Sei cantine cooperative del vino: Valpolicella Negrar, Vald’Oca, Cantina Pertinace, Vignaioli del Morellino di Scansano, Frentana, CVA di Canicattì in rete per valorizzare meglio la propria immagine e rappresentare il meglio dell’Italia del vino. Si sono presentate in sei ristoranti romani ottenendo un largo riscontro e consenso.
Valerio Capriotti
Ercoli 1928 in Via dei Parioli a Roma si inserisce nel solco della tradizione di famiglia, puntando sulla qualità negli scaffali e in cucina: sarà infatti un negozio dove, 7 giorni su 7, dalle 9 di mattina all’una di notte, si potrà entrare per fare la spesa, mangiare al ristorante o bere un drink al Vermouth Bar. Tre stanze per 200 metri quadri, con 17 metri di banco salsamenteria, un’enoteca “diffusa” in tutto il locale, 400 bottiglie tra vino, bollicine e vermouth, ripiani con merce esposta per 207 metri, una sala ristorante con 80 coperti, una piccola sala sociale al piano zero e un vermouth bar.
Con quasi novant’anni di esperienza Ercoli 1928 incarna l’eccellenza gastronomica romana, e con i suoi prodotti accompagnerà gli emergenti chef nelle loro ricette al Festival della Gastronomia il 28 Ottobre alle Officine Farneto di Roma.
Una bottega nata nel 1928 che con il passare degli anni è diventata più che un semplice negozio. L’idea è quella di un luogo di incontri, una “bottega trasversale” : entrare per fare la spesa, mangiare al ristorante o bere un drink al cocktail bar. Decidendo di affiancare alla vendita di materie prime, la loro lavorazione sia in cucina che al bancone. Un posto dove andare per la spesa quotidiana o per far provviste gourmet fino a tarda notte, per la colazione, per un aperitivo a base di Vermuth e per i piatti dello chef Andrea Di Raimo. Una cucina “di scaffale”, secondo la filosofia di Ercoli. Una ricetta pensata per mettere d’accordo tutti, dagli addetti ai lavori al cliente di passaggio, una formula strutturata per assicurare un livello qualitativo molto alto.
Prima serata di Vinoforum e plauso alla nuova location intorno al lago di Tor di Quinto, un posto che non sembra di stare a Roma per la grandezza e qualità degli spazi. Partono i primi ristoratori del gruppo che abbiamo selezionato. Ce ne saranno 30, 6 ogni due giorni, per tuttala durata dell’evento. E non possiamo non brindare visto che c’è una session di grandi champagne guidata dall’amico Alessandro Scorsone. Degustazione che ha un unico difetto: difficile trovare il peggiore.
Ercoli ai Parioli è un vero paradiso per ogni appassionato, offre una selezione di prodotti inviadiabile e la possibilità di degustarli con calma in un ambiente contemporaneo che è dotato di tutti i servizi. Salumi e formaggi riposano nelle loro stanze e si presentano lungo le vetrine dei banchi. Una cucina aggiunge alle tante proposte di taglieri e selezioni (salumi, formaggi, crudi, pesci affumicati, caviale ecc…) alcuni piatti di cucina regionale non solo laziale, ed infine c’è una bella cantina di supporto con anche un’attenta e varia proposta di bere miscelato. Ci vuole tanta professionalità per gestire una macchina così complessa, ma Valerio Capriotti è sicuramente una delle persone più preparate, ed è Lui che accoglie e consiglia.
Giornata di qualificazioni all’insegna della “margherita” in ambedue le aree di gare, ma procediamo con ordine, partiamo dalla pizza. Due batterie il Centro ed il Sud. Nella prima Guido Nardi, Roberto Ferrone, Gabriele Lucantoni, Giovanni Giglio, Tiziano Casiddu, Thomas Sparacio, Federico Morieri, Alessandro Salaris, Riccardo Quaglia Marco Casella, Donato Menechella, Giuseppe Pesare. Passano in finale: Roberto Ferrone del Al 384 di Roma, Gabriele Lucantoni di Sbanco di Roma, Riccardo Quaglia di Seu pizza Illuminati, Marco Caselle di Tonda tutti e due di Roma. Per il Sud: Carmelo Mallia, Pasquale De Luca, Emilia Taglialatela, Simone De Gregorio, Antonio Polichetti, Fabiano Viscito, Diego Ciraudo, Mattia Bottiglieri. Passano il turno Carmelo Mallia di Pinserè a Marina di Ragusa, Pasquale De Luca di Isidoro, Simone De Gregorio di Rosa Pizza a Caserta, Fabiano Viscito di pizzeria Battipaglia. E veniamo agli chef. Anche loro dovevano fare in un certo senso la “margherita”, cioè un primo di pasta del Pastificio dei Campi ispirato alla celebre pizza. Per il Centro: Giulia Talanti, Lorenzo Boschi, Edoardo Tilli, Matteo Crisanti, Davide Giovinazzo, Gianluca Durillo, Frederik Lasso, Karan Mahey. Passano il turno: Lorenzo Boschi de La Locanda di Mezzo in Garfagnana, Davide Giovinazzo di Villa Lattanzi (in apertura nella Marche), Gianluca Durillo de la Madonnina del Pescatore, Frederik Lasso di Zunica. Seconda batteria, il Sud: Mario Minucci, Cristian D’Elia, Luigi Destino, Emanuele Lecce, Bruno Tassone, Giuseppe Torcasio. Passano il turno: Luigi Destino, Emanuele Lecce, Giuseppe Torcasio, è il risveglio della Calabria! Oggi in gara gli 8 finalisti della pizza e i dieci degli chef per scegliere il podio, i primi tre, che andranno alle finali nazionali di Roma il 28 ottobre.
Loggia P2: in effetti siamo in una Loggia con la P2, ma non siamo preoccupati. P2 significa Plenitude 2, e la Loggia è quella bellissima dei Cavalieri di Rodi prospiciente i Fori. Uno champagne eccelso e senza tempo, il 2 sta per 20, cioè gli anni di permanenza sui lieviti (normalmente il Dom Perignon ne fa 10) e il 3 almeno 30 anni. Forse per questo si vuole specchiare nei Fori Imperiali che da due millenni si fanno ammirare. Una gran serata davvero, tra l’incanto del panorama e quello che era versato nei bicchieri. Una plenitude perfetta e completa. Ultima nota, non si è scelto per l’occasione uno chef iperstellato, ma la semplice e gustosa cucina romana dei Roscioli, coordianti perfettamente dall’esperto Valerio Capriotti.
E’ andato via Angelo, una presenza calda e familiare in sala difficile da sostituire, ma dobbiamo riconoscere la professionalità e il tratto cortese di Valerio Capriotti, sommelier romano cresciuto sotto casa da Roscioli che affianca il sempre presente Claudio Mazzale. In cucina non dimentichiamo la presenza stabile e importante di Marco Corallo, ma di certo è Ciccio Sultano ad essere immanente. La sua cucina si può amare o meno (e noi siamo tra i primi), ma di certo non passa inosservata. Il pranzo scorre come una specie di fiume in piena di sapori, dove nulla è lesinato, ma senza scivolare nel pastrocchio o nel mare magnum dell’accozzaglia. Di certo la scelta è barocca, come il territorio e la tradizione vuole: insomma se si va a tavola è per rimanere sbalorditi e aggrediti dalla succulenza e dall’opulenza, qui non si gioca in punta di fioretto, ma si usa la scimitarra, un pò come i feroci saladini che risalivano dalla costa. Quando la misura è per noi corretta, pensiamo alla gelatina iniziale sospesa tra mare monte e orto e profumata di agrumi, o la perfetta triglia appena cotta soavemente e innervosita dalle briciole di pane, o al maccheroncino al ferretto ben contrastato per finire con il cannolo sensazionale,…. allora l’emozione accompagna il gusto. Altri piatti ci sembrano invece meno equilibrati come lo spaghetto con bottarga e i due secondi di carne. Ma di certo venire al Duomo è un’esperienza da fare, ed è di quelle che si ricordano a lungo.