Tra gli chef italiani Heinz Beck è probabilmente il più attivo sulla scena internazionale. Così grazie alla sua intraprendenza la cucina italiana trova un nuovo sbocco di assoluto prestigio qui a Montecarlo. Ufficialmente il padrone di casa è Joel Robuchon, che ha aperto volentieri le braccia all’amico Heinz Beck, con la benedizione di Serge Ethuin, direttore del Metropole, con lo scopo di dare una terza alternativa all’esclusiva clientela di Montecarlo a fianco della cucina francese del ristorante bandiera, Joel Robuchon, a quella giapponese dello Yoshi (tre stelle tra i due ristoranti). Il compito operativo è stato affidato a Heros De Agostinis, braccio destro storico di Beck. Lo ricordiamo nell’importante esperienza di Londra al Lanesborough Hotel, Londra che dovrebbe essere la sua prossima meta, sempre con Beck, una volta che si chiuderà la stagione qui al Metropole. Sì, perchè essendo l’Odyssey, questo il nome del ristorante italiano, situato a bordo piscina, in autunno è prevista la chiusura. Anche qui una cucina a vista, un ambiente di grande suggestione per via della felice localizzazione, ma anche volutamente informale rispetto alle altre due alternative. Il menù offre diverse soluzioni e non mancano quelle di un certo spessore che denotano la giusta ambizione di non sfigurare di certo al confronto dei vicini. C’è attenzione al bere miscelato (il ristorante è aperto anche per un aperitivo o un drink finale) e sono piacevoli i vari stuzzichini preparati (top per i panzerotti e il cocktail di rucola). Notevole è anche la serie dei vari antipasti che si destreggiano tra materie nobili e verdure di stagione e che trovano l’apice nella bella insalatina di foglie e tofu alle mandorle. Di ottimo sapore ma troppo mantecato (visto anche il caldo della stagione) il risotto, come leggermente troppo cotti i secondi di pesce, e si risale nella parte finale con una serie di dessert buoni e ben presentati. Insomma in conclusione un’esperienza positiva, una bella prova di questa giovane brigata che Heros gestisce e sa ben motivare e l’ennesima conferma che Heinz Beck è un gran professionista. Menzione per due giovani: Giovanni Pitton in sala e Mattia Casabianca ai dessert (meno di 50 anni in due).
Joel Robuchon
Joel Robuchon, lo chef più stellato del mondo (quante ne ha? forse non lo sa nemmeno lui, secondo gli utlimi conteggi crediamo 28, ma ad ogni guida Michelin nuova che esce in qualche parte del mondo, il totale potrebbe cambiare, ed in genere il numero cresce). Non sarà un caso. Abbiamo il privilegio, facile vista la nostra età, di averlo conosciuto al suo primo ristorante di Parigi, il Concorde – Lafayette, e poi al suo primo ristorante di proprietà, il Jamin. Sembrava poi destinato a vita tranquilla, quando annunziò al mondo il suo ritiro dalle scene, per poi ritornare in punta di piedi con lidea geniale della formula”Atelier” (gran precursore quasi 15 anni fa!) e da lì ripartire sempre più in grande. A Montecarlo è arrivato nei primi anni duemila e con questo ristorante che è ormai diventato una colonna portante del suo impero. Praticamente sempre pieno tutto l’anno, gira come un orologio, affidato al suo fedelissimo collaboratore Cristophe Cussac, qui fin dagli inizi. Alla nostra visita erano assenti entrambi e la brigata era diretta dal giovanissimo Roman Heim, appena trentenne, eppure era tranquillo ed efficiente a testimoniare la grande scuola che è alla base di questa impresa. In sala spiccano le figure di Ahmad Houmani, e di Frederic Woelffé, l’esperto chef sommelier che sovraintende le carte dei vini dei tre ristoranti dell’albergo e degli altri tre punti di mescita, bar, etc. Quanto alla cucina, offre classicità a mani piene, ma senza praticamente alcuna sbavatura. Il piatto a rischio è il primo che arriva, una felice e non facile combinazione tra rape rosse e mostarda, poi il filone è quello classico, ma interpretato alla perfezione, dalla precisione maniacale del rotolo di granciporro alla sontuosità delle due carni, agnello e quaglia. Meno ovviamente ci colpisce il raviolo ben imbottito e coperto di salsa, mentre è difficile rimanere indifferenti ai due carrelli che suggellano la cena: quello del pane all’inzio e quello dei dessert alla fine.
Usuale serata di gala, questa volta nell’ex-zuccherificio alla Confluence, il nuovo quartiere di Lione, da un recupero di un’area industriale, un nuovo quartiere molto interessante da un punto di vista sociale ed architettonico. Ogni chef un piatto e un buon vino in abbinamento, in sala abbraccio tra Joel Robuchon e Alain Ducasse: è la Francia che fa sistema e annuncia l’intenzione di creare a Lione una grande città del gusto (francese, ovviamente). Si chiude il Bocuse d’Or 2017, da domani si pensa a quello successivo.
Abbiamo seguito una piccola parte dell’ultima giornata, ma siamo stati fortunati a vedere l’Islanda, l’Australia, e soprattutto gli Stati Uniti che poi hanno vinto. Una grande giornata per Thomas Keller che ha visto il suo chef (Per Se) trionfare con il bellissimo piatto vegetariano a base di asparagi verdi della California e un vassoio tecnologico riscaldato ben costruito ed assemblato in modo spettacolare (pollo di Bresse ripieno di funghi e foiegras, con gamberi di fiume). Non hanno vinto gli scandinavi, ma comunque rimangono i più forti: 5 nazioni presenti (Norvegia, Svezia, Islanda, Danimarca, Finlandia), 5 piazzamenti nei primi 10 posti (su 24 nazioni in gara) e due sul podio subito dopo gli USA.
E Paul Bocuse amava radunare intorno a se i migliori chef del mondo, ed ogni volta in occasione del Bocuse d’Or si rinnova l’invito e accorrono da tutto il mondo. Quest’anno ricorre il 30 anniversario del Bocuse d’Or e l’evento ha grande risalto. Sono circa 200, da tutto il mondo, con la Francia ovviamente in prima fila, e in queste occasioni sfoggia tutta la sua grandeur. L’Hotel de la Ville è addobbato a festa, sei chef coordinati da Michel Guerard hanno l’onore di cucinare per i Grandi Chef convenuti e tra questi è Riccardo Monco dell’Enoteca Pinchiorri, un bel privilegio davvero. Notiamo che ognuno di loro ha una sala a dipsosizione per la preparazione e qui si cucina tranquillamente anche tra velluti e specchi, altro che in Italia! Cena per 320 ospiti nel grande salone tra candelabri e continui e suggestivi cambi di colore. Chapeau!