E’ uno dei luoghi più affascinanti di Roma, ad un passo da piazza Navona, ma in un angolo un pò defilato, quasi nascosto dai rampicanti, entri e ti ritrovi in un museo per la bellezza e ricchezza dell’arredo. Stiamo parlando dell’Hotel Raphael, un gioiello di Roberto Vannoni, persona stupenda, discreta e riservata. Tra le tante belle cose dell’Hotel è il ristorante, all’ultimo piano, trova in estate il suo pieno splendore tra le guglie e cupole dei vicini capolavori del Borromini, mentre in inverno la sala è sicuramente più sacrificata. Anche la cucina è particolare, vegetariana, affidata alla consulenza di Pietro Leemann e sotto la responsabilità del giovane Ettore Moliteo, anche lui modesto e riservato, ma bravo. Apprezziamo la sua cucina, che si ispira giustamente ai canoni del maestro, ma che non è priva di spunti anche originali. La serata dell’altro ieri era però speciale, con la presenza diretta di Leemann e con il piacere per noi di riassaggiare alcuni suoi grandi classici, che è sempre interessante vedere come reggono il tempo, senza rughe, solo forse qualcuno oggi andrebbe reso più leggero, in linea con i tempi.
Pietro Leemann
Mancavo qui da tantissimo tempo, ma come sono entrato mi sono sentito quasi a casa. Con Pietro Leemann c’è piena sintonia culturale, è come riaprire un libro che s’era letto la sera prima e ritrovarsi subito nuovamente nel suo mondo. Il suo percorso lo conosciamo dall’inizio del Joia. Sempre portato avanti con rigore, stile, cultura. I suoi maestri sono stati nell’ordine Angelo Conti Rossini, grande chef ticinese che lo sbalordì con la sua Charlotte Russe quando era giovanissimo, poi Gualtiero Marchesi e Fredy Girardet (per molti il più grande cuoco prima di Ferran Adrià). Ma è stato forse il primo chef a sentire prepotentemente il richiamo dell’Oriente (fine anni ottanta e inizio novanta), visitando Cina, Giappone ed India. Nasce così il primo ristorante dove era bandita la carne, (agli inizi era presente il pesce), che diventa poco dopo vegetariano e anche con larga presenza vegana. Non è solo cucina, ma anche azienda (un orto ad Abbiategrasso), un’Accademia di cucina, una filosofia di vita. I suoi piatti hanno sicuramente rappresentato per moltissimi scettici la scoperta di un’altro modo di presentare ingredienti normalmente negletti e valorizzarli anche esteticamente. Come in questa nostra ultima esperienza, di alto profilo, con una serie di piatti intelligenti e ragionati, un percorso pieno di sapori, di inaspettata forza gustativa (a volte fin troppo), che lascia sazi e soddisfatti…..e pensare che sono quasi solo foglie e radici.