. C’è ancora magari qualcosa da fare per un’ulteriore alleggerimento ma il risultato complessivo è comunque molto interessante, ancora di più se rapportato alla giovane età, il che fa presagire ulteriori e positive evoluzioni. L’unico piatto che ci è piaciuto di meno è stata l’aletta di pollo un po’ appiccicosa e poco contrastata, ma per il resto la media è stata alta con al vertice dei raviolini vibranti di originalità e brillanti al palato. Complimenti quindi a Tommaso, ma anche a Daniele d’averlo saputo così ben motivare. Con Tommaso in cucina Leopoldo Di Martino e Maria Finocchiaro, in sala gli eleganti Nicola Corradini e Francesco Magna.
Daniele Tagliaferri
Uno dei luoghi gastronomici più sorprendenti d’Italia è questa Enoteca. Vanta ormai una lunga storia come testimoniano le bottiglie in vista (senza parlare di quello che c’è al piano di sotto in cantina), che spaziano tra vini e distillati, spesso rari e costosi, con una varietà rara a vedere in giro. L’enoteca è lunga, ma più lunga ancora di quanto sembra all’inizio. Infatti in fondo c’è un passaggio che fa accedere alla chicca finale: un ristorante ovattato, pieno di boiseries che sembra essere in un club privato di Mayfair. Un ambiente insolito per la Capitale e ancora più insolita è la cucina, affidata a Massimo Viglietti, ristoratore per nascita e cuoco per passione. Dimenticate quegli chef che amano apparire, che gli dai un microfono in mano e non lo mollano più: tirar fuori due parole a Massimo è già un’impresa, e non che le cose non le sappia! La sua cultura è sorprendente, inversamente proporzionale al suo apparire, spazia dal vino al cibo, dai grandi di Italia e di Francia, grazie anche alle tante frequentazioni d’oltralpe, e al suo essere cresciuto in un famoso ristorante non lontano dal confine. E la sua cucina è fuori dagli schemi usuali, dissacrante e innovativa, controcorrente e audace. Ogni piatto è ricco di contrasti: nelle consistenze, nell’accostamento prodotto pregiato e prodotto povero, nell’abbinamento ingrediente di casa nostra e quello che magari invece viene da lontano. Il risultato è che non ci si annoia. I piatti sono poi leggerissimi e attenti al lato salutistico, ma solo se si riesce a schivare il pericolo incombente del pane: tra grissini e chips, focacce e croissant, pane a lievito madre e quello integrale è veramente duro resistere. Quanto ai piatti oltre che interessanti sono anche buoni, con in evidenza il king crab (un pò piacione) e gli spaghetti di patate. L’unica vera battuta di arresto è arrivata proprio alla fine, con il dessert al cioccolato bianco capperi e pomodori per noi decisamente stucchevole.
Un’altra terrazza romana, e ormai l’elenco è notevole, ed un altro punto gourmet da tenere a mente. Siamo a via Giulia, quindi in una via di prestigio del centro storico, in cima ad un bel palazzo che ospita un albergo particolare, che vuole distinguersi per la cura, per l’ambiente, per l’atmosfera che ricorda quasi più Londra che Roma. Però qui in terrazza non c’è alcun dubbio in quale città siamo, l’ambiente è anche informale quanto basta, il servizio sollecito, la cucina affidata ai giovani Alessio e Andrea con lo zampino di Massimo Viglietti che cura la cucina dell’Enoteca Achilli al Parlamento. I ragazzi sono bravi e spigliati, spesso anche in sala, dove troviamo Daniele Tagliaferri, titolare dell’Enoteca e papà di Alessio. La mano di Daniele si vede nella carta dei vini, sapiente, con uno spazio speciale dato allo champagne (dove Daniele è un vero specialista). La terrazza era piena e i piatti sono usciti un pò frettolosi, o magari sono così sempre cioè non particolarmente rifiniti, ma i sapori sono gustosi e centrati e la cena si svolge piacevolmente, godendo del bell’ambiente e circondati da una clientela rilassata che sorride e scherza e si gode la bella serata. Proprio come noi.
Achilli enoteca con alta cucina
Massimo Viglietti è chef atipico, non solo riferito a Roma. Sarebbe lo stesso in qualsiasi contesto. Se il padre quando iniziava a parlare non si fermava più (come ricorderanno i clienti del Palma di Alassio), Lui è ben difficile che dica più di due parole di fila. Schivo, ma non umile, poco appariscente fuori dalla cucina, ma non modesto. Ma alla fine quello che importa è il suo stile di cucina e qui dobbiamo solo complimentarci. Sembra in questo aver trovato la giusta collocazione in questa Enoteca famosa ad un passo dal Parlamento ed un ottimo rapporto con il suo titolare, Daniele Tagliaferri, profondo conoscitore di vini e di bollicine in particolare, ma anche attento a scegliere i collaboratori. Sintonia che si traduce in una serie di assaggi gradevoli, con forse meno lampi azzardati (ma che a volte facevano la differenza), ma anche meno cadute rovinose rispetto ai nostri ricordi. Tutto fila liscio, tutto è buono e piacevole con lode speciale all’ottimo pane (e focacce), e applauso alla patata affumicata al tabacco con pinoli e alici.
Pranzo ad alto livello, grazie a Guido Folonari che ci ha abituato da tempo a grandi vini. Dal brut reserve Heidsieck ai nuovi bianchi dell’Alto Adige, passando attraverso barolo, brunello e bolgheri (difficile fare la classifica) per chiudere a sorpresa con un fantastico Oenotheque Charles Heidsieck di antica data. Guido è anche un piacevolissimo commensale e il pranzo è veramente volato via. Eravamo all’Enoteca al Parlamento, regno da un paio di anni di Massimo Viglietti, che per carattere è l’opposto di Guido, uno chef schivo e taciturno, che però ha indubbiamente talento, non si tira indietro, e ama il rischio. L’inizio è una splendida zuppa di fagioli, meno entusiasmanti ci sono sembrati il coniglio e la guancia, mentre buono il più tranquillo dessert.
Tutti felici, l’Enoteca Achilli per la stella appena ricevuta (e perfino il taciturno Massimo Viglietti è riuscito ad esprimersi al riguardo) e Gianluca Bisol per l’ottima annata dei suoi vini. Lui è un pò il Gaja del prosecco, parla poco della sua azienda, porta avanti sempre il territorio, per far rispuntare con falsa modestia poi i suoi vini tra le righe. Vini che sono comunque buoni, soprattutto secondo noi i due metodi classici, il prosecco Relio dalla curiosa bottiglia e il Cartizze. Ad accompagnarli le proposte dissacranti di Viglietti, che non bada alla presentazione, non bada alla sequenza (due ricette con il formaggio sopra le righe in sequenza), ma ci sorprende con una maggior ricerca della succulenza (i due piatti di pesce) a scapito delle sue abituali asperità.
Ghiotta l’abbinata che promette scintille: i piatti dell’estroso Massimo Viglietti chef de L’Entoeca al Parlamento, e gli Champagne De Venoge una delle più titolate e famose Maison. Il tutto presentato dal Presidente della Maison, Gilles Morisson de la Bassettière che ha per l’occasione offerto alcune chicche, di una gamma comunque notevole: il blanc des blancs 2004 uno champagne di grande finezza, e il Cuvèe des Princes 1998 in versione magnum, in anteprima assoluta per l’Italia, uno champagne opulento che ha magnificamente chiuso la serata. E anche le ricette di Massimo non ci hanno fatto di certo annoiare, un pò bizzarro il baccalà a vapore, più armonica la sua trippa.
Genio e sregolatezza convivono in Massimo Viglietti, chef a dir poco singolare, che si presenta sempre sottotono di persona, ma è invece capace di tutto quando dietro le quinte crea le sue ricette. Sicuramente geniale nell’inventarsi l’abbinamento che ti spiazza e ti sorprende, ma discontinuo perchè per reggere un gioco di continue invenzioni gastronomiche ci vorrebbe l’assistenza di una brigata (che non c’è) e una forse maggiore presa di coscienza dei propri meriti e dei propri limiti. Ma l’aperitivo che ha lanciato questa nobile e storica Enoteca al Parlamento in questa poco calda estate è di quelli che lasciano il segno, sia per l’immensa varietà di bottiglie che possono essere prese in gioco, sia per l’indubbio estro dello chef. Si è lanciato nel fritto con disinvoltura, anche se poi alla fine le cose che più ci hanno colpito con il fritto hanno poco a vedere: una straordinaria parmentier di whsky e patate, e un gelato di sigaro da sballo.
Enoteca al Parlamento a Roma
L’enoteca è un contenitore di una quantità di vini e liquori (normali, rare e introvabili) che sembra senza fine. Si è sempre anche mangiato e bene, ma più a livello di stuzzichini, tartine, taglieri di culatello o altri ottimi prodotti, in modo informale. Quest’offertta continua al banco o nel piccolo dehor, mentre nelle due salette sul retro è arrivata la cucina di Massimo Viglietti, chef stellato di Alassio che prova a mettersi in gioco in una grande città. Massimo ha sempre dimostrato un grande coraggio, cercando prima di cambiare le regole nel ristorante dei suoi genitori, poi proponendo una linea di cucina nuova e audace, ed ora cambiando addirittura locale e ambiente di lavoro a 600 km da quello originale. Per Roma è un acquisto formidabile, perchè forse non c’è nessuno che faccia una cucina così personale e trasgressiva che viene ad ampliare il panorama dell’offerta gourmet della Capitale. In una saletta che è una vera bomboniera piena di coccole, con un servizio curato, viene proposto il menù dello chef (wish you were here, il nome, dal titolo di una celebre canzone dei Pink Floyd che è anche una delle nostre preferite in assoluto) a 100 euro (che non sono pochissimi per la città) dove Massimo dà sfogo alla sua creatività. Il risultato è notevole, non tutti i piatti ci sono piaciuti (“il Caos”, così si chiama, della triglia fritta è un vero caos, come anche quello delle acciughe fritte), ma il baccalà e foie gras, come le seppie con carciofi, le ottime polpettine e la carbonara rivisitata sono tutti piatti che meritano, e come!
Serate vicentine al Caffè Romano dell’Hotel d’Inghilterra con un menù a 4 mani gestito dallo chef resident Vitale e da Negretto della Villa Michelangelo dei Colli berici. E poi cambiamenti in atto alla storica Enoteca Achilli con l’arrivo di Massimo Viglietti dal Palma di Alassio. Siamo curiosi di provare il suo menù, che in questi giorni verrà messo a punto.