C’è emozione, c’è la tensione della gara che dai box delle cucine arriva fino a dentro il teatro. Il Bocuse d’Or è rigore e precisione, i tempi sono scanditi dall’orologio, i movimenti e i passi contati e precisi. Non è facile gestire così tante situazioni diverse allo stesso tempo, ma una volta partiti tutto poi scorre per il suo verso giusto: i giurati, attenti e precisi; i candidati emozionati ma allenati allo stress. Primo turno sono 4: Stefano Paganini, Andrea Alfieri, Giuseppe Raciti, Giovanni Lorusso. Centrato il piatto del pesce, spettacolari i vassoi con la ricetta della carne.
Enrico Crippa
Finisce Cooking for Art e inizia l’avventura del Bocuse d’Or. Eccoci a presentare la Selezione Italiana del Bocuse d’Or che verrà realizzata ad Alba il 31 gennaio e il 1° febbraio 2016 al Teatro Sociale. Con noi sul palco Florent Suplisson, direttore internazionale del Concorso, Giancarlo Perbellini presidente Italia, Enrico Crippa presidente Giuria. Marco Scuderi dà il benvenuto di Alba e noi tutti ringraziamo la Regione Piemonte e il Turismo Langhe Roero per l’importante collaborazione. Poi vado a presentare il Club dei Supporter che ci accompagnerà lungo il percorso del Bocuse d’Or e che al momento comprende: il Pastificio dei Campi, Lavazza, Mepra, Ceretto, Bragard, Calvisius, Metro, Valrhona, Tartuflanghe, Pentole Agnelli, San Pellegrino. Ed infine presentiamo i 12 concorrenti prescelti: Alessio Lorenzo, Debora Fantini, Diego Rigotti, Francesco Gotti, Giovanni Lorusso, Giuseppe Raciti, Leonardo Marongiu, Marco Acquaroli, Andrea Alfieri, Michelangelo Mammoliti, Riccardo Bassetti, Vincenzo Guarino. Riserva Daniele Lippi. A tutti alcuni omaggi dei vari sponsor e in particolare il vassoio Mepra firmato da Paolo Barichella sul quale dovranno esercitarsi per posizionare il piatto di carne.
“La ristorazione è un settore portante dell’intera economia italiana” queste le parole di Lamberto Mancini dal palco di Cooking for Art di fronte ad una platea gremita di chef e ristoratori. L’ultima giornata di Cooking for Art ha fatto registrare un pienone da mattino alla sera grazie alla grande risposta della ristorazione del nord. Sono venuti in tanti, da Sella Nevea, Malga Montasio, che ringraziamo per la forma di formaggio, a ristoranti noti in tutto il mondo e qualcuno lo vedete nelle immagini seguenti. Un momento particolare? Paolo Lopriore con i due giovani chef, top di domani: Marco Ambrosino e Oliver Piras. Altro momento particolare: Antonio Santini con Raffaele e Massimiliano Alajmo che ci hanno parlato del progetto “tavola trasparente!
E così Bottura è arrivato che più in alto non si può. Prima di lui ricordiamo che una dozzina di anni fa ci arrivò nella Gault&Millau francese Marc Veyrat con ben due ristoranti. Ma per l’Italia è la prima volta, e ne siamo felici non solo per il riconoscimento alle qualità dello chef e del suo ristorante, ma anche per l’enorme lavoro svolto da Massimo Bottura in favore di tutta la ristorazione italiana. Se l’immagine della nostra cucina è trionfante nel mondo lo si deve anche a Lui. Ed infine proprio nell’anno dell’Expò a Massimo Bottura si deve l’iniziativa forse più iconica: il Refettorio Ambrosiano, che meglio di qualsiasi altra cosa incarna lo spirito dell’esposizione universale. Massimo complimenti, te lo meriti e accanto a te Lara, elegante ed intelligente compagna, e la tua magnifica brigata, da Taka a Davide, da Enrico a Beppe e a tutti gli altri bravi ragazzi che ti circondano.
Chef modernissimo, ma paradossalmente anche all’antica. Esce poco e malvolentieri dalla cucina, e quando esce è per curare l’orto, cercare gli ingredienti giusti. Poi rientra e non si stacca dai fornelli o comunque dalla sua brigata con la quale perfeziona idee e ricette con concentrazione maniacale. Un tipo di chef che sta quindi scomparendo rispetto a figure molto più mediatiche e ormai esterne alla cucina, anche se secondo noi non ci sono chef di serie A o di serie B, e non è detto che chi sta sempre in cucina abbia poi alla fine sempre ragione. Sono solo modi differenti di concepire e vivere la professionalità e noi comunque apprezziamo il rigore esemplare di questo chef che sicuramente e giustamente rappresenta un simbolo, un ideale da raggiungere per molti chef. Enrico è uno che crede che su questo mondo la perfezione esiste e ci si può arrivare con tanto olio di gomito e applicazione assoluta. Per la casualità degli eventi non ci mangiavamo da 3 anni e ci ritroviamo dopo pochi giorni un’altra volta alla sua tavola. Arrivano piatti e assaggi che ci confermano tutto il buono che universalmente gli viene riconosciuto da più parti. I piatti che direttamente derivano dall’orto sono trascinanti, e la lunga sequenza non stanca mai soprattutto nella fase iniziale che non vorremmo finisse mai. Un pò dolciastro il riso, ottimo l’agnello e si finisce con un’alra brillante serie di note dolci.
Dieci anni di attività per quest’osteria ormai famosa. Non è il braccio povero di Enrico Crippa, come si potrebbe pensare, quanto l’alternativa tradizionale. Le materie prime sono di livello, come quelle al piano di sopra (Piazza Duomo), solo che qui si rimane più circoscritti nel territorio. E’ bello vedere la sfoglia stesa ad asciugare, è bello assistere alla gara del taglio dei tajarin come si faceva un tempo in ogni casa. Un buon servizio ci presenta una serie di ricette corrette, che ripercorrono il territorio seguendo una sana stagionalità. Ottimi gli gnocchi della val Varaita, buoni i primi, e segnaliamo anche l’insalata primavera e la lingua (anche se non c’è la foto). In cucina sovraintende Enrico Crippa, ma la faccia ce la mette il bravo e modesto Dennis Panzeri.
Una lunga sequenza di una trentina di assaggi che ci riporta ai ricordi del Bulli, una serie incredibile di accostamenti, virtuosismi, trompe d’oeil, che si alternano facendo a gara per lasciare un ricordo migliore. Ed è una dura lotta tra i tanti. La tavolozza dei sapori e colori è ampia, basterebbe pensare solo alle tipologie di cialde e cialdine alle quali erano affidate le sensazioni croccanti, fatte e servite in tante sfumature. Grande e bella la varietà delle foglie e degli aromi, molti dei quali provengono ormai dal celebrato orto della Tenuta Ceretto, ridotto (pensiamo che in estate sarà diverso) l’utilizzo del pesce poco presente in carta, largo spazio alle verdure (dal carciofo ai cavoletti di Bruxelles) e alle insalate di ogni varietà. Tutte cose giuste, semmai lamentiamo la poca presenza dei primi, affidati al solo riso rosa e gamberi (buono anche se leggermente dolciastro) che per altro non è nemmeno venuto in foto e quindi non risulta nel post. Crippa merita veramente l’alta considerazione che se ne ha, come un orologio arrivano gli assaggi, perfetto il ritmo, preciso il servizio e, ci ritorniamo ancora, la sequenza dei finger food è varia e fulminante. Bella chiusura anche con la pasticceria finale nella quale spicca il bellissimo omaggio a Matisse.
Piazza Duomo è ormai un intero palazzo, dove l’ospitalità si offre con 4 camere confortevoli ed altre probabilmente si aggiungeranno nel futuro, e la ristorazione ha due alternative, la tradizionale Piola e il ristorante gourmet di Piazza Duomo. A sovraintendere il tutto la famiglia Ceretto con Enrico Crippa, con l’aiuto indispensabile di alcune diecine di persone addestrate e ben coordinate tra le quali spiccano professionisti del calibro di Antonio, sous chef in cucina e Vincenzo e Danilo in sala.
Ed ecco i piatti degli 8 chef, inutile dire che erano tutti buoni e interessanti. Tra quelli che non avevo mai assaggiato mi hanno colpito gli scampi old fashioned di Alajmo e la leggera spuma con baccalà di Cerea. Veramente bravi tutti per una grande serata.