Trenta anni di Gambero Rosso. Ci sembra ieri quando andai a trovarli in via Ripetta, e poi ancora più vicino casa a via Arenula, sempre con un grande e dovuto rispetto al loro lavoro. E in questi trentanni abbiamo visto crescere una realtà importante e consolidata. Una grande festa quella di ieri, con tanti personaggi che hanno fatto un pò la storia dell’Italia del gusto, con una bella regia e tanti applausi. Tutto perfetto? Quasi, un ricordo di Stefano Bonilli sarebbe stato secondo noi opportuno, e magari anche di Daniele Cernilli. E, dulcis in fundo, ci avrebbe fatto piacere abbracciare anche Clara Barra.
Emiliano Pascucci
Tradizionale cena delle 3 forchette con alcune novità. La prima riguarda la location, la grande sala dello Sheraton che cerca (e non ci riesce) di farci dimenticare la sede storica della Città del Gusto. La formula è innovativa, non più la cena placèe, ma i piatti ce li andiamo a prendere direttamente dagli chef che cucinano lungo il perimetro della grande sala. Una formula che velocizza il ritmo della cena, permette di scambiare qualche chiacchera con gli amici capitati ad altri tavoli, i piatti vengono raccontati dagli chef in prima persona e vengono anche facilmente digeriti grazie ai chilometri che si fanno. Due annotazioni, l’enorme palco è rimasto a lungo tristemente vuoto, e non capiamo perchè, gli assaggi erano tutti di buona o ottima fattura, ma il kiwi di Pier Giorgio Parini (siamo stati fortunati, abbiamo inziato da lui) ci ha aperto i polmoni con le sue note balsamiche e rinfrescanti che ci hanno accompagnato in dolce ricordo fine alla fine, bravo Pier Giorgio.
Da lassù Roma è una grande bellezza, ma anche dentro la Pergola si respira una grande atmosfera, da ormai venti anni. Sono ancora qui alcuni degli attori di allora, sconosciuti venti anni fa come Marco Reitano, e ci volle il coraggio di Fritz, il direttore, per affidare a questi ragazzi la costosa scialuppa che si apprestava a veleggiare verso l’orizzonte sconosciuto (a quei tempi) della grande ristorazione di albergo. Da anni ci godiamo la salita verso la perfezione che con inesauribile tenacia Heinz Beck porta avanti, e ce lo conferma puntualmente anche in quest’ultima esperienza, nonostante che ormai, giustamente, gli interessi dello chef varcano l’orizzonte romano e puntano coraggiosamente verso lidi lontani: Portogallo, Dubai, Tokyo per non parlare dell’Italia (Castello di Fighine e Pescara). Plauso alla sala e alla cucina e meritano la citazione l’elegante astice, la bella granita di mela e scampi, il coraggioso piccione quasi crudo e gli ineffabili dessert.
Venti anni di Pergola, venti anni che hanno visto cambiare il mondo della ristorazione e molto si deve anche a questo cuoco venuto dal nord che ha portato ordine e metodologia, attenzione al dettaglio non solo nel piatto quanto all’insieme della serata, pensando giustamente che chi viene in un posto del genere non lo fa solo per mangiare bene. Attenzione che negli ultimi tempi si è perfino ampliata alla fase post cena, cioè lo chef non solo deve saper gestire la serata, ma anche occuparsi della salute del cliente che deve ritornare a casa in forma migliore di prima. Ma di questo ci occuperemo in altro post. Tornando invece alla nostra serata, si registra l’ennesima performance di una sala perfetta guidata da due professionisti del calibro di Marco Reitano e Simone Pinoli, e di una cena leggera (nonostante i numeorsi assaggi, e questa è una lode) che non registra cadute in nessun settor, e che trova l’acuto (per noi) nell’elegante carpaccio di ricciola con lemongrass, nel risotto all’olio e scampi crudi e nella lodevolissima serie di dessert.
La Pergola ha quasi venti anni e ci arriva con un locale quasi sempre pieno tutte le sere. Un bel traguardo anche per Heinz Beck, anima del ristorante, più autoctono ormai di tanti romani. E intorno a Lui una brigata, di cucina e sala, solida costante e agguerrita, cresciuta nel tempo. Mangiare in questa bella sala, con un panorama da urlo, è un vero piacere: i piatti scorrono leggeri e salutari (Heinz ha fatto numerosi studi al riguardo), c’è tecnica ed attenzione ad ogni dettaglio. Difficile trovare un difetto a questa macchina da guerra. Nel passato lamentavamo a volte la carenza di piatti che non fossero solo buoni, ma anche emozionanti. E Beck ora ci scodella un gustoso sottobosco (un po’ visto, è vero, ma è difficile trovarne così buoni), dei fenomenali spaghettoni cacio e pepe rivisitati, e un delicato e raffinato dessert finale ai lamponi.
Crisi o non crisi, qui è sempre pieno. Attraversare un ristorante così importante e vederlo pieno in un mercoledì con le partite di coppa alla tv fa sempre piacere. Certo siamo a Roma e per le strade gli stranieri non mancano (e anche qui i due terzi dei tavolini sono per loro). Ma resta il piacere di vedere la sala così piena e ben funzionante. Lode ad Heinz Beck e alla sua formidabile squadra, in sala come in cucina sono tanti e tanto bravi.