A questi livelli si guarda al dettaglio, e alla fine della cena ci domandiamo degli eventuali piccoli errori. Ma facciamo anche fatica a trovarli. L’ambiente ha classe e prestigio a livello internazionale, la ristorazione e la sala si appoggiano sull’esperienza collaudata del F&B Manuel Tempesta coadiuvato da Mauro Scialfa e Andrea Loi che non fanno rimpiangere i loro precedessori (Alberto Tasinato, Ilario Perrot e Luis Diaz). In cucina Antonio Guida dirige ben 33 persone, (13 per il solo ristroante Seta), tra le quali sono da citare il fedele souschef Federico Dell’Omarino, Luigi Oliviero e Marco Pinna, quest’ultimo in pasticceria. Antonio Guida è tra gli chef che più stimiamo, sia per il suo stile di cucina, sia per la grande professionalità e in ultimo per il suo ottimo carattere. Pur essendo nella nicchia ristretta che identifica il vertice della ristorazione italiana è rimasto con i piedi per terra, sa ascoltare, ed è sempre pronto a dare una mano. Non per niente è benvoluto da tutti e dalla sua brigata. La lunga serie degli assaggi ci ha lasciato una quantità di bei ricordi che è quasi difficile elencare. Le cose migliori sono state secondo noi i due pesci (morone e anguilla) serviti come antipasti (ai quali aggiungiamo la perfetta tempura dello scampo) e le due carni, il pollo ed il piccione di grandissima fattura. A trovare il pelo nell’uovo, le conchiglie di pasta un pò troppo appesantite dall’intingolo e la pasticceria buona, ma la vorremmo un tantino più vivace e brillante. Ma come dicevamo prima, è giusto per la voglia di criticare una cena che alla critica offre pochi appigli.
Ilario Perrot
Al Mandarin lo spazio della ristorazione è un tutt’uno, suddiviso in varie aree: il bar, un paio di salette collegate e il ristorante gourmet Seta isolato, ma sempre a vista. Una soluzione curiosa, ma che ha il merito di essere compatta e funzionale. Dentro una serie di tavoli che rompono la monotonia grazie agli splendidi segnaposto di Fornasetti e alle due rientranze che godono di un sedile ad alto ed avvolgente schienale. Il servizio dopo un avvio un pò lento, è andato via veloce, preciso, ben spiegato al tavolo. La cucina è quella di Antonio Guida, chef ormai collaudato nel lusso degli alberghi anche se dal Pellicano al Mandarin il salto è notevole per la continuità del lavoro, per i tempi più stretti, per le tante funzioni (dal room service al bar) che la brigata deve supportare lungo l’arco della giornata. Ma la brigata è sempre quella, fedele, che segue Antonio da tanti anni e qui le cucine sono un vero spettacolo di organizzazione e suddivisione di compiti e spazi. Superata la fase iniziale di rodaggio ormai la cucina si è ambientata e il menù si esprime in modo rispondente con una serie ampia di proposte. Ce ne sono arrivate tante al tavolo per confermare l’abilità e classe di questo chef elegante e bravo che tra l’altro è anche rimasto modesto e con i piedi a terra. Cucina che non ha cambiato stile, che ci riporta il classicismo francese, che ha in sè una certa tendenza all’opulenza e alla succulenza dolce, che ci affascina, ma che ameremmo ancora di più se riuscisse lungo il percorso a mantenere più snellezza ed agilità. Il celebrato risotto è un classico di Guida, ma ci hanno colpito molto di più gli spaghetti, di monumentale carica gustativa, in sottotono invece il cavolfiore ai frutti di mare e una coda di rospo un pò spugnosa. Buona al solito la chiusura dei dessert e l’attenzione ai tanti dettagli di apertura e fine della cena.
Abbiamo aspettato qualche mese prima di andare a vedere il nuovo locale di Andrea Berton, abbiamo nel frattempo sentito pareri contrastanti, ma tutti concordi nel ritenere questo nuovo locale comunque uno di quelli di cui si parlerà molto e forse sempre di più. La cornice è quella della Nuova Milano che si protende verso il cielo: a noi dà fiducia e ottimismo. L’interno forse un pò freddo, è comunque curato, elegante, funzionale e la cucina occupa una superficie altrettanto grande lungo il lato principale, quello della strada (via Liberazione). Carta dei vini su Ipad con già molte offerte, servizio efficiente, bella la tavola e la serie di piatti, bicchieri e accessori utilizzati. Il menù è originale, si divide equamente tra la proposta di degustazione e quella, più curiosa, che ha come tema il “brodo”. A parere dei più è quest’ultima proposta quella che ha incontrato il maggior favore, e anche a noi è piaciuta moltissimo. Ci siamo fatti portare sempre due piatti, uno del degustazione e uno del brodo e quest’ultimo è sempre stato giudicato migliore. Ma detto questo, anche il menù normale è comunque di livello ed infine un plauso ai dessert, decisamente notevoli dal delizioso predessert alla centrata piccola pasticceria, senza dimenticare l’ottimo pane.