Sorprende il locale di Daniela e Franco Franciosi (fratello e sorella) per gli ampi spazi, l’arredo lineare, la pulizia. Sembra quasi di stare nel Trentino, ma l’orto sul retro ci riporta ad Avezzano. Praticamente autodidatta con tanta passione e cultura Franco si è avvicinato solo negli ultimi anni alla ristorazione, ma poi l’ha presa sul serio e con impegno ha cercato di fare un locale professionale con una proposta attraente. Direi che l’impegno è ben ripagato dalla qualità del contesto e di quello che propone: una serie di piatti corretti, costruiti con semplicità quasi didascalica, che sarebbero ben oltre la sufficienza se non fosse per un livello di sapidità sopra la media. Si apprezza nel tutto la pulizia del piatto, il giusto dosaggio dei vari ingredienti, senza eccessi di manierismo e protagonismo. Manca ancora la corrispondenza con il territorio e i suoi tanti prodotti e forse una sua lettura fatta con maggiore originalità, rischiando magari di sbagliare ma guadagnando qualcosa a favore della spontaneità della proposta. In sintesi un locale già tutto da raccomandare, ma che forse ci potrà dare anche soddisfazioni maggiori. Ultima lode alla carta dei vini, o meglio agli appunti dei vini, tutta da leggere. In cucina con Franco è Francesco D’Alessandro già visto (e bene) ad Emergente, in sala con Daniela i giovani Paolo e Giovanna.
Franco Franciosi
Franco Franciosi di Mammarossa ci racconta le vicende di questo territorio, dall’antico lago ai primi tentativi di gestirne le acque fatte dai Romani, alla sua definitiva scomparsa opera dei Torlonia, al terremoto che un secolo fa distrusse completamente la città azzerandone storia e cultura. Poi un lento recupero, una ripresa dovuta anche alla favorevole posizione geografica, ed ora la grande potenzialità di una campagna integra a 700 metri di altezza che fin dai tempi dei romani è nota per produrre grandi ortaggi e non solo. Luigi Pantoli, storico contadino, ci porta nel suo orto e ci racconta altri antiche aneddoti di unagricoltura che non c’è più. Ma con il buon senso e il rispetto della terra grandi prodotti si possono fare ancora.
Un quarto di secolo fa la prima edizione ad Argente, poi poche altre. Non ce ne siamo persa una: Saperi e Sapori è stato il primo vero evento gastronomico d’Italia, una vetrina per alcuni chef già allora famosi, un punto di incontro per altri che nessuno ancora conosceva, come un certo Ferran Adrià o Massimo Bottura poco più che ventenne. Ora Igles riprende il suo cammino, purtroppo interrotto, per riproporre un nuovo Saperi e Sapori nel lusso e nello splendore di Villa Rospigliosi. Tre serate, tema caccia, noi siamo stati alla prima. Un menù di grande spessore, un servizio altrettanto efficiente e puntuale, una serie di vini interessanti. Insomma sono ripartiti alla grande. Una breve carrellata dei piatti: pane vario sfornato da Franco Franciosi di Mamma Rosa (Avezzano), antipasto di gran gusto ma un pò piacione di Uliassi (con mezz’etto di tartufo sopra), tortelli intensi e giustamente masticabili di Peter Brunel. Poi i due piatti sopra le righe: le “non” tagliatelle di zuppa di mare addensata di Roy Caceres, solo troppo impegnative come porzione, ma assai intriganti, e la classica coscia fondente di anatra (a trovarne di cosi buone!) di Philippe Leveillè. Difficile chiudere con un dessert ispirato alla lepre, ci ha onestamente provato Aurora Mazzucchelli.
Ed ha avuto un buon successo l’idea di far improvvisare gli chef che volevano esibirsi. D’altronde avevano a disposizione una serie di prodotti di altissimo livello, completati da un banco frutta e verdure allestito per l’occasione. E ci siamo così divertiti fino al brindisi finale. In conclusione un ottimo inizio per un evento che voleva essere limitato, esclusivo, di qualità. E pensiamo che sia andato bene oltre le previsioni.