Mancavamo da quasi due anni e abbiamo trovato un Fabio Abbattista cresciuto, con una cucina più misurata e leggera, che ci è piaciuta: punta alla sostanza del gusto, non fa troppe carpiole inutili, è piacevole senza ricercar l’effetto speciale. Risente ancora dell’impostazione classica, un pò troppo proteica, con carne e pesce che dominano il menù mentre sarebbe forse più opportuno lasciare spazio maggiore al vegetale. Quanto ai piatti ci sono sembrati centrati gli stuzzichini iniziali, tra gli antipasti meglio le lumache di una cipolla poco contrastata e di un lavarello scivoloso, il baccalà risulta leggero e croccante, e giustamente golosa è la chiusura dolce. A buon controno un servizio attento e gli ottimi vini che hanno accompagnato la cena.
Fabio Abbattista
C’eravamo andati quando era appena arrivato, ora invece il percorso è stato completato: il ristorante principale è un Leone sempre più felice, il Bistrò funziona a pieni giri e tutto l’ambiente ha la vivacità dei progetti ben riusciti, godendo anche dei benefici di un Resort che è spesso al completo. Tanta è la responsabilità per l’ancor giovane Fabio Abbattista, succeduto niente di meno che a Gualtiero Marchesi, non a uno chef qualsiasi. Si destreggia bene e spazia con una cucina a tutto campo, tra pesci di lago e di mare, primi e secondi e dessert. E’ ben coadiuvato da una brigata giovane dove segnaliamo il suo giovane sous chef, Daniele Ferrari e la giovane pasticciera Anna Ranalli, mentre la sala è affidata a due poco più che trentenni: Emanuele Ippolito, maitre, ed Ermes Cantera sommelier. I piatti si susseguono di buon ritmo, evidenziano una cucina che punta al gusto, alla succulenza, non minimalista, in genere ricca, a volte ridondante. Uno stile che piace alla gente che ama il piacere della tavola, ma che con qualche accorgimento e finezza in più va bene anche per il palato più esigente. Tra i tanti assaggi, in alto posizioniamo gli gnocchi di zucca e robiola e i due piatti di pesce di mare (la triglia e il merluzzo nero), un pò troppo “coperti” dal contesto ci sono parsi l’anguilla, il lavarello e la scottona.
Il Leone felice dell’Albereta
Sono cambiate molte cose all’Albereta dopo l’addio del Maestro. Il locale si è sdoppiato (e si farà anche in 4 se consideriamo la futura tavola dello chef e il tavolo nella saletta dei salumi) ed ora offre lungo la giornata una formula più veloce e conveniente, ideale anche per chi soggiorna in albergo più giorni. Bella idea quella della nuova terrazza che offre una splendida vista sul lago a disposizione anche per la prima colazione del mattino (quest’ultima in termini di varietà e qualità di offerta ci sembra invece un gradino al di sotto di prima). E veniamo al ristorante che ha mantenuto la vista della cucina sulla sala e il maitre Ermes Cantera, per il resto anche qui grossi cambiamenti: in sala sono diminuiti i tavoli, in cucina rivisti gli spazi, e soprattutto è arrivato il giovane Fabio Abbattista, origine pugliese e poi in giro per l’Italia e non solo, che si è circondato di una giovanissima brigata. La linea di cucina, sarà la stagione estiva, ci è sembrata più mediterranea e visto l’origine dello chef, pensiamo che il pesce la farà da padrone, e in effetti i piatti presentati ci sono sembrati ben concepiti, un filo forse oltre le righe della semplicità dichiarata negli intenti, ma comunque piacevoli. La carne (non riportata nelle foto a seguire) ci ha dato il piatto migliore, il filetto di fassona alla pizzaiola con polvere di capperi e salsa acciughe, e quello peggiore, la spalla di agnello glassata con animelle cipolla e scalogno.