Tutti a Piacenza per onorare le stelle Michelin. Tante le novità, alcune dolorose, come la perdita (da due a una stella) per due ristoranti storici come il Sorriso di Soriso e Vissani di Baschi. A loro va il nostro primo pensiero. Poi il secondo a chi ha trinfato: Enrico Bartolini, il nuovo che avanza a tutta velocità, secondo noi meritatamente. Il terzo pensiero è per le due stelle in Italia: dovrebbero rappresentare tra l’alta fascia della ristorazione italiana e sono un numero limitato. Erano già poche prima, ora sono anche di meno, doppi complimenti quindi a Mammoliti e a Doanto Ascani che hanno centrato l’importante traguardo. Chiudiamo salutando i tanti ex emergenti che hanno ottenuto la stella quest’anno, Gorini, De Santis, Puleio, Griffa, Raciti un grande abbraccio a tutti voi.
Michelangelo Mammoliti
Da dove cominciare? E’ ovvio, da lui, da Michelangelo Mammoliti, una delle più giovani stelle d’Italia, ma anche più tecniche nonostante l’età. Si è formato, e bene, in Francia dove ha appreso tante cose, non solo le tecniche, ma anche la sapiente organizzazione della cucina e di suoi ruoli. Ha messo su una brigata di ferro e, novità per noi rispetto all’ultima visita, una serra invidiabile che gli fornisce erbe e verdure buone e curiose. La cucina è scintillante focalizzata sui palati fini, e personalmente andiamo in estasi di fornte alla precisione delle duxelle, del mirepoix, delle tuiles croccanti, delle salsa precise, delle farciture millimetriche. Certo c’è quasi un abuso di tecnica (non c’è una cottura che non sia senza ‘utilizzo dell’estrazione, un liquido che non sia un’infusione ecc) ma questo fa parte del suo stile e bisogna accettarlo anche perchè il risultato è spesso notevole. Tecnicamente parlando l’unico appunto è a volte l’eccessiva sapidità di alcune ricette che probabilmente derivano più che dal sale aggiunto da un eccesso di infusione, (vedi lo scampo o l’asparago ad esempio). Ma dagli ottimi stuzzichini iniziali alla pasticceria finale, la cena è un vero spettacolo anche per gli occhi. E conservatevi per il finale, abbiamo trovato la pasticceria perfino migliorata con una serie di praline e pasticcini di grande bontà e con un ottimo dessert agli agrumi che è un magnifico esempio di cassata siciliana rivisitata e leggera.
Ed ecco le immagini della giornata più importante, quella delle varie finali. In tre aree differenti si sono sfidati i finalisti della pizza, gli chef under 30 sul palco e i professionisti under 30 della sala nel ristorante Lume. Contemporaneamente si è svolo l’importante appuntamento di Parmigiano Identity con ben 10 produttori presenti, e i lunch dedicati alle aziende del Consorzio del Morellino con presente Fabio Piccoli. QUindi una giornata articolata e movimentata arricchita dalle premiazioni della Guida del Touring Club Italiano per le migliori strutture del nord d’Italia. Una lunga sequenza di contenuti, di ricette interessanti. I finalisti in cucina si sono confrontati con la “mistery box” e hanno dovuto improvvisare le loro ricette. Alla fine ecco i vincitori. Per la Pizza: Niccolò Serradei di O Fiore Mio e Indrit Haraciu di Berberè. Per la Sala: Luis Diaz del Seta del Mandarin e Carmilla Cosentino della Rei del Boscareto. Per gli chef: Michele Lazzarini per il nordest, Davide Caranchini e Stefano Bacchelli ex-aequo per il nordovest.
Chi ha vinto oggi alla Michelin? Per generi quello maschile, le sole donne salite sul palco sono state, alla fine, Annie Feolde e Nadia Santini. Per città inaspettatamente Roma con una pioggia di stelle che arriva anche alla regione con Genazzano e Latina. Per chef la palma va a Enrico Bartolini che ha chiuso un ristorante, ne ha aperti ben 3 per conquistare 4 stelle Michelin, è lui sicuramente il trionfatore di questa giornata, tutti pensavamo che fosse un grande chef, ora dobbiamo aggiungere che è anche un ottimo manager, cosa forse ancor più rara. Molti i delusi, ognuno di noi ha le sue preferenze, ma la Michelin va comunque rispettata e quest’oggi ha dato una dimostrazione di classe e potenza, e anche di amare l’Italia scegliendo una città che da sempre ha guardato con amore alla Francia e un territorio che annovera alcuni dei nostri prodotti più rappresentativi. Infine se guardiamo alle nuove stelle, vediamo che una dozzina (pensiamo sia un record) sono quelle transitate nelle nostre gare di Emergente quando nessuno li conosceva. Per noi una bella e importante soddisfazione.
Quasi mezzo milione di euro (450.000) questo lo storico risultato, il migliore di sempre, per la diciassettesima edizione dell’Asta del Tartufo che quest’anno ha interessato, oltre la storica sede del Castello di Grinzane anche il ristorante Otto e mezzo di Umberto Bombana a Hong Kong e la novità di Filadelfia con un ritorno in USA dopo un’assenza di vari anni. E la formula ha funzionato con i vari lotti che hanno visto una crescita trionfale fino all’ultimo, il più importante, aggiudicato allo chef cinese Zhenxiang Dong, ad oltre 100000 euro (peso complessivo dei due tartufi 1150 gr). Parte del ricavato è andato a Norcia, città del tartufo, colpita recentemente dal terremoto, ed era infatti presente una delegazione ospite di Alba. Tre chef sono stati nominati ambasciatori del tartufo: Mauro Colagreco, Philippe Leveillè e per l’appunto Zhenxiang Dong. L’abbinamento con il barolo ha ancora di più sottolineato l’appartenenza ad un territorio e la grande vocazione internazionale del comparto enoagroalimentare delle Langhe.
Torniamo dopo vari mesi alla Madernassa, mesi passati non invano. Grazie al passaparola, alle visite di altri colleghi, alle selezioni de Bocuse d’Or, Michelangelo ha ormai gli occhi addosso di tanti. Se lo merita perchè secondo noi è tra i giovani chef più preparati d’Italia e quindi di sicuro avvenire. Sfoggia tecniche e mischia ingredienti di ogni colore con abilità sopraffina, gioca sull’estetica e sul trompe d’oeil, eccelle nella miniatura, quell’arte di fare golosità iniziali e finali che pur assaggiandone in grande numero non ti appesantiscano e tolgano poi la voglia di assaggiare le ricette vere. Potremmo continuare con le lodi, ci permettiamo quindi anche qualche critica: a volte affollamento eccessivo al centro del piatto che soffoca la presentazione, e quasi sempre un distacco eccessivo con il territorio che l’ospita e che per altro è famoso per la qualità dei suoi prodotti. Detto questo torniamo alle lodi, alla raffinatezza di certe soluzioni, al coraggio di certe soluzioni, pensiamo ad esempio a come interpreta il sud, con la mozzarella di bufala profumata alla vaniglia e rum o agli spaghetti al barbecue con brodo di prosciutto, ambedue così inusuali ma comunque buonissimi. Il menù “emozioni” tra stuzzichini, ricette, pasticceria, sfiziosità varie, differenti tipologie di pane, supera i trenta assaggi e quindi mette a dura prova anche l’ospite a tavola, ma è ben più stressante per chi lo deve preparare e servire. Quindi complimenti alle due brigate di cucina e sala che si sono prodigate al riguardo.
Bello è rivedere i piatti e la gioia del vincitore. Ricordiamo che ogni concorrente doveva fare una ricetta di pesce (storione e caviale tema imposto) e di carne (tema imposto, il cervo). Quella di pesce già impiattata e quella di carne assemblata in 7 porzioni da sporzionare successivamente prima dell’assaggio.
60 nazioni in gara per arrivare alle 24 che a Lione, gennaio 2017 si sfideranno per vincere l’ambita statuetta del Bocuse d’Or. Ormai quasi tutte le selezioni nazionali sono state effettuate, e anche quella italiana è ormai alle porte: il prossimo 31 gennaio e il 1° febbraio ci vedremo ad Alba dove 12 concorrenti sono in gara. L’evento è stato presentato ieri alla Metro Academy di San Donato Milanese alla presenza della stampa invitata, delle aziende del Club dei Supporter, di Alba comune ospitante l’evento. Conferenza che è finita con un bel buffet realizzato da 6 dei 12 concorrenti, con i vini dei Consorzi del Roero e del Barolo.
Esperienze da Marchesi, Baiocco, Ducasse, Gagnaire, Alleno, Meneau…scusate se è poco! Come dire che a soli 30 anni Michelangelo Mammoliti si presenta con tutte le carte in regola. Il posto è sicuramente moderno e gradevole, anche se non lascia presagire la qualità della cucina, che comunque si esprime subito con grande determinazione ponendosi fuori dalla linea tradizionale langarola per puntare al vicino Oltralpe. C’è tecnica, che è anche notevole, e si vede non tanto dalla quantità degli ingredienti utilizzati, ma dalla precisione dell’elaborazione nel dosaggio attento degli spessori rispetto alle farcie, nella bellezza estetica di qualche trompe d’oeil, nella perfetta fusione degli elementi nel palato. La sequenza iniziale è di altissimo livello fino alla piccola delusione dei gamberi sovrastati dall’aglio e degli agrumi (agrumi che caratterizzano quasi ogni ricetta). A volte il piatto è buono, ma non all’altezza del tanto lavoro richiesto (pensiamo all’uovo mollet e in parte al foie gras), ma la sequenza centrale e finale è nuovamente convincente con il riso al sedano rapa e cardo che merita la lode. Fabrizio Ventura e Luciana Adriano sono i titolari di questa bella struttura, speriamo sappiano valorizzare al meglio questo promettente giovane chef, che sarà anche in gara nella Selezioe Italiana del Bocuse d’Or ad Alba il 31 gennaio e il 1° febbraio 2016.