E tutti gli chef al mercato che abbiamo approntato per loro: radici fresche, verdure, frutta di stagione, erbe aromatiche e selvatiche, con le confezioni di Roots e di Pasta del Pastificio dei Campi. Ognuno ha la sua cassetta e “fa la spesa” che viene poi regolarmente pesata. E nel frattempo arriva la giuria, pian piano, nomi famosi ed eccellenti del meglio della ristorazione toscana e non solo. Finita la spesa secondo il sorteggio ogni cuoco entra nel backstage, troverà solo un tavolo e dell’acqua bollente, niente elettricità, solo coltelli e tagliere. Ognuno avrà un’ora e poi un’altra ora all’esterno alla postazione del barbecue per finire la ricetta e servirla alla giuria. Brindisi e si parte.
Davide del Duca
Ed ecco la cronaca della giornata di Roots. La prima parte è dedicata alle erbe e alle radici del bosco con due relatori d’eccezione, Livio Pagliari ed Elvia Giosuè che raccontano storie di erbe spontanee e cucina. Dopodichè si procede alla presentazione dei cuochi arrivati da tutta Italia ed al sorteggio effettuato usando come bussolotti gli “occhi di lupo”, il formato del Pastificio dei Campi che ci sembrava in tema con il bosco. Eccoli i concorrenti: Alessandro Cannata del Moma di Roma, Damiano Donati del Punto di Lucca, Daniele D’Alberto del BR1 di Montesilvano, Christian Mandura del Geranio di Chieri, Davide Del Duca dell’Osteria Fernanda di Roma, Federico Delmonte di Chinappi di Roma, Francesco Palombo di Tenuta Esdra di Cassino, Luca Mastromattei del Pescion di Pescara, Marcello Tiboni della Locanda Walser della Val Formazza, Marco Claroni dell’Orologio di Fiumicino, Mariano Guardianelli dell’Abocar di Rimini, Riccardo Cappelli del Pellicano di Porto Ercole, Silvia Moro del Moro di Montagnana, Francesco Brutto di Undicesimo Vineria di Treviso, Carlo Nappo della Catina di Pordenone, Stefano Sforza del Turin Palace di Torino, Shady Hasbun de Le Rotte Ghiotte di Arezzo. E a poco la gara.
E continuano le maratone degli assaggi con il “pranzo delle promesse” nel ristorante di Gennarino, per pochi invitati, ma sono tanti sempre in cucina. Ci accoglie un festival di assaggini come aperitivo, tra i quali spicca un buon “mini stone”, un minestrone di radici di Giulio Coppola, e poi a tavola per i piatti serviti. Arriviamo a completare i primi, cediamo sui secondi e sui dessert. Piatti buoni, tra i quali la piena lode va’ all’ultimo assaggio, i ravioli di Gorini, di eccelso equilibrio.
Miseria e Nobiltà, titolo della serata a 4 mani con protagonisti due chef giovani e capaci come Davide Del Duca e Cristian Torsiello. Vediamo solo nobiltà in giro a cominciare dalla pasta, una signora pasta quella del Pastificio dei Campi e a finire con le manipolazioni dei due chef, tutte buone o comunque interessanti, qualcuna fuori tema. Esempio la lingua dove la pasta quasi non si avverte.
Sono già passati vari anni da quando li abbiamo visti ad Emergente. Sono diventati amici e nel frattempo sono anche cresciuti, non solo d’età, ma di professionalità. E oggi si alternano alla grande dando un saggio di alta finezza tecnica, senza scivolare nell’astrusità, e cosa sorprendente, proponendo una serie di piatti che quasi sembrano fatti da due mani sole e non da quattro. Sublime la partenza severa di Gianluca con il manzo crudo di raffinata consistenza, ed è poi sempre un piacere ritornare sul romolaccio di Davide. Non ci aspettavamo tanta succulenza nei due primi, un pò didascalico il carciofo, mentre abbiamo dovuto rinunciare ai dessert per problemi familiari. Che dire? per l’età che hanno volano già molto in alto.
Osteria Fernanda cambia strada
Cambiano strada due volte Andrea e Davide, titolari di Osteria Fernanda, in senso letterale spostandosi di duecento metri in questo ampio locale fin troppo trasparente agli occhi esterni e in senso di indirizzo stilistico di cucina aumentando lo spessore tecnico delle ricette, e di conseguenza le aspettative della clientela. Lui, Davide Del Duca, è un personaggio, il vero “Revenant” degli chef italiani, un Lo Caprio bruno che nell’incontro occasionale con un orso avrebbe probabilmente la meglio. Grande e grosso, ma poi in cucina dimostra una sensibilità, precisione e delicatezza che non ti aspetti. Ci propina quasi l’intero menù che ne testimonia la voglia di emergere, l’amore per il rischio, la cultura eclettica, l’ansia di apparire e di colpire l’immaginazione del cliente. Non c’è un piatto che non sia studiato nei suoi (almeno) dieci ingredienti, ma il tutto sembra venir fuori con spontaneità e apparente candore genuino. Il risultato di prima impressione è più che appagante, poi in chiave di fine lettura escono fuori tanti piccoli difetti, imprecisioni, approssimazioni, dovute in larga parte al “troppo” che spesso è difficile gestire. Le cose migliori? l’insalata di romolaccio, gli spaghetti alla melanzana bruciata, le due carni. Meno convincenti la seppia e gli altri primi.
Vedere attraverso, vedere l’invisibile, vedere grazie alla cultura che è in noi. Questo il messaggio di Massimo Bottura al migliaio di visitatori presenti a Culinaria. Perlopiù giovani che sapevano che non avrebbero mangiato altro se non cultura. E il messaggio è stato chiaro e forte, grazie alle parole, ma soprattutto alle mani, ai movimenti, agli sguardi. Massimo non solo è un grande personaggio, ma sa trasmettere alla grande il suo pensiero. Ecco così che abbiamo visto nascere alcuni suoi piatti che ormai sono “storici”, dalla crostatina di limone rotta al camouflage, per finire con il brodo di “tutto”, l’essenza stessa della sua umanità. Un’ora di lezione, un’ora di applausi, un’ora alla riscoperta del vero che è in ognuno di noi, se sappiamo guardare dentro alla ricerca dell’invisibile che è ovunque, ma che una grande ricetta. magari aiuta a scoprire.
Ed ha avuto un buon successo l’idea di far improvvisare gli chef che volevano esibirsi. D’altronde avevano a disposizione una serie di prodotti di altissimo livello, completati da un banco frutta e verdure allestito per l’occasione. E ci siamo così divertiti fino al brindisi finale. In conclusione un ottimo inizio per un evento che voleva essere limitato, esclusivo, di qualità. E pensiamo che sia andato bene oltre le previsioni.
Quinta edizione della Cena per la Caritas organizzata dagli Amici della Caritas con la collaborazione della Diocesi di Roma e di tanti altri volontari. Come sempre Witaly ha curato i contenuti gastronomici coinvolgendo chef famosi Gennaro Esposito, Oliver Glowig e Riccardo Di Giacinto) con i giovani della FIC (responsabile Alessandro Circiello) e Davide Del Duca, un bravo emergente chef della Capitale.