Cambiano gli chef, ma Pipero rimane Pipero. E questo è un bel segnale, a testimoniare che la continuità non viene data solo dallo chef, ma anche dalla sala. E’ lui che ha dato il nome al ristorante, è lui che ci mette la faccia e anche il rischio dell’imprenditore. Ed è lui il primo a sapere che la sala può essere importante, ma non è tutto. Ed infatti ha sempre saputo scegliere i suoi cuochi: giovanissimi, simpatici, come in questo caso. Al posto di Luciano ecco Ciro, a noi particolarmente caro. Ha vinto tre anni fa Emergente Chef ed è rimasto sempre legato alla nostra competizione. Arrivato in estate da Pipero ora è subentrato a tutti gli effetti. Il risultato lo sapevamo prima ancora di varcare la soglia: Pipero non si sbaglia, ha sempre avuto talenti veri sotto di sè e questa volta è andato perfino nel sicuro senza praticamente rischiare. Ciro lo conosceva bene, e infatti a soli pochi mesi dal cambio, il ristorante sembra funzionare come una macchina perfettamente oliata. Il menù varia con sapienza, tra ingredienti nobili e meno nobili, tra terra e mare, miscelando note golose (ceci funghi e nocciole) note affumicate (la tartare) la giocosità (la mozzarella) la succulenza (la genovese di polpo). Il tutto accompagnato da un ottimo pane, da un servizio che fa da esempio. E alla fine pure i dessert non deludono. Morale: Pipero rimane una solida certezza. con una cucina ancora una volta adeguata al contesto, con l’unico appunto dei pochi rimandi al territorio di appartenenza (nel menù degustazione dove non c’erano praticamente i primi, mentre alla carta non macano alcuni classici), e del poco spazio lasciato all’azzardo: ci piacerebbe non sempre, ma ogni tanto, con giudizio, magari osare di più.
Stefano Moccagatta
Un nuovo chef è da qualche tempo alla Gallina, ora alla sua seconda stagione, ma non c’eravamo ancora stati. Si torna sempre con piacere in questo bellissimo posto dove regna un’invidiabile serenità. La brigata di sala è premurosa sotto la guida di Andrea Sbrizzo, e i piatti si susseguono evidenziando una linea di cucina abbastanza tranquilla, abbastanza tradizionale, ma con qualche velleità. Si percepisce la volontà e il voler proporre una sala cucina di territorio, non sempre secondo noi il risultato è centrato, qualche cottura non è a punto e qualche salsa è di troppo. Le cose migliori ci arrivano dal pane e dalla sensazionale focaccia iniziale, dalla buona crema di piselli e dai decisi spaghettoni, ed è apprezzabile la serie dei dessert finali. Ultima annotazione è per i vini dell’azienda, tutti decisamente buoni con il Monterotondo 2007 da ricordare. Con Matteo Manfrinotti e Thomas Papa, mentre ai dolci Manuel Cavazzale.
L’Ostelliere sulle colline di Gavi è una delle strutture più piacevoli nei nostri ricordi, che non sono poi pochi. E’ sicuramente molto confortevole, ma certo non lussuosa nella comune accettazione di questo termine. Eppure ci si sta bene come in poche altre dimore. Questo per la posizione privilegiata che consente una panoramica delle verdi colline di Gavi, per l’ampiezza del verde che ricopre ogni cosa, case comprese, e infine per la sapiente mano che ha arredato con garbo e gusto sale, camere e ristorante, toccando con finezza ogni dettaglio senza quasi fartelo vedere, ma poi ti accorgi che ogni oggetto non è lì per caso.
Dieci anni e IG scopre la primavera. Dopo anni di edizioni con la neve, Milano sembra Palermo ed infatti circolano nei padiglioni anche molti siciliani. Tutto su un piano, il Food e il Wine, e ci si sta un pò strettini, anche perchè al solito ci sono tutti. Auguri IG!