Arrivare al vertice è sempre difficile, ma ancora di più rimanerci. Abbiamo conosciuto proprio agli inizi Massimo Bottura, quando era ancora alla trattoria di Campazzo, prima di partire per New York, conoscere Lara Gilmore e da lì diventare il grande chef che è. Il successo spesso annebbia le idee, cambia il carattere, ti fa perdere il contatto con il mondo reale. In questo Massimo secondo noi, sostenuto da una grande apertura mentale, una cultura a tutto campo e una capacità di dialogo come pochi, riesce a mantenere il giusto equilibrio: cucina per i ricchi, alla sua tavola si siedono i VIP più famosi, ma non dimentica che c’è un altro mondo; ed è così sempre in prima linea anche con i suoi Refettori, con i tanti progetti di Food for soul. Non venivamo da un paio di anni ed eravamo quindi curiosi: la sua cucina come si sta evolvendo? Dal momento che amiamo quanto lui anche la musica, un pò di tutti i generi, dal jazz all’opera, ma anche quella pop, amiamo ovviamente anche i Beatles, siamo crexciuti con il loro sound (anche se poi abbiamo preferito i Pink Floyd). Sgt Pepper Lonely Hearts Club Band per chi ha vissuto quell’epoca è stato come uno squarcio che apre un nuovo mondo. Un passaggio dalle canzonette gradevoli, spigliate ma leggere tipo Please me, ad una musica di gran lunga più complessa, più in linea con i tempi, un preludio al cambiamento di stili di vita che ha accompagnato la cosidetta rivoluzione dei fiori. Godersi un menù che ne ripercorre in senso gastronomico i messaggi è non solo interessante, ma illuminante perchè in un certo senso apre anch’esso verso un orizzonte gastronomico diverso che potremmo sintetizzare con uno dei titoli del menù: cellophane flowers & kaleidoscope eyes. Pur non essendoci nel menù un piatto vegetariano, sono le erbe le foglie i fiori i veri protagonisti della lunga carrellata di pietanze non solo per il cromatismo di ogni presentazione ma per l’intenso effluvio dei loro aromi. La sequenza non è a scansione (es piatto acido, poi dolce, poi amaro ecc..) ma ogni piatto è un caleidoscopio non solo di colori ma anche di sapori, potremmo dire un doppio arcobaleno. Sorprende perfino il pane, la brioche iniziale che ci ricorda quella magica di Lenotre, qui viene completamente rivista per proporre non tanto la grassezza del burro quanto la complessità dei sapori che vanno dol dolce al sapido, un vero pasto a se stante. Un delicato e intrigante fish & chips è quello dello Yellow Submarine, una potente costruzione quella del risotto di Strawberry Fields dove dolcezza (riso e gamberi) acidità (fragole e lambrusco) aromaticità (pepe ed erbe) fumo e grassezza (mozzarella di bufala affumicata) si succedono nel palato in un lungo inseguimento. Il piatto che forse ci ha più colpito è il successivo: il merluzzo al curry verde, un piatto bellissimo di grande nobiltà, elegante, giocato con pochi protagonisti (il pesce, la salsa, e la sfumature del verde), senza tempo e luogo (il merluzzo e il curry sono ingredienti veramente universali) ma rimane nella mente come un capolavoro di arte moderna. Altro gran piatto è il piccione. L’unica osservazione che facciamo è sul piccione in quanto tale, fin troppo ricorrente in tutte le grandi tavole d’Italia (e non solo), ma qui vorremmo vedere un tacchino, un coniglio, meglio ancora il pollo! Ma tornando al piccione è di certo difficile trovarlo in una versione così raffinata, di consistenza quasi burrosa nel petto, di sapore deciso e ficcante nella crocchetta. Largo è lo spazio dedicato ai dessert, anche qui non ci si annoia: dalla cremosità intrigante della creme caramel all’effervescenza del Summer is coming, e alla golosità della nuvola di zucchero finale. Manca solo forse nel complesso una nota croccante più pronunciata. In sintesi un’esperienza che ci conferma che Massimo è sempre lassù, in alto, diciamo riprendendo i Beatles in the sky with or without Lucy, shining on the crazy diamonds (questa volta citando i Pink Floyd) dove i crazy diamonds sono i suoi ragazzi della sua brigata, ai quali sembra lasciare più libertà di esprimersi e di fare di quest’Osteria Francescana un posto senza necessario riferiemnto territoriale ma capace di spaziare lontano e interagire con il mondo. Ed è notizia di queste ore che Massimo è stato nominato Ambasciatore dell’ONU per i suoi meriti e la sua visione umnitaria. E’un riconoscimento che premia Lui, ma anche l’Italia tutta.
Tadashi Takayama
Di passaggio a Modena, non c’è tempo per un pranzo all’Osteria Francescana, ma per fortuna c’è Da Panino, l’intelligente locale di Beppe Palmieri che in effetti ci accoglie e ci nutre con due bei panini. Prima di andar via un saluti al grande Massimo, non c’è, ma ci sono i suoi due alfieri. Vincere a Bilbao, in casa degli spagnoli! un’altra leggenda da raccontare.
Un Massimo Bottura scatenato e contento ieri a Identità Golose. In primis l’annuncio del nuovo refettorio a Parigi, che si aprirà a breve con una cena a 4 mani Alleno e Ducasse. Ed è proprio con Yannick Alleno sul palco che Massimo da quest’annuncio. Poi il tema è la pasta e si scatena con la brigata in un menù di sola pasta, dall’antipasto al dessert, presentato e fatto assaggiare a molti dei presenti in sala, alcuni perifno imboccati dallo chef. Il pubblico in 45 minuti è stato bombardato non tanto dagli assaggi, quanto dalle emozioni, battute, coinvolgimenti dello chef. Da parte nostra abbiamo apprezzato anche un altro messaggio: non è mai stato solo sul palco ma ha voluto condividere ogni momento con la sua squadra.
Kresios di Giuseppe Iannotti
Uno dei locali più atipici d’Italia vi accoglierà in un posto un pò defilato della campagna beneventana. Dentro una struttura tutto sommato tradizionale, una antica dimora di campagna ben ristrutturata, troverete il Kresios, un locale con un respiro internazionale che fareste fatica a trovare a Roma o a Milano, con un’attenzione ai particolari e ai dettagli davvero insolita, con un’ eleganza formale di prim’ordine, con una libertà espressiva unica in tutto il Meridione. Giuseppe Iannotti ha viaggiato molto e ha cercato di assorbire il meglio andando in giro. Qui non si fa mancare nulla, dai migliori bicchieri in circolazione, ai piatti dalle forme più fantasiose, dai supporti oscillanti che sembra una scultura di Calder, alle ceramiche e vetri soffiati, e persino in bagno troverete prodotti sofisticati che nemmeno al Mandarin. La perfezione è perseguita anche in cucina attraverso un percorso lunghissimo, ma tutto sommato leggero e sensato, ed è quasi raggiunta da un punto di vista estetico con una serie di soluzioni, idee, assemblaggi che denotano anche qui una notevole preparazione di base e un grande lavoro di messa a punto. Da un punto di vista gustativo ancora, secondo noi, c’è da fare, ma rispetto a tre anni orsono, data dell’ultima nostra visita, abbiamo trovato lo chef molto migliorato. L’eleganza formale spesso anticipa un’altrettanta eleganza gustativa, pensiamo ai tagliolini di zucchine, al pop corn di animella, allo spiedino di maialino ed altro ancora fino al top della pancia di maiale cotta nel brodo. Qualche dettaglio qua e là funziona meno: il sandwich con le rane che non si avvertono, la rana pescatrice troppo cotta e coperta dal contesto (come per altro anche la ricciola), i fagottini troppo conditi (ma buonissimi), l’oliva al cioccolato troppo pesante e i cannelèes poco bruciati. Ma alla fine ci si alza contenti, sorpresi e desiderosi di vedere dove potrà arrivare questo chef un pò bizzarro e fuori dagli schemi, soprattutto del territorio, ma in compenso indubbiamente dotato e aperto ai venti che spirano nel mondo.