Un tempo venivamo a Gubbio per la Fornace di Mastro Giorgio, un buon ristorante che affiancava l’altro storico della famiglia Rosati, quello sulla collina accanto alla Basilica di Sant’Ubaldo. Giuseppe giovanissimo scelse poi la strada migliore: andare ad imparare il mestiere dove la cosa è più difficile che altrove: a Manhattan. Anni fa l’abbiamo ritrovato da Felidia di Lidia Bastianich e con lui abbiamo fatto vari eventi nella Grande Mela scoprendone le doti. Da qualche anno è rientrato pur continuando ad andare spesso negli States dove conosce uomini e cose come pochi altri. Segue da vicino l’azienda della famiglia Cotarella e con lui brindiamo ai vecchi ricordi con il Sorè, un rosato fresco e piacevole.
giuseppe rosati
Non li abbiamo mai contati ma saranno una trentina e forse più i Vinitaly che abbiamo alle spalle. E’ la grande festa del vino italiano e ci sono veramente tutti. Si fanno chilometri, incontri tante persone che non si vedono spesso, ed è un vero piacere. E’ un mondo vivo, pieno di persone capaci, di piccoli imprenditori che vogliono crescere e vogliono fare. Insomma una bella Italia.
Tre donne, Dominga, Enrica, Marta, tre C come Cotarella e tante altre parole, come ad esempio coraggio, creatività, costanza, culo (perchè no?) che vanno a passo di carica (altra C). Siamo alla Cantina Falesco prima, e poi al Museo del Vino di Castigliane in Teverina, per gli auguri di Natale, ma anche per la presentazione di un progetto. C’è un cambio di generazioni tra la prima e la seconda dei Cotarella, un ideale passaggio di consegne tra Riccardo e Renzo e le loro tre figlie, la dichiarazione di un impegno di quest’ultime a rilanciare in grande. Tutto sommato Riccardo e Renzo hanno scritto la storia del mondo del vino italiano pensando più all’esterno che dentro casa loro. Ora le figlie ripartono da Falesco per allargarne i confini, dividerne gli stili creando all’interno una superiore denominazione: Famiglia Cotarella dove ci mettono nome e faccia. E non solo, c’è anche il progetto di una nuova scuola di formazione (Intreccci con tre C) e tante cose ancora. Insomma una vera rivoluzione in famiglia e per annunciarla hanno fatto le cose in grande richiamando a Castiglione un bel numero di persone con un bel menù e tanti importanti vini, della loro collezione ma non solo. Che dire? ben vengano nuove generazioni con questa voglia di crescere lavorare ed investire, ci sembra purtroppo raro in Italia.
Il lunedì è sempre stata la giornata di punta, di più alta frequenza e con la presenza di tanti chef oltre che operatori del vino. Difficile far 10 metri senza incontrarne uno. Difficile dire no ad un assaggio di vino, per altro in genere buono. E alla sera quando tutto sembra finito, si ricomincia!
Il Vinitaly non è una fiera internazionale del vino, ma una grandissima fiera del vino italiano. Italiani sono il 99% degli espositori, ma non mancano le chicche e le sorprese di vini che vengono da lontano grazie a qualche importatore e in questo caso grazie a Riccardo Cotarella, il più noto dei nostri enologi, la cui fama è arrivata per l’appunto anche in Giappone. Ed ecocci quindi ad assaggiare tre vini, un bianco (vitigno Koshu) e due rossi (merlot). Aromatico e piacevole il vino bianco, di ottima trama uno dei due merlot, e interessante davvero l’introduzione sulle problematiche delle vigne in un ambiente così lontano e diverso.
Sirio Maccioni è sempre un mito qui a New York, e non solo. Da un anno ha aggiunto un’altro locale alla sua collezione, e questo è particolarmente impegnativo. Siamo al Pierre Hotel, bandiera del Taj a New York, un albergo di grande prestigio e il ristorante ha sicuramente notevoli ambizioni. In effetti la sala è elegante e raffinata, la clientela consequenziale. Ritroviamo in cucina una vecchia conoscenza, Filippo Gozzoli, un tempo al Park Hyatt di Milano. La serata scorre nell’opulenza, ma sia la sala che la cucina ci sembrano ancora in fase di messa a punto. Prima del Sirio eravamo passati in un locale famoso e storico per un aperitivo, il Felidia, il locale che ha dato il via alla storia e alla fama della famiglia Bastianich. Purtroppo Lidia non era presente, in compenso un saluto a due valenti professionisti come Giuseppe Rosati e Fortunato Nicotera.
Felidia è un pò il simbolo del successo della cucina italiana nel mondo e in particolare in America. La famiglia Bastianich, nonostante alcune recenti controversie per questioni relative a delle mance non corrisposte, gode di una notevole reputazione: dalla TV (presenze a non finire di Lida e ora anche del figlio Joe per Masterchef, sul piccolo schermo). Hanno creato un impero non piccolo grazie a numerosi ristoranti aperti non solo a NY. Questo rimane la casa madre e continua a servire con grande continuità una buona e ricca cucina italiana.
Serata a Ca’ del Bosco. Non è la prima volta , ma ci si torna con piacere perchè l’Azienda è tra le più belle, soprattutto per il bel viale d’accesso, la posizione dominante la collina, il bel parco. Dentro la cantina è suggestiva, ma con troppo cemento, alleggerito dalla bellissima collezione di foto d’autore. Sui vini poco d’aggiungere, siamo al vertice delle bollicine nazionali. Cucinava Tonino Cannavacciuolo, che abbiamo visto altre volte più in forma, ma in queste circostanze non si può giudicare più di tanto.
Quest’anno è arrivato qualche giorno in anticipo,un pò come la primavera. Con un’ora di meno di sonno, dovuta all’ora legale eccoci all’inaugurazione. Nuova formula, si inizia dalla domenica, una giornata che risparmia le file e quindi promette bene. Tanti vini,ma anche tanti cuochi. Qui sopra una composizione dello chef Pier Luca Ardito di Maso Franch nello stand di Cesarini Sforza.