Andra Viola è tra i giovani (anche se gli anni passano pure per lui) chef romani più interessanti. Ce lo conferma la nostra ultima visita: una serie di assaggi di indubbio spessore e capacità tecniche, che hanno il loro limite forse nella troppa insistenza sulle marinature curiose, sull’utilizzo delle fermentazioni (anche più di una al piatto), sulle complicazioni delle procedure adottate che alla fine non sempre raggiungono l’effetto forse desiderato. Nel senso che non sempre al tanto lavorio di base corrisponde un’adeguato riscontro organolettico. Però l’attenzione e l’interesse rimangono sempre elevati lungo l’arco della cena. Siamo nel periodo rosso, potremmo dire. AI pennelli (grissini) portati all’inizio della cena, si aggiunge la tavolozza di chips colorate con il rosso a prevalere, come sarà in quasi tutti i piatti a seguire. Rapa rossa a volontà, ma anche melograno, ribes rossi ad esaltare cromaticamente ogni ricetta. Nel tripudio di colori e sapori si distinguono l’uovo, il pollo e la patate (anche se la ricetta è frammentata in due) e quello che risulta il piatto più elegante e convincente anche se non è rosso: i bottoni di seppia. Lodevole il finale dolce con un buon soufflè. Noemi in sala è bravissima, ma quando la saletta è piena, ha davvero un bel da fare.
Noemi Apollonio
Del locale di Maccarese è’ rimasto il nome, San Giorgio, ed ovviamente loro due, Lei Noemi in sala, Lui Andrea Viola in cucina. E’ cambiato il terzo e al posto di Valerio Romani troviamo un altro Valerio, Zaccarelli, a suo tempo conosciuto nel bel localino l’Oca Giuliva di Fiano, chiuso da anni. Siamo in zona Flaminio, poco distanti dal Maaxi, in un locale ben disegnato, curato, con una bella e funzionale cucina dove opera Andrea con l’aiuto del giovane Simone. Noemi è in sala ed è brava a gestire la scena, e a presentare i piatti (piuttosto impegnativi) senza troppo strafare. Andrea è ancora giovane, esperienze importanti da Troiani e recentemente perfino da Alleno, ma di sicuro il suo chef di riferimento è Terinoni con il quale è stato a lungo e si è formato. La sua cucina ne riprende lo stile, (gusti centrati ma in genere con una nota dolce predominante), e se si vuole ne aumenta il coefficiente di difficoltà. Quasi ogni piatto è un esercizio acrobatico dove i tanti ingredienti in fila cercano di trovare la loro espressione ed equilibrio. Ovviamente è una mission difficile se non impossibile, e il fatto che molti piatti risultano comunque interessanti e a volte anche di ottima valenza, sta a testimoniare il valore tecnico raggiunto dallo chef. Noi rispettiamo tutti i generi e per noi non c’è un percorso obbligato ma sono infinite le vie che possono condurre all’eccellenza. Però è sicuramente un pò troppo faticoso, per la brigata (e per il cliente), gestire così tanti elementi. Detto questo abbiamo apprezzato la triglia, anche se non capiamo perchè doveva stare nel bosco, apprezziamo l’aloe (potenzialmente il piatto più interessante) e la golosa pasta e patate, rimaniamo un pò perplessi da una tartara di cervo decisamente poco selvatica anzi direi del tutto dolciastra e dai ravioli del plin sommersi in un delirio di ingredienti dal quale fanno fatica a riemergere.
E’ veramente coraggioso ed apprezzabile lo sforzo di questi ragazzi: Andrea Viola e Valerio Volpi in cucina, amici per la pelle e del luogo, con Noemi Apollonio (compagna di Andrea) in sala. Hanno ripreso questo ristorante tradizionale all’angolo del bel Castello San Giorgio di Maccarese (dei Benetton, come tutta l’azienda, la più importante d’Italia), e hanno investito non poco per farne l’attuale locale elegante con ampi spazi interni ed esterni, una cucina attrezzata, una cantina orientata sul piccolo e naturale. Molte materie prime vengono dai campi e dagli orti intorni (alcuni di famiglia), comprese le carni e i piccioni, le ambizioni traspaiono da un menù che trasmette la voglia di cucina moderna e intrigante. Sono aperti da pochi mesi e forse il risultato ancora non è esaltante, ma diamogli il tempo giusto. A volte è questione solo di posizione (due tra le cose migliori, il bagnasciuga e la tagliata, arrivano troppo presto, vuoi per l’impatto iodato, vuoi per la sostanza della carne). A volte il lavoro è tanto, ma alla fine non arriva pienamente al palato per ridondanza di qualche elemento o per non perfetto punto di cottura (pensiamo al risotto e al riso thai). Ma nel complesso questi ragazzi sono da sostenere, incoraggiare e siamo sicuri che dopo le ulteriori programmate esperienze del prossimo inverno si ripresenteranno ancora più agguerriti. Citiamoli tutti. Oltre ai titolari con loro in brigata e foto Fabio Trinti passticciere, Jacopo Nardini e Michela Truncellito capipartita e Bittu Singh lavapiatti. E citiamo anche il loro “maestro”, che ha trasmesso loro passione e professionalità: Giulio Terinoni, e infine il semplice ma piacevole locale dall’altra parte del Castello: l’Enoteca del Cappellaio. Il Castello comicnia a rivevere, speriamo che sia una lunga vita.